In che modo Carl Menger e gli Austriaci hanno contribuito a orientare la teoria economica nella giusta direzione

 

 

di Pedro Goulart

Adam Smith, nel suo libro del 1776 La ricchezza delle nazioni, stabilisce i principi guida dell’ortodossia economica classica, i quali hanno fatto da guida al paradigma economico inglese. Nonostante una tradizione più incentrata sul colbertismo (tra il XVI e il XVII secolo) e sulla fisiocrazia (dal XVIII secolo in poi), l’economia classica è riuscita a penetrare nell’ambiente accademico francese grazie a nomi come Jean-Baptiste Say e Anne Robert Jacques Turgot.

Nel suo libro La ricchezza delle nazioni Adam Smith presenta un’analisi completa dei principi dell’economia, delineando i fondamenti del liberalismo economico e fornendo una struttura concettuale dell’economia politica che ha poi permesso l’avvento di diverse correnti di pensiero (al di fuori del paradigma classico). David Ricardo, all’inizio del XIX secolo, ebbe un impatto significativo sull’evoluzione del pensiero economico. La sua influenza fu sostanziale nella formazione delle basi teoriche del marxismo, soprattutto per quanto riguarda la teoria del valore-lavoro, la teoria dei salari e del reddito.

Inoltre i contributi di Ricardo si rifletterono anche nella successiva scuola neoclassica, rappresentata da figure come Alfred Marshall e Léon Walras. Il passaggio dalle teorie classiche all’approccio neoclassico comportò una reinterpretazione dei concetti già esaminati in chiave matematica e basati su modelli di equilibrio.

Uno dei principi fondamentali che guidano la teoria economica di Adam Smith è il concetto di divisione del lavoro. Questo principio rappresenta un tassello centrale che permea l’intera struttura smithiana per ciò che concerce il miglioramento delle condizioni materiali umane e la modernizzazione dei beni capitali. L’idea centrale della divisione smithiana del lavoro è che, specializzandosi gli individui in aree specifiche della produzione di beni e servizi, si verifica un aumento significativo dell’efficienza e della produttività complessive. Smith illustra come questa specializzazione porti non solo all’ottimizzazione dei talenti individuali, ma anche alla massimizzazione della produzione totale della società.

Nel contesto della discussione sulla divisione del lavoro è pertinente far notare che la Scuola Austriaca, invece di negare l’importanza di questo principio, sostiene una prospettiva che differisce dalla visione di Adam Smith. La Scuola Austriaca ovviamente riconosce che la progressiva divisione del lavoro, come sottolineato dallo stesso Smith, ha contribuito in modo significativo all’aumento della produttività e, quindi, al miglioramento del benessere umano.

Tuttavia è importante sottolineare che, nell’opera Principles of Economics, Carl Menger – uno studioso del quadro teorico di Smith – elabora l’idea secondo cui la divisione progressiva del lavoro non deve essere considerata l’unica causa di tutti i progressi nella produttività. Menger dice che, sebbene si tratta di un fattore rilevante, esiste una complessità di altri elementi altrettanto essenziali che svolgono un ruolo importante in tal processo.

Menger propone l’esempio di una tribù indigena che, a causa di fattori circostanziali, inizia a utilizzare la divisione del lavoro. Individui che sono cacciatori, pescatori, agricoltori, guerrieri, badanti, amministratori, ecc. che svolgono un’ampia gamma di compiti sempre più specifici per il contesto tribale. Menger afferma che, sebbene l’aumento della produttività – cioè l’efficienza derivante dalla divisione del lavoro – sia estremamente importante, l’aumento marginale della produttività non porta al pieno sviluppo qualitativo della produzione dei beni in sé.

Il guadagno in efficienza è il risultato dell’organizzazione degli attori di mercato produttivi, dove ciascuno svolge funzioni specifiche secondo le proprie capacità e inclinazioni. Tuttavia è importante sottolineare che la divisione smithiana del lavoro può solo portare a uno stato in cui gli attori di mercato produttivi hanno la capacità materiale di utilizzare suddetto processo, poiché lo sviluppo tecnico fornisce loro tale capacità. Possiamo quindi dedurre che utilizzando solo la divisione smithiana del lavoro – nonostante i guadagni quantitativi e il miglioramento delle condizioni materiali entro limiti tecnici e tecnologici – la tribù non ottiene un miglioramento qualitativo delle condizioni materiali.

Menger evidenzia un punto cruciale che venne poi approfondito dai suoi studenti Eugen von Böhm-Bawerk e Friedrich Freiherr von Wieser: una teoria che stabilisce una connessione tra il benessere materiale, i beni capitali in un’economia e la capacità produttiva. Menger stabilisce brillantemente la relazione tra i nessi causali nelle catene di produzione e lo sviluppo delle condizioni materiali umane.

Se un popolo, invece di dedicarsi semplicemente ad attività più primitive – limitandosi cioè solo a raccogliere e utilizzare beni disponibili di ordine inferiore (negli stadi più primitivi generalmente beni del primo e del secondo ordine) – cominciasse a lavorare con beni del terzo e del quarto ordine, o di ordine superiore, e per soddisfare i propri bisogni ricorresse alla lavorazione dei beni di ordine superiore, soprattutto se ogni passo in questa direzione è accompagnato da un’adeguata divisione del lavoro, osserveremo senza dubbio quel progresso nel benessere che Adam Smith era disposto ad attribuire esclusivamente a quest’ultimo fattore (divisione del lavoro).

Ciò significa che, abbandonando la comodità di trattare solo beni di ordine inferiore o di consumare direttamente beni di prim’ordine, gli attori di mercato produttivi stabiliscono sempre più collegamenti causali ed estese reti di relazioni tra beni di ordine superiore e i beni complementari di ordine inferiore.

Utilizzando collegamenti causali tra beni di ordine diverso, lo sviluppo tecnologico avviene attraverso il miglioramento della produzione dei beni di ordine superiore. Gli attori di mercato produttivi non solo utilizzano tipologie diverse di beni per sviluppare beni del primo ordine, ma creano anche un’interconnessione tecnologica e produttiva tra i diversi ordini dei beni, promuovendo quindi lo sviluppo tecnologico. Le complesse interconnessioni tecnologiche e produttive tra i diversi ordini dei beni generano un ciclo di feedback positivo. Man mano che gli attori di mercato produttivi elaborano beni di ordine superiore e migliorano l’efficienza nella produzione di questi beni, si verifica un miglioramento nella qualità e nella quantità dei beni complementari.

Quanto più complessa è la produzione che comporta la lavorazione dei beni di ordine superiore e la creazione di intricati collegamenti causali tra questi beni e i loro complementi sottostanti, tanto maggiore diventa lo sviluppo tecnologico. Questa complessità favorisce un’interconnessione dinamica tra le diverse fasi della filiera produttiva, stimolando l’innovazione, l’efficienza e il miglioramento continuo della qualità e della quantità dei prodotti. Il risultato è un “circolo virtuoso” che contribuisce al progresso economico e sociale, fornendo una maggiore diversità di beni, una maggiore produttività e migliori condizioni di vita nella società.

Per consolidare la comprensione di tutto ciò, la teoria mengeriana stabilisce che una società primitiva è quella che si occupa esclusivamente di raccogliere beni del primo ordine e, al massimo, di trasformare beni del secondo ordine in beni del primo ordine. Possiamo osservarlo nei gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori, dove l’emergere di beni del primo ordine costituisce una mera casualità, cioè non hanno alcuna influenza sul miglioramento e sulla preparazione di questi beni; li usano semplicemente nel modo in cui la natura li fornisce. Con l’avvento dell’agricoltura, possiamo vedere una catena sempre più grande di legami causali utilizzati per la produzione e il miglioramento di beni con ordini sempre più elevati.

Stabilito il nesso causale dei beni di ordine superiore sempre più distanti dal bene del primo ordine, il vero artefice del passaggio dallo stato di bisogno allo stato di soddisfazione attraverso la sua utilità estrinseca, queste catene di nessi causali forniscono un maggiore controllo e direzione della produzione e del miglioramento dei beni. In questo modo lo sviluppo di legami causali massimizza gli attori di mercato, i quali – a causa della necessità di ottimizzare l’allocazione delle risorse nel processo produttivo – potranno sperimentare i benefici derivanti dalla divisione del lavoro.

Allo stesso modo Böhm-Bawerk basa la sua teoria della produzione sul concetto di legami causali di Menger, estendendo e migliorando ulteriormente le idee sulla produzione economica. Il punto cruciale della teoria bawerkiana: quando adottiamo vie di produzione indirette, otteniamo risultati superiori. Ciò deriva dallo sviluppo cumulativo dei beni strumentali durante tutto il processo produttivo, consentendo un progressivo miglioramento dell’efficienza e della qualità dei beni finali.

Nel contesto dei metodi di produzione indiretta, Böhm-Bawerk sottolinea l’importanza d’indirizzare le risorse verso la creazione e la continua espansione di beni capitali. Pertanto, nella teoria bawerkiana, la produzione con mezzi indiretti – caratterizzata dall’uso strategico dei beni capitali in combinazione con le “forze della natura” – è intrinsecamente legata alle condizioni materiali che influenzano il processo produttivo e questo è il cosiddetto processo di produzione capitalistico, il quale avviene attraverso i beni strumentali.

Attraverso l’analisi acuta dei precursori della Scuola Austriaca, diventa evidente che la divisione smithiana del lavoro – fondamentale per la specializzazione e l’efficienza produttiva – è stata possibile solo attraverso lo sviluppo meticoloso dei nessi causali mengeriani e della produzione capitalistica bawerkiana. La comprensione delle relazioni nelle catene di produzione tra beni del primo ordine e beni di ordine superiore, combinata con l’applicazione strategica dei beni capitali e l’incorporazione delle forze della natura, stabilisce le basi indispensabili per il progresso economico. La visione globale delineata, basata sui principi di Menger e migliorata dalla teoria bawerkiana, evidenzia che il potenziale naturale di miglioramento della produzione derivante dalla divisione del lavoro si realizza solo quando è radicato in una profonda comprensione dei nessi causali e nell’applicazione efficace dei metodi di produzione indiretti.

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/

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