La fallacia di Montaigne
Con il mondo che si muove sempre più nella direzione del protezionismo commerciale e della guerra, vale la pena ricordare l’origine degli errori su cui si basano questi movimenti.
A Michel Montaigne, politico e scrittore del XVI secolo, viene attribuita la visione illogica secondo cui il commercio e lo scambio fanno sì che una persona vinca e l’altra perda. Oggi questa visione è chiamata “pensiero a somma zero”. L’errore è alla base delle linee di politica commerciali protezionistiche dell’ex-presidente Donald Trump e delle linee di politica commerciali protezionistiche del presidente Joe Biden, nonché di tutta una serie di linee di politica governative irrazionali, dalla “protezione dei posti di lavoro” alla guerra.
Montaigne visse ai tempi d’oro del re Luigi XIV, del ministro dell’economia francese Jean Baptiste Colbert e del periodo d’oro del mercantilismo, un miscuglio di protezionismo, colonialismo, schiavitù e ascesa del potere statale centrale. In quanto “filosofo”, Montaigne era uno scettico che non credeva nel potere della ragione e della logica umana, nella possibilità della verità, nella bontà della natura o nell’esistenza di qualsiasi tipo di Dio. Nonostante la sua “filosofia”, credeva nelle apparenze della religione e nel monopolio della Chiesa cattolica, nonché nel potere completo e illimitato dello stato.
Senza accesso alla ragione umana e senza speranza di scoprire la verità sulla natura dell’essere umano, come ci si potrebbe opporre a qualcosa nell’ordine esistente delle cose? L’obbedienza cieca era la sua regola. A quanto pare lo status quo è sempre perfetto e non potremmo mai sapere nient’altro.
Non sorprende che fosse anche un convinto machiavellico. Mentre tutti possiamo vedere che la menzogna e l’inganno sono una parte normale e deplorevole della politica e dello stato, Montaigne vedeva tali vizi in una luce positiva come “il filo che tiene insieme la nostra società” e come “veleni per preservare la nostra salute”.
Considerava le interazioni volontarie quotidiane delle persone come battaglie mortali e morali, e il commercio tra le nazioni come atti di guerra. Il suo scritto più famoso, il Saggio numero 22, è provocatoriamente intitolato “La situazione difficile di un essere umano è il vantaggio di un altro”. Non importa se la conclusione filosofica più ovvia e più generalizzabile sia quella in cui dallo scambio emergono vantaggi e benefici reciproci.
Nell’errore di Montaigne l’impresario di pompe funebri trae un vantaggio a spese delle persone che muoiono, il contadino trae vantaggio dagli affamati, i medici traggono vantaggio dai malati e i sarti traggono vantaggio da coloro che sono nudi.
Montaigne e il suo errore fanno un grande salto illogico rispetto a due fatti: nessuno di questi uomini d’affari crea problemi come la fame e la morte, e invece aiutano le persone ad affrontare o risolverli. Non è una somma zero tra vincitori e vinti; entrambe le parti traggono beneficio, guadagno, profitto e sono soddisfatte da tali scambi.
Il mondo “cane mangia cane” di Montaigne è in realtà un mondo di cooperazione diffusa e di reciproco vantaggio.
Al grande economista austriaco Ludwig von Mises viene spesso attribuito il merito di aver etichettato il pensiero a somma zero come il “dogma o errore di Montaigne”. Egli spiegò l’errore in termini “non filosofici” in modo che tutti potessero facilmente comprenderlo:
Ciò che produce il profitto di un essere umano nel corso degli affari all’interno di una società di mercato senza ostacoli, non è la condizione e l’angoscia del suo concittadino bensì il fatto che egli allevia o rimuove completamente ciò che causa il sentimento di disagio in quest’ultimo. Ciò che fa male al malato è la peste, non il medico che cura la malattia. Il guadagno del medico non è il risultato delle epidemie, ma dell’aiuto che offre alle persone colpite. La fonte ultima dei profitti è sempre la previsione delle condizioni future. Coloro che riescono meglio degli altri ad anticipare gli eventi futuri e ad adattare le proprie attività alla futura situazione del mercato ne traggono profitto, perché sono in grado di soddisfare i bisogni più urgenti della popolazione.
La sua logica è molto convincente in termini di rapporti quotidiani, ciononostante è importante ricordare che Mises era più preoccupato per l’errore di Montaigne a livello internazionale, dove le parole illogiche possono rapidamente trasformarsi in guerre.
Rimproverando Voltaire, Mises scrisse: “L’affermazione secondo cui il vantaggio di un essere umano è il danno di un altro è valida per quanto riguarda la rapina, la guerra e il saccheggio. Il bottino del ladro è il danno della vittima derubata, ma la guerra e il commercio sono due cose diverse”.
Lo spirito di conquista applicato al commercio è stato abbracciato dai leader politici e i loro sostenitori hanno impedito un ordine mondiale veramente pacifico e prospero. “È mostruoso che l’imperatore Napoleone III abbia scritto: ‘La quantità di merci che un Paese esporta è sempre direttamente proporzionale al numero di proiettili che può scaricare sui suoi nemici ogni volta che il suo onore e la sua dignità lo richiedono’”. Le argomentazioni a favore del protezionismo di vario tipo sono spesso allettanti, infatti l’inganno e l’offuscamento sono risultati telefonati quando c’è da guadagnarci per coloro che sfruttano una posizione di privilegio governativa. Le allusioni al patriottismo, ai lavori ben pagati e agli stranieri che fanno il doppio gioco possono essere subdoli, ciononostante efficaci nel convincere e fuorviare le persone.
La soluzione inizia con il nostro impegno personale nei confronti dell’ideologia liberale della pace e di un libero mercato.
Con entrambi i candidati alla presidenza degli Stati Uniti saldamente attaccati al dogma di Montaigne, non dobbiamo illuderci riguardo al risultato, ma piuttosto dovremmo prepararci a seguire il consiglio di Mises: “Svelare le fonti della popolarità di questa (fallacia) e altre illusioni ed errori simili”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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