Le parole del più celebre ex-Bitcoiner

Quella che segue è la traduzione della prefazione di Nicholas Nassim Taleb al noto libro di Saifedean Ammous “Il Bitcoin standard”.

Oltre alle loro comuni radici libanesi, Taleb e Ammous sono stati accomunati anche da idee simili per quanto riguarda Bitcoin, l’economia, e l’alimentazione.

Nonostante Taleb abbia poi improvvisamente cambiato idea su Bitcoin (qui il suo celebre Black Paper), la sua prefazione al libro rimane un contributo di interesse storico che abbiamo quindi ritenuto meritevole di essere tradotta e pubblicata.

Solo le edizioni vecchie del libro di Ammous contengono questa prefazione e le edizioni più recenti hanno invece una prefazione di Michael Saylor.


Prefazione

di Nicholas Nassim Taleb

Cerchiamo di capire la logica delle cose dall’inizio. Anzi, dalla fine: i tempi moderni. Mentre scrivo queste righe, si sta assistendo ad una rivolta contro una certa classe di esperti, in campi che sono troppo difficili da capire a pieno. Un ottimo esempio è l’economia, in cui non solo gli esperti non sono esperti, ma non ne sono neppure consapevoli.

Che Greenspan e Bernanke, i precedenti capoccia della Federal Reserve, non siano stati in grado di comprendere molto della realtà empirica è qualcosa che si è scoperto solo troppo tardi: le macro-supercazzole tendono a persistere più a lungo rispetto alle micro-supercazzole, e dobbiamo stare attenti a chi affidiamo le importanti macro-decisioni nelle nostre società.

A peggiorare le cose è il fatto che tutte le banche centrali abbiano sempre operato utilizzando questo stesso modello (quello delle supercazzole, NdR), producendo così una perfetta monocultura.

In campi complessi, la competenza non si dovrebbe concentrare: in natura, le cose funzionano in modo distribuito, come è stato dimostrato in modo persuasivo da F. A. Hayek. Ma Hayek ha utilizzato la nozione di conoscenza distribuita. Dunque, non si dovrebbe nemmeno aver bisogno della componente “conoscenza” perché le cose possano funzionare bene. Né dovremmo avere bisogno del razionalismo individuale. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è struttura.

Questo significa che non tutti i partecipanti debbano necessariamente – e democraticamente – avere un ruolo nel prendere le decisioni. Un partecipante motivato può spostare l’ago della bilancia in modo sproporzionato (la dittatura della minoranza di cui mi sono occupato in passato). Ma quello che conta è che ogni partecipante ha la possibilità di essere quel giocatore lì.

In qualche modo, attraverso un processo di ridimensionamento, emerge qualcosa di miracoloso: i mercati razionali non necessitano di singoli operatori razionali. Questi mercati funzionano bene anche con una popolazione che ha intelligenza zero. Con adeguati ritocchi, questo sistema funzionerà meglio di una gestione in stile sovietico che però è composta da individui estremamente intelligenti.

Ecco perché Bitcoin è un’idea straordinaria. Soddisfa le esigenze di un sistema complesso, non perché sia una criptovaluta, ma proprio perché non ha un’autorità che ne possa decidere le sorti. È di proprietà della gente, dei suoi utenti. Ed è esistito per molti anni ormai, abbastanza per essere considerato un animale a sé stante.

E affinché altre criptovalute possano competere, devono avere una tale proprietà Hayekiana.

Bitcoin è una valuta senza governo. E uno potrebbe chiedere se oro, argento e altri metalli, non costituissero già una categoria di valute senza governo. Ma le cose non stanno proprio così. Quando compri o vendi oro, stai semplicemente scambiando dei titoli su un bene che è detenuto fisicamente. Le banche custodiscono l’oro e i governi controllano le banche (o, meglio, i banchieri e i funzionari governativi sono, per dirla in modo elegante, strettamente legati tra loro). Quindi Bitcoin ha un enorme vantaggio sull’oro: la sua liquidazione non richiede un custode. E nessun governo può controllare quali chiavi private hai in testa.

Bitcoin andrà a singhiozzo. Potrebbe fallire, ma poi sarà facilmente reinventato perché sappiamo come funziona. Al momento potrebbe non essere conveniente per le transazioni di tutti i giorni, non abbastanza per pagare un caffè al bar. Per ora, potrebbe essere troppo volatile per essere considerata una valuta. Ma è la prima moneta ad emergere dal basso in maniera organica.

La sua mera esistenza è una polizza assicurativa che ogni giorno ricorda ai governi che il denaro, l’ultima cosa che l’establishment poteva controllare, non è più di loro monopolio. Questo dà a noi, il popolo, una polizza assicurativa contro un futuro Orwelliano.