Dal Trentino al Sud America: la Storia di Alps Blockchain
Nel cuore delle Alpi italiane, tra bellissimi paesaggi montani e ricchi corsi d’acqua che solcano la terra, nasce una storia di eccellenza che sta già lasciando il segno nel panorama Bitcoin italiano e internazionale: Alps Blockchain.
Alps Blockchain nasce nel 2018 da un’idea di Francesco Buffa e Francesca Failoni. I due giovani fondatori sono tra i primi in Italia ad aver sfruttato l’energia idroelettrica per minare Bitcoin. L’idea è avveniristica e molto ambiziosa dati i costi che il mining di Bitcoin comporta nel Belpaese. Secondo un report pubblicato recentemente, l’Italia sarebbe infatti il paese con i costi più alti al mondo per mining Bitcoin.
“L’unica opzione in Italia è l’idroelettrico” ci racconta Francesco, CEO dell’azienda. Alps Blockchain è attualmente presente in circa 20 impianti idroelettrici sparsi nel Nord Italia. Il modello di business qui è abbastanza semplice: viene siglato un accordo con le centrali idroelettriche in cui gli ASIC (i computer che minano Bitcoin) vengono venduti, installati e gestiti dall’azienda.
Francesco racconta che inizialmente hanno fatto molta fatica a causa del forte scetticismo che c’è in Italia riguardo Bitcoin: “avevamo contattato circa 400 centrali idroelettriche ma solo una di queste ha espresso interesse”. Non sorprende che abbiano avuto problemi con banche e fornitori di servizi: “All’inizio non ci volevano aprire un conto corrente” racconta Francesco. “Non potevamo chiedere un mutuo e potevamo finanziarci soltanto con capitali degli investitori. Poi [appena hanno visto quanto fatturavamo] hanno iniziato a capire”.
Quella di Alps Blockchain potrebbe apparire come una realtà non particolarmente importante, eppure questo progetto tutto italiano figura tra i player più importanti in Europa e nel mondo del mining Bitcoin. Alps Blockchain attualmente vanta una potenza di calcolo totale di 1.5 exahash – cioè 1.500.000.000.000.000.000 hash! – al secondo. Questa potenza di calcolo costituisce circa lo 0,3% di tutto il network Bitcoin.
Ma dei circa 13.000 ASIC che vengono operati da Alps Blockchain, solo una parte risiede in Italia. L’azienda infatti ha iniziato una fase di espansione internazionale che li ha portati ad un significativo investimento di risorse in Paraguay e Ecuador. “O si cambiava o morivamo” spiega Francesco in riferimento alla situazione energetica italiana. “All’estero si trova un terreno piu’ favorevole sia da un punto di vista economico che normativo.” La scelta non sorprende in quanto, negli ultimi anni, la quantità di operazioni di mining Bitcoin in Paraguay è aumentato in modo significativo. Basti pensare al recente annuncio di Sazmining che opererà in una diga considerata come l’oggetto più costoso al mondo!
Gli Investitori ci credono
La svolta per Alps Blockchain è stata l’ingresso di Azimut, noto fondo di investimenti italiano, nella compagine societaria. Ed è proprio questo investimento del valore di €40 milioni capitanato da Azimut che li ha portati a guardare oltre i confini italiani, in un percorso di diversificazione geografica che per molti miner pare quasi inevitabile. Alps Blockchain infatti sta attualmente valutando opportunità in altri paesi e nuove fonti di energia come il nucleare. Con la recente espansione in Paraguay e Ecuador, Alps Blockchain ha annunciato l’acquisto di nuovi ASIC per un valore totale di $32 milioni da Bitmain che si aggiunge ad un acquisto precedente da $25 millioni.
Il mining Bitcoin al servizio della rete elettrica
Uno dei punti di forza di Alps Blockchain è stato sin dall’inizio quello dell’utilizzo di energia rinnovabile. Il team è convinto degli incredibili vantaggi che il mining Bitcoin sia in grado di portare su queste infrastrutture esistenti, anche in un paese complicato come l’Italia. Grazie a incentivi e sussidi, vi e’ stata una significativa espansione in termini di energia rinnovabile nel Bel Paese negli ultimi anni, ma sembrerebbe non essere oro tutto quello che luccica. “Una volta terminati gli incentivi statali, il giochino non sta più in piedi” spiega Francesco. “E chi paga una volta terminati gli incentivi? I cittadini con le tasse!”.
Secondo Francesco, l’idea è quella di tornare a come si faceva nel passato, in cui queste centrali venivano costruite sulla base della domanda di energia elettrica che poi viene effettivamente consumata e non a causa di incentivi statali che vanno a distorcere il libero mercato.
Alps Blockchain si fa promotore di un cambio di paradigma in cui “non più energia al servizio del mining ma è il mining ad essere al servizio dell’energia”. Per capire meglio, ci propone un esempio dove il mining Bitcoin ha assorbito la produzione di energia elettrica di una centrale in Valle D’Aosta che doveva aspettare diversi anni prima di essere pienamente collegata alla rete elettrica regionale. Sembrerebbe ancora molto presto per grossi player come Enel, ma Francesco ci confessa che “già chiedono”.
Un’Azienda di Bitcoiner?
Alps Blockchain non è un’azienda particolarmente interessata agli aspetti sociali e politici di Bitcoin. Con la testa bassa e lo sguardo volto alla crescita, Francesco infatti spiega: “noi ci concentriamo sul migliorare l’infrastruttura con la consapevolezza che entro dieci anni Bitcoin sarà un tema diffuso e la gente lo utilizzerà senza neanche saperlo”. Senza entrare nei dettagli, Francesco è però convinto che “ci sarà sempre più sviluppo su questa tecnologia, sempre più novità e sempre più richiesta di potenza di calcolo.”