Se vivessimo in un Bitcoin Standard
Traduzione dall’originale di Michele Uberti – pubblicato il 25 gen 2024
Introduzione
La transizione dagli standard Fiat allo standard Bitcoin, sebbene altamente auspicabile, non è inevitabile o necessariamente imminente. La tempistica e il verificarsi di questi cambiamenti dipendono dalle scelte di adozione operate da individui, organizzazioni ed enti pubblici. Queste decisioni sono influenzate non solo da considerazioni razionali, ma anche da fattori emotivi e irrazionali (avidità e paura in primis). La volontà collettiva, formata dalle intenzioni di una massa critica dotata di capitali e agenzie sufficienti, gioca un ruolo cruciale nello spiazzare le banche centrali e le strutture di potere radicate a favore di un nuovo sistema incentrato sul Bitcoin. Nonostante l’evidente superiorità tecnica, economica ed etica del Bitcoin rispetto ad altre forme di denaro, questa lotta sarà indubbiamente molto impegnativa e l’esito non è affatto scontato.
Tuttavia, è fondamentale riflettere sulle conseguenze che questa potenziale rivoluzione, se realizzata (come tutti speriamo), potrebbe avere su ogni aspetto dell’esistenza sociale. Queste implicazioni spaziano dalla natura degli Stati e delle relazioni internazionali al funzionamento dei sistemi economici, ai sistemi di valori prevalenti, fino al mercato dell’energia e all’innovazione tecnologica. In questo articolo, senza la pretesa di essere esaustivi, ci proponiamo di esplorare brevemente alcuni di questi aspetti e di suggerire traiettorie plausibili.
Bitcoin e Banca a Riserva Frazionaria
Come ha correttamente previsto Hal Finney, un ipotetico Bitcoin Standard sarebbe incompatibile con le banche centrali, ma non necessariamente con un sistema bancario a riserva frazionaria. I limiti algoritmici sul numero di transazioni per blocco impediranno certamente al Layer 1 di fungere da sistema di pagamento al dettaglio. Nel corso del tempo, si verificherà un numero minore di transazioni e queste avranno un valore molto elevato (in pratica, solo le whales o le grandi istituzioni pubbliche e private, dati gli alti costi, potranno permettersele).
Una qualche forma di free banking 2.0 sul Layer 2 sarebbe quindi inevitabile nel medio-lungo termine per un sistema monetario basato su Bitcoin. In assenza di una banca centrale come prestatore di ultima istanza e con una verificabilità delle riserve molto più semplice rispetto all’oro, questo FRB (Fractional Reserve Banking) di Layer 2/layer 3 sarà molto più fragile dell’attuale sistema a riserva frazionaria supportato da moneta legale, banca centrale e indistinguibilità pratica tra base monetaria e massa monetaria. Ciò non farà altro che rafforzare l’importanza del Layer 1 come solida base del sistema monetario, analogamente al ruolo svolto dall’oro nei millenni passati.
Implicazioni macroeconomiche
Ceteris Paribus (a parità di condizioni, n.d.t.), nel medio termine, l’adozione di un ipotetico Bitcoin Standard dovrebbe attenuare in modo significativo le fluttuazioni del ciclo economico, impedendo l’eccessivo indebitamento, i cattivi investimenti e le bolle creditizie nel settore privato, che porterebbero a crisi sistemiche del debito. La repressione monetaria comporterebbe anche tassi di crescita reale delle economie molto più lenti ma costanti nel medio-lungo periodo. In assenza del motore dell’espansione monetaria e creditizia, ossia le politiche inflazionistiche delle banche centrali, la crescita nominale del prodotto all’interno di un Bitcoin Standard sarà modesta, ma la crescita reale rimarrà significativa. In altre parole, qualsiasi aumento della produttività multifattoriale si tradurrà in un calo dei prezzi al consumo misurati in satoshi piuttosto che in un aumento della produzione nominale. In questo contesto, anche nel breve termine, la crescita economica dipenderà da fattori demografici, ecologici ed economici piuttosto che da fattori monetari o creditizi.
A questo proposito, con il Bitcoin Standard si assisterà a un graduale spostamento di ricchezza dal settore finanziario, oggi diventato vorace, all’economia reale e produttiva. Ciò è la conseguenza del significativo ridimensionamento dei mercati obbligazionari e monetari (riduzione del livello di indebitamento delle economie) e quindi dell’intera industria che ne trae profitto.
Tra le imprese che subiranno il maggior ridimensionamento ci sono i sistemi di pagamento e compensazione centralizzati, gli istituti di credito tradizionali, gli agenti fiduciari come i notai (sostituiti dagli smart contract sul Layer 2 e 3 di Bitcoin) e quelli coinvolti nell’intermediazione finanziaria, immobiliare e assicurativa.
Al contrario, tutto ciò che sfrutta le potenzialità dei Layer di Bitcoin (per i contratti intelligenti) e della DeFi conoscerà un vero e proprio boom.
Implicazioni (geo)politiche
Per quanto riguarda l’immutabilità della base monetaria, essa costringerebbe gli Stati a una rigorosa disciplina fiscale, poiché scomparirebbe la possibilità di monetizzare i deficit o il debito come forma di finanziamento della spesa pubblica. Questo influenzerà profondamente la capacità degli Stati nazionali di fornire welfare o di condurre guerre. In assenza di una macchina da stampa monetaria e, quindi, dell’insidiosa tassa chiamata inflazione, la pressione fiscale e l’allocazione della spesa pubblica diventeranno oggetto di seri negoziati e controversie politiche, poiché influiranno direttamente sulle tasche dei cittadini/soggetti/contribuenti.
Da un lato, ciò potrebbe incoraggiare forme di democrazia più dirette (facilitate dalla diffusione di blockchain e DAO) per dare ai cittadini una maggiore voce in capitolo nelle decisioni fiscali e di spesa. Dall’altro lato, un mondo basato sullo standard Bitcoin potrebbe portare a un panorama geopolitico molto più frammentato e apolare, data l’intrinseca insostenibilità del mantenimento di apparati statali così grandi e inefficienti, che assomigliano più al classico feudalesimo medievale. Al posto dell’aristocrazia con spada/sangue/accappatoio, le c.d. whales Bitcoin diventerebbero la classe sociale dominante, mentre i non-coiners sarebbero una sorta di nuova servitù della gleba. I primi, individui, famiglie e istituzioni con enormi proprietà di Bitcoin (create nelle prime fasi di adozione di questa tecnologia, cioè nei primi due decenni della sua esistenza), sarebbero in grado di fornire benessere, lavoro e protezione ai cittadini/soggetti in cambio di fedeltà, servizi e obbedienza al loro dominio “feudale“. Questi ultimi, la stragrande maggioranza della popolazione i cui antenati sono arrivati troppo tardi per adottare e convertire il loro capitale fiat in Bitcoin (per varie ragioni ideologiche o pratiche, compresi i vincoli economici), si troverebbero alla base della piramide e sarebbero costretti a guadagnarsi da vivere con il sudore della fronte o (più probabilmente, visti i progressi tecnologici) con la generosità, più o meno interessata, di c.d. whales filantropiche. Questa dinamica si applicherebbe anche a livello internazionale: ci sarebbero regioni o nazioni pioniere che, avendo adottato per prime il Bitcoin come moneta legale, godrebbero di un significativo vantaggio di ricchezza relativa difficilmente eguagliabile dai ritardatari.
Non si tratterebbe necessariamente delle nazioni attualmente dominanti; in effetti, alcune potrebbero anche non esistere al momento. Il risultato finale sarebbe un sistema internazionale molto più frammentato di quello attuale, composto da un mix di città-stato democratiche, socialiste o oligarchiche, feudi cripto-aristocratici incentrati su singole famiglie e grandi regioni anarchiche e caotiche. Tutte queste entità sarebbero in competizione/cooperazione tra loro, formando un panorama geopolitico-ideologico completamente nuovo e in continua evoluzione. In un mondo in cui le vecchie appartenenze identitarie (nazionali, ideologiche e religiose) si sovrapporrebbero e si mescolerebbero con nuove identità basate sull’interpretazione della rivoluzione Bitcoin. Dati i presupposti tecnologici e i fondamenti ideologici della cultura Bitcoin, potrebbe emergere una religione “monetarista“, legata ad alcuni aspetti rituali e di fede che già si intravedono tra i suoi strenui sostenitori (concezione immacolata, decentralizzazione, culto di Satoshi, infallibilità algoritmica). In ogni caso, lo standard Bitcoin imporrebbe alle società che lo adottano alcune norme economiche che influenzano da vicino la morale pubblica. Tra queste, il senso del limite, l’etica del risparmio, la prudenza negli investimenti, l’orientamento al lungo termine, l’onestà nelle transazioni commerciali, la responsabilità individuale, la disciplina fiscale e, naturalmente, l’indipendenza e l’incorruttibilità del denaro dai poteri dello Stato.
Nodi, mining e geopolitica
I nodi sono il cuore della rete Bitcoin e, pertanto, riceverebbero un’attenzione significativa da parte dei poteri politici. Il controllo di tutti i nodi (e quindi dei potenziali minatori) all’interno di uno specifico territorio da parte delle autorità pubbliche sarebbe estremamente importante per rivendicare la sovranità interna e influenzare la scena internazionale. Naturalmente, date altre variabili, le nazioni in grado di produrre energia a costi inferiori o su scala più ampia sarebbero avvantaggiate nell’allocare e quindi controllare quote significative dell’hashrate globale di bitcoin. L’eterna lotta per il controllo dell’hashrate globale sarà il nuovo centro delle dispute geoeconomiche. Detto questo, non è affatto garantito che la maggior parte delle entità politiche territoriali sarà in grado di esercitare efficacemente questo controllo, ed è incerto come lo farà.
Sebbene la legittima coercizione fisica possa sembrare la scelta più ovvia, data la natura specifica degli Stati, potrebbe non essere necessariamente l’approccio più efficace in un panorama geopolitico più frammentato e competitivo di quello attuale. Grazie all’elevata mobilità del Bitcoin e ai vincoli fiscali imposti agli Stati tradizionali da questo sistema monetario, minatori e c.d. whales potrebbero facilmente scegliere di trasferirsi altrove se i loro diritti di proprietà e la loro libertà imprenditoriale finiscono in pericolo, trovando rifugio in giurisdizioni più libertarie. D’altro canto, uno scenario diverso potrebbe presentarsi per quelle nuove entità statali “neo-aristocratiche” costruite attorno a una o più Whales; in questo caso, il monopolio sul mining e sulle risorse energetiche necessarie potrebbe essere più pronunciato, dato l’immenso potere economico detenuto dai loro organi di governo.
Implicazioni per il mercato dell’energia
Il Bitcoin non è una valuta di base, ma una valuta energetica. Il potere che racchiude è l’energia consumata per crearlo e trasferirlo. In quanto linfa vitale del nuovo paradigma monetario, quindi, l’energia sarà ancora più al centro del sistema economico rispetto ad oggi. Ciò influenzerà radicalmente il progresso nel settore energetico, generando una corsa alle innovazioni tecnologiche sia dal lato dell’estrazione che del risparmio energetico. Tutta una serie di fonti energetiche prima trascurate come antieconomiche potrebbero ora diventare convenienti e accessibili grazie al loro utilizzo per l’estrazione. Si pensi al sole nei deserti africani e asiatici, ai giacimenti di metano e gas naturale in luoghi remoti, o all’energia geotermica di vulcani e geyser, o ancora ad alcuni sistemi basati sul moto ondoso e sui differenziali di temperatura nelle profondità degli oceani.
Con una domanda di energia in costante aumento, ci sarà un crescente incentivo a generare più energia e a farlo in modo più efficiente, in un circolo virtuoso che potrebbe portare a una grande rivoluzione energetica, avvicinando potenzialmente l’umanità a una civiltà di livello 2 sulla scala di Kardashev, contribuendo certamente a elettrificare il pianeta anche nei luoghi più remoti. Un’altra probabile conseguenza di un Bitcoin Standard sarà l’inversione dei ruoli tra produttori e consumatori di energia. I maggiori consumatori di energia (le mining farm) diventeranno nel tempo i principali produttori di energia in un’integrazione verticale di asset e infrastrutture energetiche che, partendo dal basso, assimilerà l’intera industria energetica. Resta da vedere se questo porterà a una maggiore o minore concentrazione rispetto al decentramento dei produttori di energia, ma certamente dipenderà dalle dinamiche commerciali dell’industria mineraria.
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