Il discorso globalista di Draghi all’UE invita una maggiore concentrazione del potere

Il discorso globalista di Draghi all’UE invita una maggiore concentrazione del potere

 

 

di Finn Andreen

Un discorso piuttosto rivelatore sul futuro dell’Unione Europea è stato tenuto a Bruxelles lo scorso 16 aprile da Mario Draghi, che un tempo era in lizza per diventare presidente della Commissione europea, in sostituzione della scandalosa Ursula von der Leyen e a cui invece è stato confermato un altro mandato. Draghi, l’ex-primo ministro italiano ed ex-capo della Banca Centrale Europea, ha fornito raccomandazioni per il futuro direttamente ai membri della Commissione Europea. Alla luce delle elezioni di quest’anno per il Parlamento europeo, il contenuto di questo discorso dovrebbe essere rimarcato perché esemplifica gran parte di ciò che oggi c’è di sbagliato nella linea di politica dell’Unione Europea.

Il discorso si intitolava “Un cambiamento radicale: è ciò che serve”, una dichiarazione d’intenti considerando il triste percorso che sta attualmente percorrendo l’UE. Sarebbe infatti un “cambiamento radicale” nell’attuale contesto politico consentire più libertà, meno regolamentazione, meno ridistribuzione e meno tassazione per far ripartire l’Europa dal punto di vista economico. Non sorprende che questo non sia affatto ciò che Draghi avesse in mente dal momento che è uno statalista in tutto e per tutto. Ciò che invece propone è ancora più interventismo.

Soluzioni sbagliate alla mancanza di competitività

Draghi lamenta le difficoltà incontrate dall’UE nel gestire la concorrenza, nonostante quella che definisce una “strategia deliberata volta ad abbassare i costi salariali l’uno rispetto all’altro”. I risultati non sono convincenti poiché anche le statistiche dell’UE concludono che “all’interno dell’area Euro il costo orario del lavoro è aumentato in tutti gli stati membri dell’UE”. Va ricordato che un libero mercato (cioè, non l’UE) tende a cancellare le differenze salariali e di prezzo nel tempo attraverso il flusso di capitale e lavoro; quando lo stato cerca di forzare questo processo, ciò porta solo a costi aggiuntivi.

Draghi si lamenta inoltre della terribile situazione della competitività dell’UE nelle tecnologie all’avanguardia, ma sono le condizioni normative e fiscali dell’UE a soffocare l’innovazione. Per quanto sbagliasse a generalizzare, ci sono grandi differenze regionali all’interno dell’UE proprio per questi motivi. Le aree con ambienti di start-up fiorenti dovrebbero essere premiate consentendo loro di attrarre capitali e talenti secondo i principi del libero mercato.

Invece di collegare l’innovazione e gli investimenti con il libero mercato, dice Draghi

l’UE dispone di risparmi privati ​​molto elevati, ma sono per lo più incanalati nei depositi bancari e non finiscono per finanziare la crescita come invece accadrebbe in un mercato dei capitali più ampio. Questo è il motivo per cui il progresso dell’Unione dei mercati e dei capitali (UMC) è una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività.

Secondo l’UE l’unione dei mercati e dei capitali è “un’iniziativa per creare un mercato unico dei capitali in tutta l’UE” e che deve essere utilizzato, secondo l’ex-primo ministro italiano Enrico Letta, “per tirare migliaia di miliardi fuori dai materassi del blocco europeo offrendo ai risparmiatori un modo più semplice per investire in azioni”.

Questa proposta non sorprende, poiché le attuali istituzioni europee che spendono e stampano denaro stanno spudoratamente cercando modi per accedere ai risparmi personali in tutta l’UE. L’ufficio del presidente francese Emmanuel Macron, pienamente allineato con l’UE, ha dichiarato che “il risparmio delle famiglie dovrebbe finanziare più direttamente gli investimenti di cui abbiamo bisogno per rilanciare la nostra competitività”. Inoltre, come ha anche affermato un think tank favorevole all’UE: “L’Unione Europea dispone di €33.500 miliardi in risparmi delle famiglie, ovvero un quarto del suo PIL collettivo, ma gran parte di questo denaro è bloccato nelle banche perché le famiglie preferiscono i contanti rispetto agli investimenti”. Le parole “seduto” e “bloccato” parlano di istituzioni che non solo vogliono prima o poi sbarazzarsi del denaro contante per un maggiore controllo, ma che vogliono soprattutto utilizzare i risparmi delle famiglie per compensare le rigide e fallimentari linee di politica dell’UE che per decenni hanno soffocato investimenti e competitività.

Persino il Financial Times ha riconosciuto che “la competitività e l’unione dei mercati e dei capitali sono il logoro standard dei comunicati dell’UE. L’enfasi sulla competitività è un riflesso del difficile contesto geoeconomico. Promettere l’unione dei mercati e dei capitali elude la questione del prestito comune dell’UE”.

A causa della sua agenda politica a favore della concentrazione del potere a Bruxelles, Draghi ignora il fatto che, come scrisse Ludwig von Mises: “Il denaro non è mai inattivo”. I depositi non solo riflettono le inclinazioni naturali e variabili degli individui al risparmio, ma “se il singolo risparmiatore impiega i risparmi per aumentare la sua liquidità perché questa è ai suoi occhi la modalità più vantaggiosa di utilizzarli, stimola un calo dei prezzi delle materie prime e un aumento del potere d’acquisto dell’unità monetaria”. Pertanto in una società libera (cioè non nell’Unione Europea) il risparmio svolge un ruolo importante e non dovrebbe essere compito di alcuna istituzione governativa manipolarlo o disincentivarlo.

Incolpare il resto del mondo

Queste proposte per migliorare la competitività sono state formulate da Draghi nel contesto di una grande lotta di potere a tre, tra Stati Uniti, UE e Cina. Tuttavia una tale competizione geopolitica non può essere nell’interesse dei consumatori europei, i quali vedrebbero ulteriori restrizioni al libero scambio con le aziende delle altre due nazioni. L’unica competizione naturale è economica – non politica – ed esiste tra imprese e individui nel libero mercato. L’obiettivo dell’UE è quello di entrare in una grande rivalità contro Stati Uniti e Cina, o è quello di consentire agli europei di prosperare in pace? Sembra chiaro che per Draghi e la Commissione Europea sia la prima.

Lo status del progetto europeo, sempre più moribondo, viene quindi implicitamente attribuito da Draghi a forze esterne, in particolare alla Cina, ma sempre più anche agli Stati Uniti. È invece il dilagante interventismo statalista in quasi tutti i settori della vita economica e sociale dell’UE a essere alla radice di tutti i suoi problemi. Draghi afferma che “altre regioni non rispettano più le regole e stanno elaborando linee di politica per migliorare la loro posizione competitiva”. Infatti per molti decenni il sostegno statale alle industrie nazionali è stato uno strumento politico primario dai governi occidentali, per non parlare del fatto che l’UE non è per nulla innocente quando si tratta di fare uno strappo alle “regole”.

L’obiettivo è concentrare il potere politico

L’agenda globalista dell’Unione Europea, costantemente sostenuta dall’idea hegeliana dello “Stato universale omogeneo”, è palesemente evidente nel discorso di Draghi. Segni di questa agenda sono ovunque, come quando sollecita “la standardizzazione dei dati dei pazienti dell’UE” o “ad accettare un approccio comune” nel settore energetico, o quando spinge sulla “capacità di prestito comune dell’UE”. Le sue proposte tendono tutte alla centralizzazione del potere nell’UE e all’ulteriore indebolimento della sovranità degli stati membri. Ciò è chiaro quando parla della necessità di “abilitare la scalabilità” e quando si lamenta della “mancanza di scalabilità” e del fatto che “la frammentazione ci impedisce di progredire”. Queste e altre proposte vengono utilizzate da Draghi per giustificare la concentrazione di maggiore potere nelle mani dei burocrati a Bruxelles.

Il successo dell’Europa non dipende da tali linee di politica. Al contrario, non faranno altro che stimolare la spesa pubblica e gonfiare l’amministrazione statale, mentre faranno poco per i veri imprenditori che sono la spina dorsale delle economie europee. C’è davvero bisogno di maggiore competitività in Europa, ma ciò può essere raggiunto solo se l’UE e gli stati nazionali iniziano ad allentare la loro stretta mortale sull’economia europea.

È ovvio che l’UE è andata oltre il suo obiettivo originario di garantire le quattro libertà nelle nazioni europee. Oggi, dopo le ratifiche antidemocratiche del trattato di Maastricht del 1992 e del trattato di Lisbona del 2008, Draghi conferma che l’UE sta portando avanti la sua agenda di controllo globalista. Questo era il vero scopo delle elezioni parlamentari europee del mese scorso.

Il progetto dell’UE e i governi europei che lo hanno sostenuto hanno devastato l’intera civiltà europea attraverso decenni di linee di politica coercitive. Se si vuole che l’Europa risorga economicamente, scientificamente e culturalmente, è necessario prima rimuovere i pesi politici che ne soffocano l’economia.

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/

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