Perché le persone comuni amano i dittatori

 

 

di Barry Brownstein

Cicerone diceva che la storia “fa luce sulla realtà ed è una guida alla vita”; la saggezza acquisita comprendendo il passato aiuta a evitare che si ripetano gli stessi errori.

Sebastian Haffner ha cercato di rispondere alle domande su come i nazisti salirono al potere in Germania e perché il popolo tedesco non li fermò. Nel 1939 scrisse, ma non lo finì mai, il suo libro parzialmente autobiografico intitolato Defying Hitler: A Memoir. L’analisi approfondita di Haffner lo portò a concludere che le scelte e la mentalità dei tedeschi comuni furono responsabili dell’ascesa al potere di Hitler.

Haffner era lo pseudonimo di Raimund Pretzel e ricevette una formazione come avvocato, ma le circostanze lo costrinsero a intraprendere la carriera di storico e giornalista. Fuggì dalla Germania nazista verso l’Inghilterra nel 1938.

Perché dovremmo preoccuparci della spiegazione di Haffner degli eventi storici in termini di mentalità della gente comune? Dopotutto, come scrisse lui stesso, la teoria dell’uomo forte nella storia è ampiamente condivisa:

Se si leggono i normali libri di storia – che, spesso trascurati, contengono solo lo schema degli eventi, non gli eventi stessi – si ha l’impressione che non siano coinvolte più di qualche dozzina di persone, che guarda caso sono “al timone della nave dello stato” e le cui azioni e decisioni formano quella che viene chiamata storia.

Se cercate gli uomini forti, scrisse Haffner, crederete che la storia degli anni ’30 “sia una specie di partita a scacchi tra Hitler, Mussolini, Chiang Kai-shek, Roosevelt, Chamberlain, Daladier e un certo numero di altri uomini i cui i nomi sono sulla bocca di tutti”.

Quando accettiamo la teoria dell’uomo forte, le persone comuni hanno poche responsabilità; sono viste come “anonimi [che] nella migliore delle ipotesi sono gli oggetti della storia, pedine nel gioco degli scacchi, che possono essere spinte avanti o indietro, sacrificate o catturate”.

Haffner rifiutò il principio dell’uomo forte e articolò “la semplice verità” secondo cui “tra noi, le masse anonime, accadono eventi storici decisivi”:

I dittatori, i ministri e i generali più potenti sono impotenti di fronte alle decisioni simultanee di massa prese individualmente e quasi inconsciamente dalla popolazione in generale. La caratteristica di queste decisioni è che non si manifestano come movimenti o manifestazioni di massa. Le assemblee di massa sono del tutto incapaci di agire in modo indipendente.

Haffner nacque nel 1907. La sua esperienza da scolaro durante la prima guerra mondiale ne plasmò il modo di pensare: “Dal 1914 al 1918 una generazione di scolari tedeschi ha vissuto quotidianamente la guerra come un grande, emozionante, avvincente gioco tra le nazioni, che ha fornito più eccitazione e soddisfazione emotiva di qualsiasi cosa la pace potesse offrire”.

Per gli scolari, la vita reale sembrava troppo ordinaria: “Uno andava a scuola, imparava a leggere, a scrivere e a far di conto, e poi il latino e la storia; giocava con gli amici, usciva con i genitori – ma era vita quella? La vita invece ha tratto il suo brivido, il giorno il suo colore, dagli attuali eventi militari”.

Haffner si descriveva come “un tifoso della guerra proprio come si è un tifoso del calcio”; non si lasciava coinvolgere in campagne d’odio, ma provava un certo “fascino per il gioco della guerra, in cui, secondo certe regole misteriose, il numero dei prigionieri presi, delle miglia avanzate, delle fortificazioni conquistate e delle navi affondate giocavano un ruolo decisivo come un goal nel calcio e i punti nel pugilato”.

Gli atteggiamenti bellici inculcati nelle menti di quegli scolari furono i precursori “dell’entusiasmo per l’azione” dei nazisti e della “sua intolleranza e crudeltà verso gli oppositori interni”.

I potenziali “Hitler” sono sempre vissuti tra noi, ma l’Inghilterra e la Francia non si sono rivolte a uno di essi. Cosa c’era di diverso in Germania?

Dopo la prima guerra mondiale in Germania la pace arrivò con l’iperinflazione, fenomeno che cancellò ogni ricchezza. Haffner descrisse quella che gli economisti Austriaci chiamerebbero una preferenza temporale elevata tra i giovani tedeschi: “In mezzo a tutta la miseria, la disperazione e la povertà, c’era un’aria di giovinezza spensierata, licenziosità e carnevale”. Il denaro “veniva speso come mai prima, o dopo; e non in cose per cui gli anziani spendono i loro soldi”.

I legami della civiltà si sfilacciano durante l’iperinflazione. Come scrisse Ludwig von Mises in On Money and Inflation: “La verità è che lo stato – cioè il ricorso alla violenza – non può produrre nulla. Tutto ciò che viene prodotto è prodotto dalle attività degli individui e viene utilizzato sul mercato per ricevere qualcosa in cambio”.

Senza una riserva stabile di valore, lo scambio volontario diventa difficile: “La cooperazione sociale tra gli esseri umani – e questo significa il mercato – è ciò che porta alla civiltà”. Quando il denaro diventa inutile, “tutto ciò che la civiltà ha creato” è a rischio.

Nell’estate del 1924 la stabilità monetaria era tornata e Haffner vide che, nonostante la pace e la stabilità monetaria, la mentalità di molti tedeschi preparava il terreno per un futuro pericoloso:

Una generazione di giovani tedeschi si era abituata a vedersi consegnare gratuitamente, per così dire, dalla sfera pubblica l’intero contenuto della propria vita; tutta la materia prima per le loro emozioni più profonde, per l’amore e l’odio, per la gioia e il dolore, ma anche per tutte le loro sensazioni ed emozioni, per quanto accompagnate da povertà, fame, morte, caos e pericolo.

La Germania era diventata una nazione di consumatori passivi di eventi esterni, una popolazione incapace di trovare uno scopo interno, o di dare un significato alla propria vita. Haffner scrisse:

Ora che queste consegne sono improvvisamente cessate, le persone sono rimaste indifese, impoverite, derubate e deluse. Non avevano mai imparato a vivere interiormente, a rendere grande, bella e utile la vita privata ordinaria, a goderne e a renderla interessante. Consideravano, quindi, la fine della tensione politica e il ritorno della libertà non come un dono, ma come una privazione.

I tedeschi erano ansiosi di un’azione esterna per colmare un vuoto interiore; i tedeschi degli anni ’20, racconta Haffner, “erano annoiati […] aspettavano con impazienza il primo disturbo, il primo intoppo, o incidente, per potersi lasciare alle spalle questo periodo di pace e intraprendere qualche nuova avventura collettiva”.

L’intuizione di Haffner era che coloro che resistettero al nazismo potevano dare un significato creando una vita ricca e non dipendente dall’eccitazione esterna, mentre coloro che non avevano tale forza di spirito divennero nazisti.

Fino all’ascesa al potere di Hitler, Haffner era fiducioso che i vincoli della civiltà tedesca avrebbero resistito:

Eravamo più o meno sicuri che [i nazisti] sarebbero stati tenuti sotto controllo. Ci muovevamo tra loro con la stessa indifferenza con cui i visitatori di un moderno zoo senza gabbie passano davanti agli animali feroci, sicuri che i fossati e le siepi siano stati attentamente calcolati. Le bestie dal canto loro probabilmente ricambiano questa percezione. Con profondo odio hanno coniato la parola “sistema” per indicare la forza impalpabile che li teneva entro i limiti, mentre lasciava loro la libertà. Per il momento rimanevano entro quei limiti.

Nell’America di oggi sentiamo le stesse invettive contro il “sistema” e la Costituzione degli Stati Uniti viene attaccata come una “barriera al progresso”.

Nell’America di oggi Gallup ha scoperto che l’85% dei lavoratori non è impegnata sul lavoro, pertanto molte persone non traggono alcun significato da un’attività che consuma metà della loro giornata di veglia. Questa noia viene attenuata dal fatto che le persone controllano abitualmente il proprio telefono in media 144 volte durante il giorno; le persone sono ansiose di riempire un vuoto interiore.

Haffner ci mise in guardia: “Le decisioni che influenzano il corso della storia nascono dalle esperienze individuali di migliaia o milioni di individui”. Se fosse vivo oggi, sventolerebbe una bandiera gialla: la mancanza di scopo e la codardia possono portarci ad accettare il rovinoso richiamo del totalitarismo.

Molti nazisti, sosteneva Haffner, non comprendevano le conseguenze del loro fallimento morale. “La maggior parte di loro”, scrisse, “sarebbe rimasta profondamente scioccata se qualcuno avesse suggerito che ciò che realmente rappresentavano erano camere di tortura e pogrom ufficiali”.

Hitler salì al potere nel 1933 in parte promettendo, secondo le parole di Haffner, “tutto a tutti, il che naturalmente gli portò un vasto e sciolto esercito di seguaci ed elettori tra gli ignoranti, i delusi e i diseredati”. La disponibilità a rinunciare all’autosufficienza e allo Stato di diritto a favore dei vantaggi per pochi fu terreno fertile per ciò che seguì.

Hitler emanò rapidamente direttive totalitarie e Haffner rimase sbalordito: “‘Che fine hanno fatto i tedeschi?’ […] La maggioranza di loro ha votato contro Hitler […]. Com’era possibile che non ci fosse la minima reazione visibile da parte [della maggioranza]?”

Una spiegazione ovvia era la paura, ma le intuizioni di Haffner vanno più in profondità: riconobbe una mentalità comune tra i tedeschi, ovvero non “fare nulla che possa ‘far deragliare’ la tua vita – qualcosa di audace o fuori dall’ordinario”.

Vediamo lo stesso comportamento di autoprotezione nell’America di oggi. Ogni giorno emergono nuovi esempi, ma oggi leggo del dottor Mike Joyner che ha subito “sanzione disciplinare” dalla Mayo Clinic per la sua disponibilità a scrivere sui vantaggi che il testosterone offre agli atleti nati maschi. Senza dubbio molti colleghi del dottor Joyner comprendono o rispettano la sua posizione, ma restano in silenzio per paura della propria carriera.

Dal manoscritto di Haffner non è chiaro se fosse a conoscenza delle idee di Jung e Freud sulla proiezione. Coloro che vivono una vita senza significato proiettano inevitabilmente sugli altri la vergogna e il senso di colpa per le proprie scelte sbagliate. Per rafforzare la propria identità personale, sono spinti insensatamente ad attaccare gli altri. L’attacco non significa necessariamente un attacco fisico; proiettare sconsideratamente sugli altri tutto ciò che si odia di sé stessi è una forma di attacco, vedere gli altri come oggetti di disgusto è una forma di attacco. L’odio sancito dallo stato è un meccanismo utilizzato dagli autoritari per catturare le menti prone a un tale attacco.

Haffner ci ha raccontato l’aumento dell’odio sancito dallo stato: nel 1933 era Referendar (un avvocato in formazione) per il Kammergericht (la corte suprema di Berlino), poco dopo che il governo nazista organizzò il boicottaggio delle attività ebree, gli avvocati ebrei divennero un bersaglio. Un giorno Haffner sentì un “rumore di passi fuori nel corridoio, il suono di stivali ruvidi sulle scale, poi un frastuono lontano e indistinto, grida, porte che sbattevano”. Come nella scena di molti film, erano arrivate le SA (Sturmabteilung), l’ala paramilitare del partito nazista.

Haffner era nella biblioteca di giurisprudenza e sentì uno dei suoi colleghi dire: “Stanno buttando fuori gli ebrei”. Altri cominciarono a ridere e Haffner, che non era ebreo, scrisse: “In quel momento quella risata mi allarmò più di quello che stava realmente accadendo. Con un sussulto mi resi conto che c’erano dei nazisti che lavoravano in quella stanza”. Capì che tra i suoi colleghi c’erano degli antisemiti che ora si sentivano liberi di condividere il loro odio.

Più tardi un uomo delle SA si avvicinò alla scrivania di Haffner e gli chiese: “Sei ariano?” E lui rispose: “Prima di avere la possibilità di pensare dissi: ‘Sì’ […]. Un momento troppo tardi sentii la vergogna, la sconfitta […]. Che umiliazione aver risposto così facilmente a quella domanda ingiustificata se fossi ‘ariano’ […]. Avevo fallito il primo test; avrei voluto schiaffeggiarmi”.

Leggendo la testimonianza di Haffner, mi sono reso conto che se fossi stato nei suoi panni mi sarei comportato allo stesso modo. Ho capito a un livello più profondo che la migliore salvaguardia della libertà è il sostegno sociale a un sistema che prevenga gli abusi di potere prima che siano necessari atti di eroismo individuali. Quando per mantenere la libertà è necessario resistere alla minaccia della violenza, probabilmente è già troppo tardi.

Nel parco, con la sua ragazza, Haffner si rese conto che il virus mentale dell’antisemitismo aveva infettato il Paese. Era una giornata di gite scolastiche e al passaggio di ogni gruppo di “adolescenti dal volto fresco, accompagnati e sorvegliati dai loro insegnanti […], [essi] gridavano ‘Juda verrecke!’ (morte agli ebrei) verso di noi con le loro voci giovani, come se fosse una sorta di saluto dell’escursionista”.

In un contributo significativo alla nostra comprensione dell’odio sancito dallo stato, Haffner ha esplorato il trucco mentale che i nazisti usarono non solo contro gli ebrei ma contro altre nazioni e gruppi. I nazisti ribaltarono il loro odio provocando conversazioni non sul loro odio, ma sulla “questione ebraica”: “Minacciando pubblicamente una persona, un gruppo etnico, una nazione o una regione di morte e distruzione, provocano una discussione generale non sulla loro stessa esistenza, ma sul diritto delle loro vittime a esistere”.

All’improvviso tutti si sentirono giustificati, e anzi obbligati, ad avere un’opinione sugli ebrei e ad affermarla pubblicamente. Si facevano distinzioni tra gli ebrei “perbene” e gli altri. Se alcuni indicavano i risultati degli scienziati, degli artisti e dei medici ebrei per giustificare gli ebrei (giustificare? per cosa? contro cosa?), altri avrebbero ribattuto che si trattava di una dannosa “influenza straniera” in queste sfere.

Presagendo l’odierna politica dell’identità, che richiede uguaglianza di risultati, Haffner scrisse:

Infatti divenne presto consuetudine imputare agli ebrei il fatto che svolgessero una professione rispettabile o intellettualmente valida. Questo era trattato come un crimine o, per lo meno, come una mancanza di tatto. Ai difensori degli ebrei fu detto accigliatamente che era riprovevole da parte degli ebrei avere una determinata percentuale di medici, avvocati, giornalisti, ecc. I calcoli percentuali erano un ingrediente popolare della “questione ebraica”.

Haffner ci ha spiegato chiaramente perché il nazismo e, in effetti, tutto il tribalismo rappresentano una minaccia esistenziale per l’umanità: “L’antisemitismo di matrice nazista non aveva nulla a che fare con le virtù o i vizi degli ebrei”. Le giustificazioni fornite dai nazisti per i loro programmi contro gli ebrei erano “assolute sciocchezze” e quindi non il vero orrore; invece i nazisti furono i primi nella storia “a negare agli esseri umani la solidarietà di ogni specie che gli consente di sopravvivere; trasformare gli istinti predatori umani, che normalmente sono diretti contro altri animali, contro i membri della loro stessa specie, e trasformare un’intera nazione in un branco di segugi da caccia”.

In modo agghiacciante Haffner aveva previsto che una volta che questo appello al peggio della natura umana viene “risvegliato […] e addirittura trasformato in un dovere, sarà semplice cambiare obiettivo. Ciò può essere visto chiaramente oggi: invece di “ebrei” si può dire altrettanto facilmente “cechi” o “polacchi” o chiunque altro”. Haffner spiegò perché la civiltà stessa era stata messa in gioco:

Abbiamo qui l’infezione sistematica di un’intera nazione, la Germania, con un germe che porta i suoi cittadini a trattare le loro vittime come lupi; o, per dirla diversamente, la liberazione e la rivitalizzazione proprio di quegli istinti sadici il cui incatenamento e contenimento è stato il lavoro di mille anni di civiltà.

“Se il nucleo centrale del programma nazista diventasse realtà, ciò equivarrebbe a una grave crisi per l’umanità e metterebbe a rischio la sopravvivenza stessa della specie Homo sapiens”.

Il programma nazista divenne realtà, ma l’umanità è sopravvissuta. Con l’ascesa della religione della giustizia sociale e delle identità di gruppo, l’umanità è di nuovo a rischio?

In un diario del 1829 Ralph Waldo Emerson scrisse: “Immaginate che la speranza venga rimossa dal seno umano e vedrete come affonderà la società, come i forti legami dell’ordine e del miglioramento si allenteranno e quale immobilità simile alla morte prenderà il posto delle energie inquiete che ora muovono il mondo”. Haffner sperava che un giorno il suo Paese si sarebbe destato da quell’incubo, ma la storia insegna come le azioni degli esseri umani possano creare sofferenze inimmaginabili. Per evitare il peggio, dobbiamo apprendere le lezioni impartite dalla storia.

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/

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