Una vagonata di guai
John Hussman è uno di quegli analisti che quando compila una sua relazione sui mercati è molto analitico, matematico, storico e statistico. Le sue tesi sono avvalorate da una tonnellata di dati e grafici che supportano in modo convincente le idee alla base di suddette relazioni. Prende dannatamente sul serio le sue analisi e crede che negli echi del passato si possa sentire un po’ del futuro. Ecco cosa scrive in una delle sue ultime relazioni:
Sulla base di dozzine di misure che includono valutazioni, fattori interni, sindromi di sovraestensione e numerosi indicatori tecnici, fondamentali e ciclici che abbiamo sviluppato nel tempo, stimiamo che le attuali condizioni di mercato possono essere “raggruppate” tra i peggiori casi di 0,1% della storia – simili ai principali picchi di mercato e dissimili dai principali minimi di mercato rispetto al 99,9% di tutti i periodi del dopoguerra.
Non per esagerare, ma ai picchi di mercato i prezzi scendono; ai minimi salgono. Il mio obiettivo su queste pagine è permettere ai lettori di evitare la “Grande Perdita” ed è quello che si ottiene ai massimi dei mercati; ai minimi, invece, c’è la “Grande Opportunità”. Hussman ci ribadisce che la minaccia della “Grande Perdita” oggi è insita nel mercato azionario e in particolare nei “Magnifici 7” che li dominano. Secondo tutte le sue misurazioni, solo nello 0,1% dei casi il mercato azionario di oggi sembra un minimo; nel restante 99,9% i parametri di oggi segnalano un massimo. Quanto sarà grande la perdita? Hussman ci aiuta anche qui:
Lo definisco il “Cluster di Guai” perché una manciata di casi altrettanto estremi (in particolare nel 1972, 1987, 1998, 2000, 2018, 2020 e 2022) sono stati tipicamente seguiti da improvvise perdite di mercato del 10%-30% nelle 6-10 settimane successive (in media -12,5%), con perdite nella parte più piccola di tale intervallo che spesso vedono un ribasso più profondo in seguito.
La cosa sorprendente è che le perdite non sono poi così GRANDI; i giai non sono poi così dolorosi. Secondo i suoi dati la perdita media è appena del 12,5% e infatti potreste dire: “Tutto qui? Può starci, soprattutto se avrò la possibilità di raddoppiare o triplicare i miei soldi con Nvidia”.
Il mercato azionario è estremamente gonfio, tre titoli – Meta, Microsoft e Nvidia – rappresentano la metà dei guadagni quest’anno. Nvidia veniva trattata a $8 per azione quando venne eletto Donald Trump; adesso costa $730. È un creatore di sogni, trasformare un investimento da $10.000 in quasi $1 milione; solo quest’anno Nvidia è balzata in su del 50%. Ma quali erano le probabilità di identificare Nvidia 8 anni fa? E quali sono le probabilità che Nvidia, il resto dei “Magnifici 7” e l’intero mercato azionario crolli adesso? Secondo Hussman il rischio è del 99,9%. Dove penso che possa aver commesso un errore non è nel calcolo delle probabilità, ma nella misurazione del danno: potrebbe essere molto più grande di quanto suppongono le sue cifre. Ciò che dobbiamo affrontare – forse – non è solo un “Cluster di guai”, ma una vagonata di guai: calo dei prezzi degli asset, aumento dell’inflazione, corruzione e incompetenza politica mai viste prima e un forte calo della ricchezza reale.
Cominciamo dal lasso di tempo descritto dal “Cluster di Guai” descritto da Hussman. È stato unico nella storia. Tutto ebbe inizio nel 1972, un anno dopo che gli Stati Uniti avevano introdotto il nuovo sistema monetario basato sul denaro scoperto e successivamente iniziò la corsa per tutti gli asset finanziari: azioni, obbligazioni, immobili, ecc. Perché? Perché la nuova forma di denaro era basata sul credito, non sugli asset reali. Ogni nuovo dollaro era un “pagherò” del Tesoro degli Stati Uniti ed entrava nel sistema finanziario attraverso le banche, preso in prestito dai consumatori, dalle imprese o dallo stesso governo federale. Prendendo come base il 1972, accaddero cose a dir poco incredibili per chi visse in precedenza. In primo luogo, il bilancio degli Stati Uniti non sarebbe stato mai più in pareggio (tranne che per tre anni durante i quali le entrate fiscali hanno superato la spesa, senza contare i “contributi” della previdenza sociale). Il 1975 è stato anche l’ultimo anno in cui gli Stati Uniti hanno registrato una bilancia commerciale positiva, infatti per i successivi 49 anni è stata in deficit e uno dei più grandi mai registrati c’è stato nel 2022, pari a $951 miliardi.
Il denaro fasullo ha mandato tutto all’aria. Il salario orario reale raggiunse il suo massimo nel 1972. Il prezzo dei beni alimentari è aumentato di 10 volte; il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti è aumentato di 3 volte. Sì, è stato un periodo strano. Cina, Indonesia, Vietnam, Messico, India e molte altre nazioni “in via di sviluppo” avrebbero cercato di migliorare le loro sorti esportando prodotti a basso costo – sia materie prime che prodotti finiti – contribuendo a mantenere bassi i prezzi in Occidente.
E la cosa più strana erano i soldi stessi. Alla fine degli anni ’70 Paul Volcker riuscì a far scendere l’inflazione e inaugurò il più grande boom del mercato azionario di tutti i tempi. Questo è il periodo che Hussman utilizza per la sua base ed è stato un periodo in cui i prezzi delle azioni erano stati gravemente distorti dal denaro fasullo. Negli anni ’90 ogni volta che il mercato azionario tentava di introdurre una correzione, le banche centrali abbassavano artificialmente i tassi d’interesse per incoraggiare più prestiti, più liquidità e prezzi delle azioni più alti.
Ma quel periodo è finito. La FED, in particolare, non può e, soprattutto, non vuole ripetere quel “trucco magico”. Il ciclo economico è stato talmente spinto fino agli estremi che ogni tentativo ulteriore verso un tale obiettivo risulterebbe in un rischio d’inflazione più persistente, pervasivo e distruttivo. Infatti il periodo odierno è costituito sostanzialmente da una contrazione della liquidità e con essa arrivano anche i movimenti “a convulsione” che si notano sui mercati, dove salite e discese sono dettati da picchi improvvisi e discese ripide. La crisi di liquidità è una funzione della percezione del rischio, in particolar modo adesso che la Federal Rserve ha deciso di mettere ordine nei bilanci interni della nazione. Le banche commerciali, inutile dirlo, devono tirare i remi del credito in barca, e questo a sua volta si ripercuote sul settore industriale che, sebbene nel breve termine possa dover sostenere una correzione, nel medio-lungo termine selezionerà quelle aziende meritevoli davvero di credito. In questo stesso lasso di tempo i salari rimarranno stagnanti a livello nominale (e caleranno a livello reale), portandosi dietro anche i prezzi delle case. Chiamatelo anche un “ritorno alla media” dopo i bagordi degli ultimi 40 anni.
Azioni e immobili subiranno una correzione, quindi, mentre invece le obbligazioni statunitensi continueranno a vedere una domanda sostenuta proprio in virtù del loro uso come strumento per accedere alla liquidità. Il mercato dei pronti contro termine statunitense è il più liquido al mondo e senza garanzie adeguate non vi si può accedere, cosa che ha appreso l’Europa dal 2019 in poi. L’alternativa per minimizzare il rischio è quella di rivolgersi ai metalli preziosi. La race to the bottom è una guerra di logoramento e in prima linea c’è il bacino della ricchezza reale: quello più resiliente vince. Se diamo uno sguardo all’ultimo sondaggio della Lloyd Register Foundation riguardo il World Resilience Index, che sostanzialmente misura qual è la capacità di una certa comunità e Paese di resistere senza reddito, notiamo un peggioramento dell’area Euro (soprattutto i Paesi del cosiddetto Club Med). Di conseguenza il bacino della ricchezza reale in Europa non solo deve resistere agli “attacchi” esterni, ma anche da quelli interni: tragedia dei beni comuni. E questo vi fa capire come sia possibile che i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente stiano attualmente superando l’Europa e sono destinati a sostituirla in termini di prestigio, affidabilità finanziaria e ricchezza reale.
CONCLUSIONE
John Hussman prevede, con una certezza del 99,9%, un forte calo dei prezzi delle azioni, in particolare in quelli dei “Magnifici 7”. Le sue cifre, però, suggeriscono un calo medio di solo il 12% e lo basa su un’analisi del periodo 1972-2023. Quest’ultimo, tuttavia, vide il più grande boom nel mercato azionario della storia, alimentato dal sistema monetario “fasullo” di maggior successo mai inventato.
Ritengo che abbia ragione riguardo alla probabilità di un calo delle azioni, ma potrebbe sbagliarsi riguardo al danno che causerà. Nel 1990 il mercato giapponese crollò dell’80% e, quasi un quarto di secolo dopo, non si è ancora ripreso. Negli Stati Uniti l’indice Dow Jones raggiunse il picco nel 1929, crollò dell’88% e non si riprese veramente fino al 1961. E se fate i calcoli in termini di oro, 18 once d’oro avrebbero comprato tutte le 30 azioni del Dow del 1929. Nel 1980 erano necessarie solo 2 once d’oro; vent’anni dopo erano più di 40.
Tutto ciò per dire che le azioni oscillano su e giù, a volte molto più del 12%. Questo è il motivo per cui, secondo i ricercatori accademici, il tasso di rendimento delle azioni dovrebbe essere più elevato di quello delle obbligazioni. Esiste un “premio di rischio” che si ottiene dalle azioni, in teoria, per compensare i grandi ribassi episodici. Oggi potete prendere 18 once d’oro e riacquistare tutte le 30 azioni del Dow Jones, proprio come nel 1929. Quindi il valore reale delle migliori azioni sul mercato non è aumentato negli ultimi 95 anni.
I prossimi 40 anni probabilmente non saranno così felici come gli ultimi 40: il rapporto Dow/oro è più probabile che si diriga a 2 piuttosto che a 40. È questa la vera “Vagonata di guai”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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