Continua l’attacco ESG a Bitcoin
Qualche giorno fa, è uscito un nuovo articolo sul prestigioso giornale americano New York Times in cui si attacca il mining Bitcoin nel paese utilizzando la solita ipocrita narrativa ambientalista.
Nell’articolo si afferma che la mining farm di Riot Platforms a Rockdale, in Texas, utilizzerebbe tanta elettricità quanto 300.000 case nelle vicinanze. Questo lo rende il miner più energivoro negli Stati Uniti.
Riot ovviamente ha immediatamente rigettato le affermazioni del giornale, rilasciando una dichiarazione il 10 aprile in cui afferma che la società è delusa dalla “visione falsa e distorta” pubblicata dal NYT.
L’articolo del NYT effettivamente tenta di indurre i lettori nell’impressione che i miners di Bitcoin stiano costando denaro ai cittadini sottraendo elettricità alla comunità locale. Senza il contesto sufficiente, l’articolo è chiaramente strutturato per creare indignazione morale.
Alcuni hanno notato come il video utilizzato per l’articolo avrebbe artificialmente aggiunto un “effetto nebbia” con cui si darebbe l’impressione ai lettori che quella parte del Texas (il cui cielo è solitamente limpido) sarebbe altamente inquinata
La risposta di Riot
Nella sua dichiarazione, Riot ha sottolineato altri vantaggi legati all’energia delle sue operazioni.
“Partecipiamo con orgoglio a vari programmi che aiutano a stabilizzare la rete elettrica e a ridurre effettivamente i prezzi dell’energia, nonostante ciò che i critici presumono erroneamente”, ha affermato Riot. “A differenza di altri settori, possiamo chiudere istantaneamente, mettendo l’energia a disposizione di altri utenti e infrastrutture critiche durante eventi meteorologici estremi, compensando le perdite dovute alla riduzione delle nostre operazioni”.
Il NYT sembrerebbe aver svolto le sue ricerche al riguardo, affermando che uno dei suoi giornalisti si sarebbe recato in Texas e nella Dakota del Nord, dove avrebbe parlato non solo coi miners, ma anche con esperti di energia, scienziati e politici. Avrebbero addirittura anche esaminato i documenti sulle operazioni minerarie.
Ma dalla risposta di Riot sembrerebbe che i rapporti del NYT erano guidati da “interessi politici”. Riot ha quindi pubblicato un documento in cui aveva esposto in dettaglio le sue risposte alle domande poste dal NYT prima della pubblicazione dell’articolo. Risposte che—ovviamente—sono state ignorate quasi interamente.
Abbastanza divertente il video di risposta di Riot su Twitter in cui vengono misurati i livelli di CO2 nell’aria in prossimità dei miners per dimostrare il fatto che il mining non inquina ma utilizza semplice corrente elettrica.
Altri interessi in gioco
Riot ha anche respinto l’accusa del NYT in cui si afferma che le società di Bitcoin sarebbero state pagate dall’operatore di rete del Texas per “aver promesso di spegnere i loro sistemi rapidamente se necessario per prevenire blackout”. Riot ha risposto di non essere stata ricompensata per delle promesse, ma invece viene pagata per fornire alla rete la capacità di gestire il suo carico di energia
Questi programmi di gestione del carico energetico esistono da molto tempo. Sono uno dei modi che gli operatori di rete utilizzano per aiutare a mantenere stabile la rete. Prima del mining di Bitcoin, gli operatori della rete dovevano fare affidamento su strumenti meno convenienti come chiedere alle acciaierie o alle fonderie di alluminio di chiudere temporaneamente per restituire il carico alla rete.
Ma da quando i minatori di Bitcoin sono entrati a far parte della rete in Texas e altre parti del mondo, sono stati in grado di offrire un livello molto migliore di risposta alla domanda.
Sembra un’interessante coincidenza che, giorni dopo che una commissione del senato del Texas a votare per ridurre la capacità dei minatori di Bitcoin di partecipare a questi programmi, sia improvvisamente comparso un piano di produzione di gas sussidiata dallo stato per gestire il carico energetico durante le emergenze.
Ognuno tragga le proprie conclusioni.
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