Milei ha dimostrato che le idee contano
La presenza di Milei a Davos era strettamente legata al tema di quest’anno di tale incontro “Ricostruire ponti”. La cricca che come facciata ha questo forum annuale ha realizzato di essersi spinta troppo oltre nelle proprie ambizioni di un controllo capillare della società, scatenando come sotto prodotto una guerra (al momento solo finanziaria) tra le élite del mondo. Chiamiamola anche una tregua. Per quanto non demordano nel voler applicare la loro visione, hanno dovuto altresì rendersi conto che il socialismo/collettivismo può comprare tempo ma esso è scarse e, se non adeguatamente allocato, porta inevitabilmente al fallimento di quei piani presumibilmente ben congegnati. Per quanto possano essere abbondanti le risorse economiche della popolazione da cui attingere, esse sono destinate a esaurirsi. Questa è la lezione che ha ricordato Milei, nella teoria; a quella pratica c’ha pensato Jamie Dimon. Il messaggio di questi due era: “Non ci possono essere ponti con i socialisti”; anche in astratto, rimane pur sempre un problema di manutenzione. Milei, dal suo canto, per dimostrare questo punto non ha dovuto far altro che ricordare la storia del suo Paese: il modello peronista di pianificazione macroeconomica ha portato l’Argentina a fondo. Ciò significa che è tra le nazioni peggiori in termini di libertà economica, con misure deplorevoli riguardo apertura al commercio, politica monetaria e protezione della proprietà. Una volta l’Argentina era nella fascia più alta delle nazioni più ricche del mondo, ora si trova a fianco di Paesi del calibro di Libia, Serbia e Mauritius. Le forze della megapolitica che fanno riferimento alla cricca di Davos stanno utilizzando motivazioni diverse per tenere in piedi la struttura del furto sistematico: razza, immigrazione, cambiamento climatico, valuta digitale, ecc. Queste idee sono state impiantate dalle élite attraverso figure di spicco e i media generalisti, finanziate con fondi pubblici. Più i loro tentativi spingono verso un’accelerazione, più dimostrano la loro disperazione. E tutto sommato è un bene, dato che ciò è sintomo di un’opportunità per puntellare, invece, quelle idee su cui poggia la civiltà occidentale. Se Mises definì il ventesimo secolo il secolo del socialismo, noi potremmo definire il ventunesimo come il secolo del libertarismo.
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Javier Milei è andato al World Economic Forum e ha dominato facilmente il palco, rimproverando la Gente di Davos con arguzia e saggezza. Mentre la maggior parte dei partecipanti arrivava con i propri jet privati, Milei ha preso un volo commerciale sfoggiando le sue tipiche basette e un sorriso leggermente malizioso. Insieme al suo aspetto unico, un’altra sua caratteristica sono i costanti moniti sui fallimenti del collettivismo. E francamente nessun altro leader politico presente all’evento poteva dire di saperne di più sui pericoli delle economie collettiviste. Se non avete mai sentito uno dei discorsi, o visto una delle sue apparizioni in TV, vi esorto caldamente a farlo. In particolare, poi, quello tenuto a Davos.
L’ampiezza della sua conoscenza della storia e della teoria economica è notevole. Rimarrete commossi dalla passione che mette nelle sue discussioni e presentazioni e vi chiederete perché altri leader politici non possono eguagliare le sue capacità ed energia. I politici non sono stupidi, tutt’altro, ma il loro idealismo tende a erodersi mentre inseguono i voti lasciando dietro di sé i loro principi. Non Milei. Potrebbe non riuscire nella sua missione di smantellare la burocrazia sclerotica e la disfunzionale banca centrale argentina, ma è stato fermamente chiaro su ciò in cui crede e su ciò che sta cercando di fare: salvare l’Argentina da quasi un secolo di governance fiscale e monetaria distruttiva.
A Davos ha iniziato presentando la tesi di Angus Deaton sull’importanza dei sistemi di mercato nel promuovere lo sviluppo economico sin dal 1800. Ha anche citato, per nome, Israel Kirzner, e sembrava quasi Ayn Rand quando ha descritto gli imprenditori come eroi e i burocrati parassiti. Milei ha evidenziato come dare la giusta importanza ai fallimenti dello stato sia fondamentale e ha respinto le affermazioni neoclassiche sui presunti fallimenti del mercato. Era quasi come se il suo pubblico fosse la Mont Pelerin Society, non Davos.
I media internazionali hanno cercato di collegare Milei all’ex-presidente Donald Trump, al populismo di destra e ad altri politici anti-establishment. Non c’è dubbio che Milei stia affrontando le élite argentine, e Trump e i suoi sostenitori stanno trasmettendo un messaggio anti-élite simile a chiunque sia disposto ad ascoltarlo. È anche vero che Trump e tanti suoi sostenitori (come il presidente della Heritage Foundation, Kevin Roberts, intervenuto anch’egli al World Economic Forum) abbiano cercato di adulare Milei con tanti complimenti sui social media riguardo il suo discorso a Davos. Anche se il campo di Trump potrebbe allinearsi con Milei, le politiche offerte dai nazionalisti economici hanno poca, se non nessuna, somiglianza con il coraggio economico del parvenu argentino. Piuttosto che sul risentimento economico offerto dai populisti americani di destra, le politiche di Milei si basano sulla sua conoscenza di un pensiero economico sano e di successo, sebbene politicamente impopolare.
Le idee di Milei sono un insieme coerente di principi interconnessi basati su un impegno incondizionato a favore del libero mercato, a favore di un’economia politica liberale classica. Lui, insieme a milioni di argentini, ha sperimentato per anni come un intervento statale pervasivo danneggi gravemente un’economia. Dopo la sua vittoria su una piattaforma volta a invertire il furto e la mala gestione, Milei deve ora affrontare gli interessi radicati che hanno tratto vantaggio da questa vasta rete di capitalismo clientelare. Milei sarà fortunato se riuscirà anche solo a fermare l’emorragia e rimettere in carreggiata l’Argentina.
Il libero scambio rimane un fattore chiave nel produrre crescita, per quanto alcune persone vogliano distorcere i fatti al riguardo.
La popolarità di Milei tra i giovani di tutta l’America Latina è dovuta alla scintilla di speranza che ha fornito loro in Paesi impantanati per anni proprio nell’ingerenza politica che i nazionalisti desiderano espandere. Forse lo stile e la sostanza di Milei potrebbero contagiare Trump e i populisti conservatori, imaprando qualcosa da lui.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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