Le buone letture di Freedonia: una palestra per sviluppare il proprio vantaggio comeptitivo

Le buone letture di Freedonia: una palestra per sviluppare il proprio vantaggio comeptitivo

 

 

di Francesco Simoncelli

È confortante festeggiare con voi, cari lettori, il quattordicesimo anno di pubblicazioni di questo spazio divulgativo. Confortante perché, dati i tempi bui che corrono veloci oggigiorno, un’isola di consapevolezza si è trasformata nel tempo in un continente. Grazie al vostro supporto, infatti, il mio blog sta resistendo alla prova del tempo e, soprattutto, è riuscito a creare indirettamente una rete di conoscenza capace di fornire aiuto a tutti coloro che ancora brancolavano nel buio. Il trampolino di lancio verso una maggiore comprensione delle meccaniche alla base dell’economia e della geopolitica è senza dubbio la Scuola Austriaca, soprattutto per la metodologia d’indagine che insegna attraverso la prasseologia. La riscoperta dei fondamenti di logica rappresenta essa stessa un vantaggio competitivo verso coloro che invece accettano passivi la dissonanza cognitiva che risuona più forte, ormai, da 4 anni a questa parte. Ecco, se dovessi citare un solo tipo di valore aggiunto offerto dal mio blog è precisamente il vantaggio competitivo: la possibilità di costruire una posizione di superiore capacità strategica rispetto a tutti coloro che invece ignorando la direzione verso sui sta precipitando l’ambiente socioeconomico.

Per quanto cinico possa sembrare, avere un vantaggio competitivo rispetto agli altri significa arretrare lungo la fila di coloro che vengono sacrificati sull’altare della race to the bottom tra i vari stati mondiali. Costruire una posizione di vantaggio richiede pazienza, tempo e costanza; tutte virtù che invece sono scoraggiate da frenesia, polarizzazioni e incostanza, i beni di consumo intellettuali più venduti dalla narrativa generalista. In questo modo il senso critico viene sottosviluppato e ci si affida per l’interpretazione e la percezione della realtà a chi si suppone sia in possesso di una conoscenza in qualche modo superiore. Il presupposto plausibile secondo cui risparmiare tempo e accedere a un pacchetto di informazioni già “ragionato” e prontamente assimilabile è allettante, ma, inutile dire, porta con sé i semi della deresponsabilizzazione e di una fiducia incondizionata nei confronti di presunti “esperti del settore” (vi ricordate i “professionisti dell’informazione”, sì?). Un esempio recente è un articolo sull’innalzamento dei mari, dove, così come per il periodo della pandemia, vengono implementati trucchi statistici per far dire ai numeri ciò che si vuole. Infatti il metodo scientifico è una cosa, mentre l’industria scientifica è un’altra: se si segue la logica, si scoprirà che la letteratura scientifica è in disaccordo con quanto si dice a livello di media generalisti riguardo l’innalzamento dei mari accelerante.

Oppure prendiamo un altro esempio, quello più recente degli incentivi auto. Cosa si vede? Viene stimolato un settore specifico dell’economia aspettandosi un effetto a cascata sugli altri. Cosa NON si vede? Si sottraggono arbitrariamente risorse da altri settori i quali vedono ridimensionarsi o peggio vanno in bancarotta, contraendo l’offerta di beni esistenti. Man mano che lo stimolo fiscale si fa strada nell’economia più ampia i prezzi aumentano in modo disordinato, non solo ma essi sono sottoposti a un’ulteriore spinta al rialzo dovuta alla suddetta contrazione dell’offerta. I sussidi, quindi, per quanto possano sembrare fare bene nel breve termine, sono un veleno nel medio-lungo termine.

Arriviamo, quindi, a mettere dei paletti: lo scambio tra individui è assolutamente volontario, spinto dall’azione di entrambi di trovare un miglioramento per il proprio standard di vita. Il principio assiomatico di partenza è sempre lo stesso, ovvero, quello dell’azione umana, affiancato da un altro principio assiomatico, stavolta di natura etico/morale, che è quello del principio di non aggressione. L’apriorismo di quest’ultimo è dato dal fatto che la cooperazione umana è stata l’arma vincente che ha permesso agli esseri umani di sconfiggere lo stato di natura. Di conseguenza una riduzione del conflitto e una massimizzazione di azioni reciprocamente vantaggiose rappresentano la via sicura verso prosperità e crescita. Tale punto di partenza, per quanto teorico possa essere o sembrare, è inviolabile concettualmente e quindi sempre vero. Inutile dire, poi, che esiste la pratica ed essa, per quanto possa essere mutevole, non può violare suddetti principi. Si può spostare l’equilibrio tra azioni reciprocamente vantaggiose e conflitti, ma ciò significa direzionarsi inevitabilmente verso decrescita, stagnazione economica e regressione produttiva. La miopia di fronte a questa deriva significa un’erosione del bacino della ricchezza reale, con tutte le conseguenze del caso per gli standard di vita delle persone. E qual è quell’istituzione che prospera maggiormente da una situazione di conflittualità? Lo stato, dato che la burocrazia è chiamata a “risolvere” i conflitti. Il crowding-out delle risorse economiche scarse da parte dell’apparato statale va a ridurre inevitabilmente la torta economica esistente, fino ad arrivare a un punto in cui non viene creata più bensì dev’essere ridistribuita quella esistente. Allora il circolo vizioso della burocrazia si espande e la gravitazione di maggiori risorse alla sua espansione genera a sua volta più conflitti.

Questa è, fondamentalmente, la spiegazione alla base della presunta discordia (in ambito economico) che esiste tra gli individui, nonché la necessità di svalutare la valuta nel tempo, la tassazione per tenere in piedi il circo dei bond sovrani e la sottrazione silenziosa di energia/tempo alla classe media.

L’impalcatura intellettuale e d’indagine metodologica qui riassunta serve a mostrare la potenza che ha il ragionamento logico riconquistato e il ritorno della percezione della realtà negli occhi di chi osserva, non di chi viene osservato. Ovviamente è un percorso che richiede un certo grado d’impegno per essere assorbito, soprattutto perché, come Socrate insegnava, è necessario un lavoro di decostruzione delle presunte verità che si sono assimilate in precedenza e successivamente un percorso di costruzione di quelle acquisite ex novo. Immaginate, quindi, questo spazio d’informazione come una sorta di palestra per allenare il proprio spirito critico e confrontarsi con la realtà dei fatti e non con la realtà che vorremmo credere sia reale.

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