Evitare la “Grande Perdita”

 

 

di Francesco Simoncelli

Il mio obiettivo oggi, con il presente pezzo, è far capire la natura della cosiddetta “Grande Perdita” ed evidenziare linee guida generali su come evitarla. L’idea originale viene dal grande Richard Russell, il quale disse che la maggior parte delle persone guadagna la maggior parte del proprio denaro in modo incrementale, in un lungo periodo di tempo: guadagnano, risparmiano, investono. Se sono fortunati finiscono con un bel mucchietto di soldi, ma solo dopo aver raggiunto la mezza età. Il pericolo non è che uno perda la prossima grande opportunità d’investimento: Amazon, Google, Netflix, ecc. Queste opportunità sono poche e imprevedibili, emergono migliaia di nuove aziende ma solo poche sopravvivono. Il vero pericolo per la maggior parte delle persone di età superiore ai 55 anni è non lasciarsi sfuggire qualche innovazione sconosciuta; invece vengono colpite da qualcosa di ben noto e che si rivela fasullo.

Alla fine degli anni ’90, la minaccia della Grande Perdita proveniva dalla fiducia che le persone riponevano nelle nuove tecnologie – in particolare in Internet e nelle dot.com. Investire nel settore sarebbe stato Ok per un giovane, di solito non hanno molto da perdere e la cosa più importante per loro è imparare. Lo scoppio di quella bolla impartì loro una lezione che non avrebbero dimenticato tanto presto. La successiva Grande Perdita arrivò nel mercato immobiliare: nel 2002 la casa media era venduta a $150.000; nel 2007 a $200.000. Gli investitori furbi (smart money) capirono come sfruttarlo: investendo in settori legati all’edilizia abitativa e in strumenti derivati che avessero come riferimento i prestiti in tal settore. E anche qui, alla fine, è emersa una lezione da imparare: nel corso dei successivi 5 anni la casa media avrebbe perso $50.000 in valore, i proprietari di casi avrebbero dovuto resistere altri 5 anni ancora per non essere più sommersi e gli speculatori sarebbero stati completamente spazzati via insieme a tutti i prodotti finanziari che avevano contribuito a gonfiare. Nel giugno 2009, in un articolo intitolato “Angelo’s Ashes”, il New Yorker ripercorse l’ascesa e il crollo di una delle più grandi società di finanziamento ipotecario: quella di Angelo Mozilo. Si trattò di una perdita dell’83%.

Un’altra Grande Perdita è arrivata nelle criptovalute, per la precisione con l’esplosione del mercato delle cosiddette altcoin. Alcune persone si sono arricchite, soprattutto quelle che sono uscite presto. La stragrande maggioranza delle altcoin sono truffe, peccato quindi per il povero investitore che ci ha investito tutto. Inutile dire che la descrizione della peggiore l’ho lasciata per ultima: le obbligazioni, soprattutto quelle sovrane. Una regola di asset allocation abbastanza conosciuta nell’ambiente dice che si dovrebbe sottrarre la propria età da 100 e la differenza è la quantità di denaro che si dovrebbe investire in azioni. Poi, man mano che si invecchia, l’allocazione dovrebbe diminuire a favore delle obbligazioni (considerate meno rischiose delle azioni). Ma le obbligazioni non sono affatto così sicure come recita il mantra ora che è tacito che i pianificatori monetari centrali hanno dimostrato che la via d’uscita da qualsiasi emergenza passa attraverso la “stampante monetaria”. Dal Corriere della Sera:

[…] Il 2022 ha fatto registrare perdite considerevoli a tutta la famiglia dei Btp, con una perdita media in contro capitale di circa il 14,4%. I danni maggiori li hanno subiti le emissioni a più lungo termine. Il titolo a 50 anni, con scadenza marzo 2072 e cedola del 2,15% è scambiato sul mercato secondario al valore di 59,9, con una perdita di oltre il 40% rispetto al prezzo di sottoscrizione. Chi acquistasse oggi il titolo a questo prezzo farebbe tuttavia un buon affare, perché con un esborso di meno di 6 mila eurao avrebbe diritto a un rimborso di 10 mila euro nel 2072, con un rendimento annualizzato del 4,07%.

L’esempio estremo dei titoli a 50 anni, strumenti utilizzati dagli investitori istituzionali e non dai risparmiatori privati, chiarisce le dinamiche che valgono su scadenze meno lunghe. Il Btp con scadenza agosto 2031, emesso quando i tassi erano al minimo e con cedola dello 0,60% vale appena 74,4. Chi lo avesse acquistato all’emissione registrerebbe una perdita di oltre 2.500 euro su un valore facciale di 10mila. Ma chi lo scegliesse adesso, pagandolo circa 7.500, otterrebbe alla data del rimborso 10mila euro, con un rendimento del 4,21%. Sembra un valore elevato ma è pur sempre meno della metà del tasso di inflazione corrente, che viaggia oltre il 10%. Il tasso di interesse «reale» al netto dell’inflazione, sarebbe dunque pesantemente negativo: circa il -5%.

I titoli obbligazionari sovrani dovrebbero rappresentare il credito più sicuro nel panorama degli investimenti secondo la consuetudine, ma, quelli italiani in particolare, sono risultati in calo per 36 mesi. Per quanto negli ultimi due mesi pare essersi ripresi, sono tutt’altro che sicuri.

E ricordate, la Grande Perdita arriva sempre come una sorpresa. Pensate di poter contare su immobili, obbligazioni, o azioni? Pensateci due volte.

2/ Quindi esiste un backstop a questo tipo d’investimento ed è il motivo principale per cui esiste una domanda “forte”.https://t.co/DZYPAjkfnA

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 10, 2024

“NON SVEGLIATECI!”

Il Nasdaq crebbe dell’85% in un solo anno – il 1999 – più di quanto qualsiasi indice statunitense avesse mai fatto e il Dow, in termini di oro, salì ai massimi storici. Nel 1999 si potevano scambiare 30 azioni Dow con 40 once d’oro (per riferimento, nel 1980, il rapporto era quasi 1 a 1). Era una bolla e anche in quel caso gli Austriaci misero in guardia gli investitori dicendo loro di evitare i titoli dot.com, compreso Amazon.com, il che dimostra come si può avere ragione e torto allo stesso tempo: la bolla delle dot.com sarebbe scoppiata, ma ciò non significava che non fosse un successo dato che le azioni salirono vertiginosamente e hanno reso milionarie migliaia di persone. La cosa sorprendente, allora come oggi, è che molti non pensavano che avessero torto, ma si comportavano come se, mettendo in discussione la bolla delle dot.com, si stesse commettendo una sorta di peccato.

L’errore è sempre dietro l’angolo, nessuno non sbaglia mai… ma perché arrabbiarsi, cedere all’ira? Nessuno conosce il futuro, chi naviga nel mondo finanziario come il sottoscritto cerca solo di unire i puntini e indovinare, con quanta precisione probabilistica possibile, cosa verrà dopo. Per molte persone la bolla delle dot.com era diventata personale e fonte di molta emotività. Da quanto ho letto e studiato non saprei dire ancora esattamente il perché, ma ho un’ipotesi. Nel 1999 l’America era al culmine della sua storia: Wall Street era in boom, il bilancio del governo federale era in pareggio e dopo il crollo dell’Unione Sovietica non era rimasto alcun nemico serio contro cui dichiarare guerra. Ciononostante l’americano medio non vedeva aumenti salariali significativi da un quarto di secolo. I ricchi stavano diventando sempre più ricchi, ma in tutto il “cuore del Paese” le persone comuni perdevano i posti di lavoro ben retribuiti nel settore manifatturiero e si ritrovavano intrappolati in un ciclo di disperazione, droga, disoccupazione, o lavori a bassa retribuzione nel settore dei servizi. Qualcosa stava andando storto.

E così quando arrivò la rivoluzione digitale, sembrava che la porta di una prigione fosse stata improvvisamente spalancata. Ciò che seguì fu una grande fuga: gli investitori si diedero il cinque a vicenda e acquistarono titoli come Webvan, Global Crossing, pets.com, ecc. Questa era la grande svolta che stavano aspettando! Purtroppo i detenuti non apprezzarono quando venne detto loro che presto sarebbero dovuti tornare nelle loro celle. Inutile dire che reagirono male… Ma cosa significava? Perché agitarsi così tanto per una previsione finanziaria?

Alla fine, dopo essere cresciuto dell’800% dal 1995 al marzo 2000, il Nasdaq crollò; due anni dopo era quasi tornati al punto di partenza. Nel 2004 più della metà delle dot.com erano scomparse. Fred Wilson, la cui società di venture capital finanziò molte start-up, perse il 90% della sua fortuna. Anche allora gli Austriaci esortarono gli investitori a comprare oro e a stare fuori dal mercato: l’idea non era quella di fare soldi, ma semplicemente di non perderli. La maggior parte delle persone guadagna denaro grazie a risparmi e investimenti incrementali nel corso della propria carriera, quindi la cosa peggiore che può capitare loro a livello finanziario è subire la Grande Perdita. Dopo una certa età è molto difficile recuperare e, allora come adesso, il mio obiettivo è evidenziare come evitare la Grande Perdita.

All’inizio degli anni 2000, poi, la febbre della guerra e dell’inflazione si era diffusa nel Paese. Sotto la copertura di una “emergenza nazionale” ogni resistenza ha ceduto e la stampante monetaria della FED è rimasta accesa giorno e notte. Dopo l’11 settembre tagliò di 500 punti base il tasso di riferimento sui prestiti e gli americani furono esortati a “spendere, spendere, spendere” per sostenere l’economia. Ciò che gli americani comprarono con più entusiasmo furono le case. Alcuni per viverci, altri per usarle come “bancomat”, e nel 2007 i tassi estremamente bassi avevano creato un’altra bolla, questa volta nel settore immobiliare. Gli acquirenti hanno pagato troppo; i mutui non potevano essere pagati. Previsione facile: la bolla immobiliare sarebbe scoppiata. Molte persone affermavano con sicurezza, invece, che “il settore immobiliare non crollerà mai” e liquidarono come eccentrici gli Austriaci, ma alcuni di loro erano arrabbiati. Ben presto le famiglie sarebbero state cacciate dalle loro case troppo costose, le società finanziarie nel mondo delle ipoteche sarebbero fallite e quattro milioni di persone avrebbero perso la casa.

Poi, dopo il fallimento della Lehman e un forte crollo del mercato azionario, le banche centrali si sono messe al lavoro dimostrando ancora una volta che non esiste calamità che non possa essere peggiorata. Un’altra grande emergenza! Troppo credito aveva causato troppi debiti e quale sarebbe stata la risposta? Più credito: una linea di politica di tassi a zero. Il quadro stava diventando sempre più chiaro: gli Stati Uniti si stavano comportando come una repubblica delle banane, un Paese con troppi debiti e un’élite incompetente e parassitaria. Nel 2016 la guerra al terrorismo era fallita e i cittadini comuni avevano trascorso 36 anni cercando di tenere la testa fuori dall’acqua; sempre più persone vedevano la nazione in declino.

Fu allora che un candidato presidenziale ammise che la nazione stava scivolando nell’oblio e s’impegnò a “rendere di nuovo grande l’America”. La gente voleva credere che Trump ci sarebbe riuscito: era il messia che stavano aspettando. Ma l’immagine era molto diversa da ciò che molte persone volevano vedere: durante i quattro anni di mandato di Trump il debito federale è cresciuto più velocemente rispetto agli anni precedenti, con i più grandi deficit di sempre, mentre la crescita del PIL è rallentata fino al livello più basso sin dalla Grande Depressione. Non ha posto il veto su nessuna spesa, non ha chiesto alcun pareggio di bilancio al Congresso, non ha chiuso basi estere né posto fine a nessuna delle dolorose avventure militari americane. Ha promosso un importante taglio delle tasse, ma non ha apportato tagli al bilancio per compensare le entrate perse; ha presieduto i lockdown, la follia degli stimoli fiscali e ha esortato la FED ad abbassare ulteriormente i tassi. Durante la presidenza di Trump, la “palude” è diventata più profonda, la nazione si è indebolita e i milioni di lavoratori – le persone che Trump si era impegnato ad aiutare – si sono indebitati più che mai. Joe Biden ha poi ripreso da dove Donald Trump aveva lasciato: inflazione in salita, stimoli fiscali/monetari, più sanzioni e due nuove guerre!

E adesso, dopo quattro anni, il messia può resuscitare. Ma che messia sarebbe se prima non fosse stato crocifisso? E infatti dapprima si è discusso di estrometterlo utilizzando il venticinquesimo emendamento, poi è arrivato il tentativo di collegarlo ai servizi segreti russi, successivamente si è tentato di processarlo per impeachment due volte e alla fine è stato accusato di altri crimini. Ora alcuni stati stanno tentando di rimuoverlo dalle elezioni del 2024 per un crimine di cui non è nemmeno stato accusato. L’uomo comune guarda ed è la vittima sacrificale nell’incanalamento di tempo, energia e risorse verso l’alto in quella che è una guerra civile in America, più in generale una guerra finanziaria tra fazioni attualmente contrapposte. Fortunatamente la guerra cinetica è ancora solo uno spettacolo secondario nel contesto più grande, anche perché Powell al momento sta riuscendo a contenere la capacità degli avversari d’imbarcarsi in avventure che non potrebbero sostenere sia economicamente che militarmente (1 e 2). Data la grandezza, la sfera d’influenza e il livello di propaganda/obnubilazione in grado di scatenare per muovere le masse, evitare la Grande Perdita significa anche sapere quale fazione supportare (temporaneamente). È una lotta tra giganti, mentre le formiche guardano; unico caso raro, probabilmente, in cui la scelta del meno peggio non è da condannare o criticare.

L’ALTRO LATO DELLA CURVA A “S”

Viviamo in un mondo in cui due generazioni di investitori hanno visto solo tagli dei tassi e gigantesche iniezioni di liquidità. La BCE, più di tutte, ha creato incentivi perversi nei mercati che, se avesse davvero seguito il suo mandato di “stabilità dei prezzi”, non starei qui a commentare. Oltre alla fuga di capitali finanziari alimentata dalla contrazione del mercato degli eurodollari, la BCE si trova ad affrontare un altro rischio: se vuole che l’euro sopravviva, deve evitare di seguire le lusinghe degli interventisti. Coloro che chiedono una “politica monetaria espansiva” rappresenta esattamente ciò che ha devastata Argentina, Venezuela e Cuba: l’espropriazione della ricchezza attraverso la dissoluzione del potere d’acquisto del denaro. Ora sta concentrando tutta l’attenzione sui prezzi e non sugli aggregati monetari e questo è molto pericoloso, perché può creare un problema più grande: una contrazione dell’economia reale mentre i mercati finanziari vengono fatti restare a galla.

L’inflazione dei prezzi ha rallentato, ma non è scesa: poiché l’indice dei prezzi al consumo viene calcolato su base annua a partire da un valore molto elevato, l’effetto di base contribuisce fino all’85% sul rallentamento; lo stesso effetto di base potrebbe incidere negativamente nei prossimi mesi se dovesse continuare il percorso annuale di aumento dei prezzi. La più grande aberrazione economica dei nostri tempi, i tassi d’interesse negativi, ha indebolito a livello strutturale l’economia: crescita anemica e indebitamento cronico/improduttivo. I tassi negativi e le iniezioni di liquidità non hanno generato una crescita maggiore o migliore, ma hanno lasciato enormi squilibri. Sto parlando di un tasso d’inflazione cumulato superiore al 22% sin dal 2018 e di un aumento dei prezzi che continua a preoccupare, soprattutto per i beni non sostituibili.

Breve digressione. Le banche centrali hanno potuto spacciare l’illusione di un’inflazione permanentemente bassa, nonostante abbiano pompato migliaia di miliardi nell’economia mondiale, per una ragione: la Cina. Nella prima metà degli anni ’90 essa era un sistema di vasti bacini interconnessi di:

Manodopera a basso costo in attesa di essere sfruttata da multinazionali, imprenditori locali ed enti statali;Ambizione e desideri a lungo soppressi di migliori opportunità e miglioramento individuale/familiare;Necessità di capitale/credito per costruire un’economia e infrastrutture moderne;Potenziale per l’emissione nazionale di valuta e credito su grande scala.

Tutti e quattro questi punti sono stati sfruttati fino alla saturazione negli ultimi 30 anni, consentendo alla Cina di sgonfiare il costo dei beni a livello mondiale in quanto “fabbrica del mondo”. A parità di condizioni, l’emissione di quantità senza precedenti di valuta e credito, sia pubblico che privato, in genere stimola i consumi e la produzione nella prima “fase di spinta” di una qualsiasi Curva a “S”. Poi, una volta sazi gli usi più produttivi del credito, il denaro creato ex novo confluisce nella speculazione improduttiva e nelle operazioni d’ingegneria finanziaria spingendo l’inflazione dei prezzi; tendenza, questa, rafforzata dall’esaurimento di tutte le riserve di manodopera a basso costo e di materiali più facili da sfruttare. Il bacino della manodopera cinese, abbondante e a buon mercato, è stato completamente prosciugato: i salari in Cina sono aumentati vertiginosamente, insieme all’inflazione dei prezzi, e la demografia sta riducendo il bacino di lavoratori. Ironia della sorte, 30 anni di rapida espansione hanno diminuito la disponibilità della forza lavoro a svolgere lavori in fabbrica a bassa retribuzione, lontano da casa e famiglia.

L’economia cinese è ora afflitta dall’inevitabile lato in discesa della Curva a S e iniettare nuovo denaro non crea usi produttivi laddove va a finire; incoraggia solamente gli incentivi perversi alla speculazione e all’ingegneria finanziaria. La Cina non è la sola ad aumentare la propria offerta di denaro e il proprio debito, ma è in testa rispetto alle altre nazioni, la cui gigantesca espansione del credito ha salvato l’economia cinese e mondiale nel 2009 e di nuovo nel 2020. Ma questo meccanismo è ora paralizzato dalla Legge dei rendimenti decrescenti: gonfiare l’offerta di denaro, prendere in prestito migliaia di miliardi per finanziare la spesa in deficit ed espandere il credito privato non sta più creando crescita, ma inflazione dei prezzi e il freno al ripagamento del debito.

Nel frattempo, per una serie di ragioni ben note, la globalizzazione come fonte di deflazione dei prezzi ha fatto il suo corso e non è più in grado di compensare l’inflazione dei prezzi né in Cina né nelle nazioni importatrici di beni cinesi a livello globale. Stando così le cose, quindi, l’inflazione non ritornerà al 2% e non rimarrà lì indefinitamente. Tutta la valuta e il credito che si riversano nell’economia mondiale mentre la produzione, la qualità e la quantità ristagnano o crollano, alimenteranno solamente nuove cavalcate dei prezzi. Come ho scritto in un pezzo precedente, l’inflazione dei prezzi agirà secondo uno schema “Stop & go”.

Certo, potrebbe scendere per un certo periodo man mano che i consumatori frenano la spesa, ma la “soluzione” proposta dalle banche centrali non farà altro che peggiorare la situazione. Il periodo dei tassi a zero è morto e sepolto e lo spostamento verso tassi d’interesse più elevati e un’inflazione dei prezzi più elevata non potrà che acquisire slancio nel futuro prossimo.

Infatti non bisogna mai dimenticare un fatto importante: l’inflazione dei prezzi è un effetto monetario. Quella che alcuni chiamano inflazione dei costi, inflazione delle materie prime, o shock dell’offerta non è altro che più unità di valuta rispetto alla crescita economica reale e destinate ad asset relativamente scarsi. I prezzi unitari possono aumentare per ragioni esogene, ma non generano un aumento sostenuto e cumulato dei prezzi aggregati. Se un prezzo aumenta a causa di un fattore esogeno, gli altri non aumentano immediatamente se la valuta emessa rimane costante rispetto alla crescita economica.

Il sistema crea tutta una serie di esperti che incolpano l’inflazione su tutto tranne che per l’unica cosa che fa aumentare i prezzi in aggregato, ne consolida la salita annuale e continua a farli crescere: la diminuzione del potere d’acquisto della valutahttps://t.co/cuP8uKNJ8V

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 11, 2024

Dai documenti di ricerca di Richard Burdekin con The U.S. Money Explosion of 2020: Monetarism and Inflation a quelli di Claudio Borio con Does money growth help explain the recent inflation surge?, o di Juan Castañeda & Tim Congdon con Inflation, The Next Threat?, anche a livello mainstream ci sono moniti sulla persistenza dell’inflazione dei prezzi dovuta fondamentalmente a un azzardo morale a livello monetario. Se si guarda alla contrazione degli aggregati monetari, l’inflazione dei prezzi avrebbe dovuto scendere più rapidamente e l’economia in generale si troverebbe (ufficialmente) in recessione. Ciò che sta mascherando questa conclusione non è altro che la spesa in deficit degli stati.

2/ Ma “forse” l’obiettivo è sempre stato quello di ingrossare a ogni costo le dimensioni del settore pubblico e attuare una graduale nazionalizzazione dell’economia.

— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) January 11, 2024

Ma per quanto possa rappresentare, di primo acchito, un cerotto in grado di medicare una ferita aperta, non può niente man mano che le scadenze fanno il loro corso. Ecco cosa si vuole evitare disperatamente, in particolar modo l’Europa: che le maturità di ieri scadano prima che la situazione economica venga in qualche modo stabilizzata. Infatti per quanto ci siano sospiri di sollievo per aver schivato una recessione finora, essi sono infondati a fronte di un consumo pubblico gonfiato dal debito, una produttività debole e una crescita del settore privato al palo.

CONCLUSIONE

Nel libro della vita il futuro è sempre il capitolo che non abbiamo ancora letto, Ma la vita segue degli schemi: le grandi nazioni hanno il loro momento di ascesa e ciò che di solito le porta nella fase di discesa è una combinazione di sforzi eccessivi (guerra) e spese eccessive (espresse come inflazione o default). Gli americani farebbero meglio a farsi gli affari propri e a bilanciare il proprio bilancio. Per molti questo equivale a tradimento.

Cosa mi qualifica ad avere un’opinione in merito? Nell’epoca del DSA europeo questa domanda appare alquanto “legittima”…

Unire i puntini e mostrare come denaro e potere possano unirsi in modo disastroso. L’ Occidente ha raggiunto il proprio picco nel 1999: la sua élite è stata corrotta da ricchezza non guadagnata e potere sfrenato, e la gente comune è stata confusa dalla propaganda dei mass media, dal denaro fasullo e dallo stato sociale. Per chi poi volesse, poi, approffondire gli aspettici pratici di quanto delineato in questo pezzo a livello teorico, può usufruire del seguente servizio che metto a disposizione tramite Calendly: https://calendly.com/fsimoncelli/consulenze

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