Energia e Bitcoin: spreco o innovazione?
Il consumo di energia di Bitcoin è da tempo al centro di un acceso dibattito. Alcuni lo considerano un eccessivo spreco di risorse, quasi inutile, mentre altri vedono un potenziale enorme dietro questa tecnologia.
Quando parliamo di consumo energetico, la prima cosa importante da capire è che il problema non è quanta energia venga consumata, ma come essa venga prodotta.
Se l’obiettivo futuro è consumare meno energia, allora la società di oggi non sopravvivrebbe a lungo. Lo sviluppo e il progresso umano vanno di pari passo con un aumento del consumo di energia.
In questo articolo cerchiamo di comprendere quale impatto potrebbe avere il mining di bitcoin nel settore energetico di oggi.
Indice
Perché Bitcoin consuma energia
L’impatto del mining nel settore energetico
Conclusione
Perché Bitcoin consuma energia
Per comprendere a pieno l’utilizzo di energia in Bitcoin occorre capire che cos’è il mining.
Bitcoin si basa su un protocollo di consenso distribuito chiamato Proof of Work (PoW). Questo protocollo richiede che i miner risolvano problemi matematici per confermare le transazioni e aggiornare il registro contabile decentralizzato, noto come blockchain. I miner svolgono questo lavoro per ottenere nuovi bitcoin come ricompensa. Questo processo richiede un notevole consumo di corrente elettrica, in quanto le macchine dei miner (note come ASIC), competono per risolvere questi puzzle crittografici, reiterando il procedimento più e più volte finché non trovano la soluzione corretta.
In sostanza, il consumo di corrente elettrica di Bitcoin viene criticato per due motivi principali:
Impatto ambientale: secondo gli “esperti”, gran parte dell’energia utilizzata per il mining di Bitcoin proviene da fonti fossili, come il carbone, che contribuiscono all’incremento delle emissioni di gas serra.
Spreco di risorse: alcuni ritengono che l’energia utilizzata per l’estrazione di nuovi bitcoin potrebbe essere meglio impiegata per scopi più utili, come l’alimentazione delle case o delle industrie.
Proviamo a smontare queste due affermazioni.
Per confutare la prima tesi servono dati statistici. Secondo i dati del Bitcoin Mining Council, associazione statunitense che raccoglie e rende pubblici dati di diverse mining farm, l’energia elettrica utilizzata per il mining di bitcoin deriva per il 59.9% da fonti rinnovabili. Questo rende l’industra Bitcoin la più pulita al mondo in termini di impatto ambientale.
Per quanto riguarda il secondo punto invece, bisognerebbe domandarsi: “Che cosa dà il diritto a qualcuno di giudicare se l’utilizzo di corrente elettrica in un determinato campo sia giusto o sbagliato?”
Utilizzare energia elettrica per far funzionare condizionatori, lavatrici, luci di natale è una cosa giusta o sbagliata? Non credo che spetti a qualcuno giudicarlo.
Inoltre, ricordiamo che il consumo di corrente elettrica per il mining di bitcoin permette:
alle persone cosiddette “unbanked” di partecipare al commercio online globale;
agli individui che vivono sotto governi opprimenti e dittatoriali di proteggere il loro diritto alla proprietà privata;
alle persone che vivono in un paese in guerra di scappare con parte del loro patrimonio;
alle persone che inviano denaro ai propri familiari all’estero di risparmiare commissioni.
L’impatto del mining nel settore energetico
Alcuni casi d’uso dimostrano come il mining di bitcoin potrebbe effettivamente risolvere alcuni problemi all’interno del settore energetico, più precisamente nella produzione di energia elettrica:
Stabilizzazione della produzione di energia: oggi le grandi centrali di produzione di corrente elettrica devono essere posizionate vicino a territori in cui c’è una grande domanda di energia elettrica, quindi zone residenziali o industrializzate.
Il minining di bitcoin, che ha l’obiettivo di trovare energia elettrica a basso costo per far funzionare le proprie macchine ed estrarre nuovi bitcoin, permette di compensare gli sbalzi di produzione di corrente, posizionandosi vicino alle centrali. Di fatto, oltre a produrre una moneta limitata, non corruttibile e spendibile, Bitcoin è riuscito anche a monetizzare la corrente elettrica.
Emblematico è quanto sta accadendo in Texas con l’azienda ERCOT, gestore della rete elettrica dello stato americano, e Riot Platforms, azienda di mining di bitcoin.
Quando l’energia elettrica prodotta da ERCOT è in esubero, Riot la compra a un prezzo basso e la utilizza per minare bitcoin; al contrario, quando la domanda di corrente elettrica da parte della rete aumenta notevolmente, Riot vende l’energia elettrica a ERCOT, che riacquista la corrente a un prezzo più alto, riuscendo così a soddisfare l’intera domanda della rete, evitando blackout e sanzioni.
In questo modo il mining di bitcoin assume il ruolo di acquirente di energia elettrica di ultima istanza.
Uso di energie rinnovabili: per sua natura il mining di bitcoin cerca fonti di energia a basso costo. Oggi, le fonti di energia più economiche sono l’energia in eccesso e le energie rinnovabili. Negli ultimi anni, molte aziende di mining di bitcoin si stanno spostando verso fonti di energia più sostenibili, come l’energia solare, eolica, geotermica o idroelettrica.
Conclusione
Il consumo di energia di Bitcoin è un argomento complesso che richiede continui studi e dati statistici per trarne una valutazione corretta e onesta.
Secondo le stime dell’università di Cambridge, oggi, il consumo di energia di Bitcoin è pari a 127.37 TWh all’anno. Nota che il consumo di energia elettrica non è equivalente all’emissione di CO2.
Inoltre, come abbiamo visto, il mining di bitcoin potrebbe risolvere alcuni problemi all’interno del settore energetico, come la stabilizzazione della produzione di energia elettrica.
Per di più, stiamo completamente trascurando un aspetto fondamentale di questa discussione: “Quanta energia è necessaria per mantenere l’attuale sistema finanziario e l’intero sistema del petrodollaro che Bitcoin può sostituire, disintermediando il sistema fiat?“
La risposta a questa domanda aprirebbe un lungo dibattito.
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