La concorrenza in economia è diversa da una lotta darwiniana
La maggior parte delle persone considera il profitto come il risultato dello sfruttamento di alcuni su altri. Il profitto, però, non ha nulla a che fare con lo sfruttamento: riguarda l’uso più efficiente dei risparmi reali. Dovrebbe essere visto come un indicatore del fatto che essi siano impiegati nel miglior modo possibile o meno. Ovviamente un’espansione del bacino dei risparmi reali, il cuore della crescita economica e si manifesta attraverso i profitti, dovrebbe essere considerata il fattore chiave per innalzare il tenore di vita degli individui. Il profitto o la perdita possono essere accertati solo in un’economia di mercato in cui i prezzi dei beni e dei vari fattori di produzione sono stabiliti dall’interazione volontaria degli individui. Intuendo la discrepanza tra il prezzo di certi fattori di produzione e il valore potenziale che può emergere dalla loro trasformazione, un imprenditore la rimuove e quindi il suo premio è “il profitto”. Ma affinché un imprenditore possa realizzare profitti, deve anticipare le preferenze dei consumatori e di conseguenza investire in anticipo sulla propria idea. Attraverso la previsione accurata delle esigenze future dei consumatori, le aziende assegnano risparmi reali alla creazione di quell’infrastruttura che consentirà loro di soddisfare suddette esigenze. La pianificazione e la ricerca, tuttavia, non possono mai garantire i profitti, dato che diversi eventi imprevisti possono sconvolgere le previsioni. Gli errori, che portano a perdite, sono una parte essenziale degli strumenti di navigazione che dirigono il processo di allocazione delle risorse in un ambiente incerto. L’incertezza fa parte dell’ambiente umano e costringe gli individui ad adottare adeguate contromisure. Infatti profitti e perdite sono gli strumenti attraverso i quali i consumatori affidano la direzione delle attività produttive nelle mani di coloro che sono più adatti a servirli. Pertanto tutte quelle linee di politica intraprese per ridurre o confiscare i profitti compromettono questa funzione. In un contesto di interferenze da parte dello stato e delle banche centrali, la conseguente distorsione dei prezzi rende molto più difficile misurare se le imprese stanno realizzando profitti o meno. Di conseguenza diventa un compito arduo capire chi crea ricchezza reale da chi la spreca invece, andando a sconquassare la comunicazione imprenditori-consumatori e a intasare il panorama economico di errori che poi dovranno essere corretti.
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di Gary Galles
Coloro che promuovono l’idea che il capitalismo sia un sistema “cane mangia cane” iniziano la loro storia in un mondo con una quantità di risorse fissa o “data”. Ciò ha senso se parliamo di specie non umane perché non espandono le risorse disponibili per gli altri della loro specie. Di conseguenza la concorrenza è solo dal lato del consumo, dove ciò che uno guadagna, l’altro perde. Tuttavia questo ragionamento presupporre un mondo di risorse “date”, il che è enormemente fuorviante se si prende in considerazione le persone.
Concorrenza volontaria nella produzione
La ragione è che in una società capitalista la concorrenza nella produzione precede quella nel consumo, e la concorrenza nella produzione è la chiave. Bisogna prima produrre affinché gli altri guadagnino le risorse necessarie a finanziare i nostri desideri di consumo. Poiché in un mercato libero tale processo dev’essere volontario, come affermò da Murray Rothbard:
Un essere umano guadagna solo servendone un altro […] attraverso la cooperazione pacifica […] attraverso lo sviluppo della divisione del lavoro e dell’investimento di capitale.
I mercati costringono le persone a competere innanzitutto nella produzione, a cercare modi per avvantaggiare gli altri come modi indiretti per avvantaggiare sé stessi, a differenza di coloro che cercano di consumare a spese degli altri invece. Come ha scritto Sheldon Richman:
la competizione che si svolge sul mercato non è, per la maggior parte, competizione nel consumo, ma piuttosto competizione nella produzione […] competiamo per consumare competendo per produrre.
Nei mercati le persone competono e prosperano aumentando il valore dei beni e dei servizi prodotti più di quanto ricevono in cambio, soprattutto attraverso nuove idee e innovazione. E se io riesco a produrre un widget “nuovo e migliorato” per $10 e a venderlo per $11 a qualcuno che lo valuta a $12, altri riceveranno un valore maggiore nello stesso momento in cui traggo profitto dallo scambio.
Come George Reisman ha descritto il risultato:
L’essere umano, in virtù del suo possesso della ragione, può aumentare l’offerta di tutto ciò da cui dipendono la sua sopravvivenza e il suo benessere. Quindi […] la competizione in economia in un ambiente capitalista è una competizione tra chi può aumentare maggiormente l’offerta di cose […] offrendo i prodotti migliori e più economici che le loro menti possano ideare […] nella creazione positiva di nuova e aggiuntiva ricchezza.
Un altro modo di dirlo è che nei mercati la concorrenza nella produzione premia coloro che meglio cooperano con i consumatori. Gli individui competono per consumare espandendo la produzione e la ricchezza per gli altri.
La cooperazione viene premiata
Nella competizione economica chiunque può offrirsi di collaborare a condizioni stabilite e accettabili. Tale processo premia coloro che sono maggiormente in grado di soddisfare i desideri dei consumatori, chiunque essi siano. La competizione supera le restrizioni erette contro coloro che si offrirebbero volentieri di cooperare a condizioni migliori, aprendo a migliori opportunità per coloro che saprebbero fare meglio se ne avessero la possibilità. Favorisce, quindi, coloro che sono più capaci di servire gli altri.
Inoltre i mercati forniscono una ricompensa speciale per produrre ciò che “le masse” vogliono e sono disposte a pagare, in modo che tali “benefattori” possano staccare un guadagno dato che forniscono grandi benefici agli altri e non a spese degli altri. In questo modo la concorrenza nella produzione è, di fatto, la principale forza edificante per i poveri, non un mezzo per calpestarli.
Il capitalismo inoltre ovvia alla necessità per coloro che vorrebbero servire gli altri di ottenere il permesso di produrre da parte di qualche pianificatore centrale. Poiché tutto ciò che serve per acquisire le risorse è convincere un numero sufficiente di investitori che un progetto è in grado di apportare benefici sufficienti ad altri, misurati in base ai profitti potenziali, ciò aumenta notevolmente la gamma di idee e approcci che possono essere testati sul mercato, il che aumenta l’intensità della concorrenza nella produzione a vantaggio di tutti i consumatori.
Inoltre la competizione nella produzione ha creato una cornucopia di investimenti, ricchezza e tecnologia che ci ha reso tutti più produttivi, per non parlare di tutti i miracoli medici che ora salvano persone altrimenti “non idonee”.
Concorrenza antidarwinistica
Per riconoscere l’importanza della concorrenza nella produzione volta a soddisfare i desideri degli altri, basta guardare alle imposizioni statali di tetti ai prezzi (come il controllo dei prezzi degli affitti) e alle restrizioni normative che prevalgono sui prezzi e sugli accordi di mercato volontari: in questo modo si capisce come indeboliscano la stabilità dei produttori e i relativi incentivi per fornire ciò che i consumatori desiderano.
Come ha riconosciuto anche William Graham Sumner:
Libertà significa la sicurezza data a ciascun uomo di […] disporre dei prodotti esclusivamente come preferisce. È impossibile sapere donde si possa ricavare una definizione o un criterio di giustizia, se non la si deduce da questa visione delle cose; e se non è la definizione di giustizia che ciascuno possa godere del frutto del proprio lavoro e della propria abnegazione, qual è allora?
Tuttavia gli accaniti accusatori del capitalismo negherebbero alla gente questo frutto duramente guadagnato, pertanto la soluzione è nella libertà e nella proprietà privata:
lasciare che ogni essere umano conduca la propria vita a modo suo, garantendogli soltanto che qualunque cosa faccia in termini di industria, economia, prudenza, buon giudizio, ecc., ricadrà sul suo benessere e non sarà dirottata a beneficio di qualcun altro.
C’è un abisso tra la storia che ci racconta la pletora di critici “cane mangia cane” e il fatto che il capitalismo non abbia eguali quando si tratta di fornire beni e servizi più abbondanti, e quindi più economici, per tutti. Praticamente tutti sopravvivono meglio, rendendo la concorrenza nella produzione antidarwinistica. Infatti a differenza di una lotta darwiniana in cui gli altri (nel loro unico ruolo di consumatori) sono nemici, la concorrenza nella produzione rende i produttori i migliori amici dei consumatori.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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