Bitcoin vs. Marx: due teorie del Domino Geopolitico in competizione tra loro
Tradotto dall’originale di Robert Malka – pubblicato il 5 dic 2023
Marx ci dice che la rivoluzione sarà decentralizzata. Gli Have-not si stancheranno della grande iniquità del capitalismo e le poche migliaia di Haves soffriranno per la ribellione mondiale che hanno incoraggiato con la loro avidità.
La costruzione di banche centrali e il controllo della massa monetaria costringeranno all’avvento del comunismo. La centralizzazione della ricchezza porta alla rabbia decentralizzata; il rovesciamento è inevitabile. La classe sarà il fattore decisivo e le persone di ogni genere e sesso delle nazioni più sviluppate si ribelleranno per prime. Le tessere del domino cadranno finché i Paesi meno sviluppati non si industrializzeranno, sperimenteranno le stesse disuguaglianze e diventeranno essi stessi comunisti.
Naturalmente non è quello che è successo. Lenin adattò il marxismo alle sue esigenze e, con l’aiuto di simpatizzanti comunisti negli Stati Uniti, il Comunismo fu implementato dall’alto verso il basso nella Russia sottosviluppata. Il domino si rovesciò con forza. Un Paese dopo l’altro è entrato o uscito dal Comunismo grazie a interessi esterni o dall’alto per tutta la durata della Guerra Fredda, sempre a spese dei cittadini e raramente per loro volontà.
Ironia della sorte, scopriamo che il Comunismo è sempre stato sostenuto dalla forza fisica esercitata dall’alto e dagli interessi del denaro, le stesse persone che Marx disprezzava. Versioni o elementi del Comunismo esistono oggi in Cina e negli Stati Uniti. Uno è un regime inizialmente povero, ora distopico, che gioca a fare il capitalista, l’altro è un regime che lotta tra il politicamente corretto, un conservatorismo zoppicante e una banca centrale che tiene a malapena in piedi l’economia.
Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo del creatore o dei creatori di Bitcoin, non fa dichiarazioni politiche. Nel suo whitepaper di nove pagine e nei suoi post pubblici, apprendiamo come funziona Bitcoin e se potrebbe avere successo – intendendo con ciò un alto volume di transazioni processate e il fallimento di entità che possano attaccare e delegittimare la rete.
È comunque assodato che la politica monetaria deflazionistica e la struttura peer-to-peer di Bitcoin hanno radici nelle intuizioni di economisti austriaci come Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e altri – pensatori che hanno sviluppato il loro lavoro in diretto contrasto con Marx e con l’orientamento storico-politico del suo materialismo dialettico. Non sorprende quindi che siano emerse teorie sulle implicazioni politiche dell’adozione del Bitcoin.
Secondo una teoria, i Paesi più sviluppati, in particolare gli Stati Uniti, sono i più vicini alla stampante di moneta fiat. La banca centrale più forte è quella che gestisce la valuta di riserva del mondo. I pochi che gestiscono quella banca centrale possono stampare quantità illimitate di denaro e riciclarlo per soddisfare i loro interessi. Tali interessi non si allineeranno mai con quelli dei loro popoli, e in particolare con quelli dei Paesi costretti a legarsi all’attuale valuta di riserva globale, il dollaro USA. Il dollaro, non legato all’oro o ad altro denaro forte, si gonfierà fino a scomparire. Le altre banche centrali che stampano denaro soffriranno doppiamente. Il loro denaro si sta svilendo e anche il dollaro su cui si basa il loro denaro si sta svilendo.
La gente se ne accorgerà e si stancherà. Si renderanno conto che non possono immagazzinare il valore dei loro giorni di lavoro in una moneta che si sta svilendo e ritireranno il loro denaro dalle banche a riserva frazionaria che permettono questa stampa infinita. Metteranno il loro denaro in un bene durevole, inizialmente l’oro, e alla fine il Bitcoin.
Lentamente, poi improvvisamente, la rivoluzione sarà decentralizzata. I cittadini dei Paesi sviluppati investiranno in Bitcoin, ma in quanto vincitori relativi del gioco fiat, lo useranno per ultimo come valuta. Allo stesso modo, i governi dei Paesi più sviluppati non prenderanno sul serio il Bitcoin o gli saranno ostili. Ma i cittadini dei Paesi poveri e quelli con valute svilite passeranno per primi al Bitcoin. I poveri si renderanno conto che la volatilità del Bitcoin non è così negativa quando la valuta del loro paese si iperinflaziona molto più velocemente. La sua politica monetaria è almeno trasparente. Chi sa cosa succede negli uffici della Federal Reserve?
I cittadini dei Paesi più piccoli e più poveri immagazzineranno il loro valore in bitcoin e faranno transazioni con esso. I governi più piccoli e poveri vedranno che il Bitcoin offre loro una via d’uscita dall’approccio del debito e dello svilimento del fiat, adottandolo come moneta legale. Il domino cadrà. Gli Haves delle banche centrali saranno rovesciati, sostituiti dagli Have-nots che hanno avuto il bitcoin per primi. I Paesi sviluppati saranno gli ultimi a prendere piede. E infine, grazie alla politica monetaria deflazionistica del Bitcoin, i Paesi poveri avranno un vantaggio in questo nuovo mondo arancione. Un giorno vivremo in un paradiso del libero mercato, dove nessuno controllerà la massa monetaria e le economie potranno crescere secondo la Volontà Del Popolo.
In entrambe le teorie, la situazione economica porta a un fenomeno emotivo/culturale decentralizzato, ovvero una lotta contro un oligopolio corrotto.
Ma quando si parla di Bitcoin, nemmeno questo è avvenuto come ci si aspettava. Quando Nayib Bukele, presidente di El Salvador e capo del partito Nuevas Ideas, ha reso il suo Paese il primo ad adottare il Bitcoin come moneta legale, l’interesse dei cittadini per il Bitcoin in El Salvador era praticamente pari allo 0%. Solo pochi bitcoiners provenienti da Paesi sviluppati, che si erano stabiliti nella spiaggia turistica di El Zonte, sapevano qualcosa di Bitcoin. Oggi, il grado di adozione del Bitcoin da parte dei cittadini di El Salvador è superiore al 35% e in aumento, in parte grazie al portafoglio del governo Chivo (che fa letteralmente schifo, n.d.t.) e in parte a iniziative no-profit come Mi Primer Bitcoin. Il domino di El Salvador è caduto soprattutto grazie agli sforzi dall’alto verso il basso e, per quanto sia un Paese povero, l’altra moneta a corso legale è il dollaro USA, la valuta di riserva mondiale. Anche se El Salvador non ha il controllo della politica monetaria del dollaro, di certo sta facendo meglio adottandolo rispetto all’Argentina o al Libano, le cui valute sono terribilmente svilite al momento in cui scriviamo.
Inoltre, ci sono evidenti falsità in questo caso. Gli Stati Uniti non hanno adottato il Bitcoin come moneta a corso legale, ma di sicuro ne hanno un sacco. L’IRS ne possiede. Si dice persino che altre agenzie confiscano, conservano e acquistano bitcoin di tanto in tanto, cosa particolarmente facile per un Paese che stampa abitualmente denaro.
L’elenco dei Paesi che minano bitcoin per ottenere denaro gratuito, in parte conservato, è troppo lungo per essere citato. Quindi, che riconoscano o meno pubblicamente la rilevanza di Bitcoin, sono investiti. Alla faccia del vantaggio per i Paesi poveri.
Infine, c’è anche l’esercizio geopolitico dell’uso del bitcoin. La Russia accetta il bitcoin per il gas naturale e gli Emirati Arabi Uniti sono favorevoli a questo strumento. Entrambi sono lontani dai Paesi poveri o sottosviluppati. D’altra parte, la Nigeria non è ricca. Il popolo nigeriano effettua più transazioni in bitcoin di chiunque altro, a parte gli americani. Eppure il governo è ostile a questa moneta, arrivando a imporre alla popolazione la propria CBDC, la e-Naira. Nel frattempo, i cittadini argentini e libanesi risparmiano in bitcoin, mentre i loro governi non sembrano vedere l’urgenza di utilizzarlo.
Bitcoin, o meglio la teoria economica del Bitcoin, è quindi destinato a una storia oscura e onnipresente come quella del Comunismo? Può una teoria comprendere la traiettoria di questo asset? Inoltre, dato che il Bitcoin, per sua natura, sfida le banche centrali e, per estensione, alcuni principi normalizzati del Comunismo, dovremmo aspettarci di vederle sfidarsi a livello geopolitico, giusto?
Quale struttura di incentivi economici vince? Si tratta di una vittoria morbida, che costringe Paesi come la Cina ad accogliere la rete senza sacrificare la propria struttura politica? Oppure si estingue del tutto la centralizzazione? Oppure il Bitcoin viene spazzato via da qualche circostanza ingegnosa che nessuno di noi ha ancora previsto? Allo stato attuale, il Bitcoin è certamente il perdente, il cui principale vantaggio è la sua decentralizzazione attraverso il meccanismo di consenso proof-of-work. Nel frattempo, il fiat ha una presa su tutte le principali istituzioni del pianeta, compresi i militari necessari per ottenere i suoi risultati.
Le teorie geopolitiche che circondano il Bitcoin si basano sul presupposto che non possa essere fermato. In quanto rete di computer, chiunque può gestire un nodo, chiunque può effettuare transazioni con chiunque altro e chiunque può fare mining per proteggere la rete e guadagnare denaro. È di fatto la rete di computer più sicura mai costruita, con un tempo di attività del 99,99999999% e zero attacchi riusciti contro di essa.
Le leggi non possono impedire alle persone di usare Bitcoin. Sebbene sia possibile tracciare gli acquisti effettuati sul libro mastro (ledger, n.d.t.), consentendo ai governi di arrestare o danneggiare le persone che sfidano tali leggi, in teoria le persone si sposteranno da tali luoghi e si trasferiranno in posti in cui possono effettuare transazioni con la moneta che preferiscono. Le persone che cercano di attaccare la rete cooptando l’hashrate scopriranno che guadagneranno di più sostenendo la rete piuttosto che investendo energie per lavorare contro di essa.
Il fatto che si tratti di denaro duro significa che tutti, compresi coloro che lo disprezzano, alla fine sceglieranno di immagazzinare il proprio valore all’interno della rete, impedendo loro di volerla sabotare e di perdere la propria ricchezza. Solo i pochi più vicini alla stampante di denaro hanno più da perdere nel passare a un Bitcoin Standard. Non possono navigare in un mondo in cui perdono il controllo della moneta predominante. Se non possono batterli, si uniranno a loro.
Sarei negligente se non menzionassi la teoria del maggiore Jason Lowery che, pur essendo controversa, rende la storia avvincente: Man mano che il Bitcoin si fa strada in ogni angolo, gli Stati nazionali lo adotteranno e lo useranno come arma geopolitica, sublimando la motivazione di entrare in guerra. Al contrario, si assisterà a una guerra dei tassi di hash e a divisioni geopolitiche sulla falsariga del mining di bitcoin. Si tratta di una sorta di compromesso tra le due idee, in cui il Bitcoin viene cooptato dalle autorità attuali – membri della banca centrale compresi – ma esso trova un modo per spostare i loro incentivi a suo favore.
Nella misura in cui riusciranno ad accaparrarsi i bitcoin rimanenti e tenteranno di dominare la rete conquistando l’hashrate, il “gioco” economico proposto dal maggiore Lowery potrebbe trovare una qualche realtà. Sebbene esistano diverse critiche valide alla tesi di Lowery, una versione di questo evento potrebbe verificarsi. Secondo Limpwar, i Paesi che adottano per primi il Bitcoin come moneta legale, cercando di sfruttarlo contro altri Paesi, potrebbero trovarsi in trappola. I Paesi avversari potrebbero vendere i loro bitcoin durante le recessioni di un Paese concorrente, facendo crollare ulteriormente il potere d’acquisto di quel Paese nel breve periodo. Se a questo segue un’iniziativa militare, potrebbe fare la differenza tra una vittoria o una sconfitta.
Allo stesso modo, un governo potrebbe accumulare bitcoin proprio per una risposta di questo tipo contro il suo popolo. Quando il suo popolo si impegna nella rivoluzione, avendo impegnato in primo luogo i propri beni in Bitcoin, il governo potrebbe vendere una somma sostanziale di bitcoin, indebolendo i beni del suo popolo. Forse altri Paesi o cittadini acquisterebbero quel bitcoin, facendo salire ancora una volta il prezzo. Forse ci vorrebbe più tempo del previsto. Come abbiamo visto, i mercati ribassisti possono durare più di un anno e bastano poche balene (whales: coloro che detengono un grande quantità di bitcoin, n.d.t.) per spostare il prezzo del bitcoin in modo drammatico. Non c’è ancora alcun motivo per credere che l’economia del Bitcoin si comporterà diversamente in futuro.
La mia posizione è che imporre una struttura a Bitcoin indica una mancanza di integrità. La rete prospererà dove è necessaria e vacillerà dove non è necessaria. Non è ancora ovvio che sarà necessario ovunque, o che avrà lo stesso valore ovunque. I Paesi del Golfo, ad esempio, potrebbero arrivare ad accumulare bitcoin, ma non trovare la necessità di spenderli, preferendo effettuare transazioni con la loro valuta fiat, basata sul valore dei loro beni naturali e digitali. I cittadini di questi regimi potrebbero fare lo stesso, non sentendo la necessità di effettuare transazioni internazionali e non avendo un forte incentivo economico a utilizzare il bitcoin.
I Paesi in difficoltà potrebbero essere altrettanto lenti nell’adottare il Bitcoin, preferendo imporre restrizioni ai loro cittadini, che potrebbero non essere disposti a soffrire per le transazioni con beni digitali. Il popolo cinese potrebbe subire un simile destino. Certo, ai Bitcoiners questa sembra una stupidità geopolitica di medio termine. Ma molti regimi si dedicano a tali stupidità.
E infine: un’economia Bitcoin sarebbe radicalmente diversa da quella attuale? Sembra molto probabile che l’economia sia simile a quella del sistema fiat con uno standard Bitcoin. Per apportare grandi cambiamenti a questo sistema ci vorrebbero generazioni, e anche questi cambiamenti potrebbero essere semplicemente iterazioni del sistema attuale piuttosto che la visione radicale di alcuni Bitcoiners. Ci sarà ancora il credito. Molte persone continueranno a preferire di affidare il proprio denaro a degli intermediari. I Paesi avranno ancora organismi centrali che gestiscono l’acquisto, la vendita e la detenzione di bitcoin, oltre a gestire legalmente la rete e le transazioni che essa serve. Forse i Paesi spenderanno meno di oggi o si concentreranno meno sul PIL, ma è davvero così azzardato credere che, alla resa dei conti, i Paesi non continueranno a spendere più di quanto hanno fatto? Prima della Prima Guerra Mondiale credevamo che spendere più denaro di quanto un Paese avesse fosse impossibile, ma l’Europa ha continuato la guerra per un tempo che si riteneva impossibile. Il Bitcoin non sarà mai in grado di eliminare questo istinto. Dove c’è una volontà, c’è un modo.
Quindi, forse il Bitcoin vincerà sulla centralizzazione, sul Comunismo e sulla minaccia di un’inflazione infinita nel lungo termine. Nel breve e medio termine, forse un aggiustamento chiropratico della società sarà riconoscibile, per quelli di noi che stanno guardando.
Marx credeva che tutta la cultura e la politica fossero costruite sulla base della struttura economica di un popolo. La nostra economia ci definisce e la sua progressione storica, dal baratto tribale al feudalesimo al libero mercato, al Comunismo e oltre, è inevitabile. C’è un numero non nullo di Bitcoiners che presume una teleologia storica anche per il Bitcoin, in realtà in disaccordo con Marx solo su quale inevitabilità aspettarsi: Comunismo o Bitcoin. Rosso o arancione. Molti, ma non tutti, dei massimi esponenti sono cristiani. Hegel, che ha ispirato il materialismo dialettico di Marx, ha indubbiamente (e, dato l’ateismo di Marx, ironicamente) preso in prestito dalla teologia cristiana per ideare la Fenomenologia dello Spirito. Ha quindi senso che entrambi vedano nell’economia una sorta di salvatore della storia. Entrambi, quindi, credono che solo la loro risorsa, o approccio, vincerà e che una nuova politica sarà ampiamente ispirata da essa. Che una nuova politica nasca dall’uno o dall’altro non solo è possibile, ma è dimostrato. Abbiamo visto come il marxismo abbia ispirato filoni politici virulenti di se stesso. Il Bitcoin potrebbe benissimo fare lo stesso.
Ma credere, come potrebbero fare entrambi, che solo il loro approccio arriverà a dominare – quello di Marx a causa della fondamentale (e necessariamente sempre crescente) iniquità che nasce dal fatto che chi ha prende sempre da chi non ha, e quello di Bitcoin perché nessun altro bene è un immagazzinatore, trasferitore e protettore di energia e valore superiore – sembra miope. Potrebbe anche essere vero che l’intera impostazione del problema è sbagliata. Forse l’economia non è la base su cui si fondano le sovrastrutture culturali e politiche, e forse l’economia influenza solo alcune funzioni di una società. Credere il contrario ci pone in una cornice troppo ristretta, rischiando di non cogliere le radici di altre profonde questioni culturali o politiche. Affrontare tale questione richiederebbe di stabilire se, come riteneva Marx, tutte le questioni filosofiche derivino fondamentalmente dal mondo materiale e se nuove filosofie possano emergere solo da nuove condizioni materiali.
In ogni caso, vediamo che entrambe le filosofie non hanno funzionato come ci si aspettava. E, per la prima volta da quando Marx ha scritto, abbiamo una vera applicazione dell’economia austriaca. Quest’ultima non ha mai avuto una possibilità politica contro lo zelo del marxismo fino alla comparsa di Bitcoin. Tuttavia, dato che il marxismo è fondamentalmente una filosofia del risentimento, e anche se il bitcoin può sostituirlo, non è realistico credere che lo eliminerà del tutto.
Tra altri 300 anni, chi può sapere cosa ne sarà di Bitcoin? Chi sa se l’integrità di un sistema del genere durerà, o se le banche centrali non solo rimarranno, ma prospereranno in una nuova forma?
Il maxi fanatismo non è privo di fondamento. Il Bitcoin ha cambiato il panorama economico di interi Paesi e salvato la ricchezza di molti. Promette di cambiare il tessuto stesso del denaro e il modo in cui gestiamo l’energia.
Eppure sembra che nessuna teoria chiara possa racchiuderlo. Il Bitcoin sta riempiendo, lentamente ma inesorabilmente, un grande spazio dove una volta c’era l’oceano. Continuerà a riempire ogni spazio finché non navigheremo con esso, come i pesci con l’acqua? E chissà se altre teorie economiche di questo tipo non continueranno a competere. Ma il percorso sarà lungo e accidentato, e senza dubbio il domino non cadrà in nessuno dei modi che possiamo immaginare.
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