SOFTWAR #4 – Gli albori di un nuovo Protocollo
Quarto e ultimo articolo della miniserie SOFTWAR: UN NUOVO PROTOCOLLO, a cura di Mateusz Riva.
Un’analisi di alcuni temi (ancora) poco dibattuti all’interno della comunità di bitcoiner: la sicurezza fisica, il ruolo fondamentale che ricopre la “proiezione di potenza” (intesa come imposizione di forza da un soggetto ad un altro), il ruolo delle guerre nella nostra società e di come tecnologie basate sulla POW (Proof of Work) come Bitcoin si inseriscano in questo contesto.
Leggi qui il primo articolo: SOFTWAR #1 – Un nuovo Protocollo
Leggi qui il secondo articolo: SOFTWAR #2 – Il dominio nel mondo digitale
Leggi qui il terzo articolo: SOFTWAR #3 – Guerre digitali
UN CAMBIO DI PARADIGMA
Abbiamo visto nell’articolo precedente che, con l’introduzione della tecnologia Bitcoin, abbiamo ora una sorta di “Bits di informazioni finanziarie” che esistono solo nel mondo digitale e che derivano dalla trasformazione di energia elettrica prodotta nel mondo fisico dando vita, nei fatti, a un nuovo tipo di Protocollo.
Quello finanziario è in effetti un plausibile utilizzo di questi Bits sicuri e affidabili, ma non limitiamoci a solo questo aspetto. Ricordiamo per analogia il protocollo TCP/IP che veniva inizialmente utilizzato per l’invio di messaggi di testo e che venne denominato ARPA-Net. Con il passare del tempo, l’adozione e i sempre nuovi casi d’uso inizialmente non prevedibili ci si è resi conto che era meglio rinominarlo in modo più generico: Internet.
Immaginate di tornare indietro nel tempo e spiegare cosa è Internet oggi a chi nei centri di ricerca effettuava i primi scambi di messaggi di testo tra quei pochi punti connessi che si contavano su una mano.
E se allo stesso modo Bit-Coin (ovvero l’utilizzo finanziario) fosse solo il primo applicativo che siamo stati in grado di concepire per questo protocollo? Forse meglio evitare la presunzione di attribuire un unico scopo a questa tecnologia, lasciando che con il passare del tempo si estenda a tutti gli usi che applicazioni future ci consentiranno di sfruttare e valorizzare.
Forse davvero il termine più corretto e generico per indicare questo protocollo potrebbe essere Bit-Power visto che non fa altro che convertire energia elettrica in Bits, trasformando Watt del mondo fisico in informazione del mondo digitale e trasmettendoli istantaneamente attraverso internet.
In ogni caso, indipendente dal nome, se questa tesi è corretta riferendoci solo alla funzione Bit-Coin, quindi alla sola valorizzazione dal punto di vista finanziario di questi bits estremamente sicuri e affidabili, l’intero protocollo potrebbe essere ordini di grandezza sottostimato nell’impatto che può avere sulla società, in particolare se si guarda allo sviluppo futuro dove la presenza digitale è sempre maggiore e la protezione e il controllo dei dati è di fondamentale importanza.
Questo protocollo potrebbe quindi essere molto più importante che solo Bit-Coin, che “solo” (passatemi il termine) un “electronic cash system” in quanto potrebbe trasformare il modo in cui l’umanità si organizza, fa affari e combatte guerre per il controllo delle risorse.
Ad un certo punto della storia, gli esseri umani hanno iniziato a collaborare in numeri sempre più grandi, che trascendevano quelli degli abitanti di un singolo villaggio dove quindi non era più possibile conoscere di persona tutti i membri di questa comunità estesa: maggiore era il numero delle persone, maggiore era la differenziazione dei lavori che era possibile avere in quel gruppo, maggiore era il numero di idee ed innovazioni che potevano avvenire e che facevano avanzare l’intera civiltà.
Per accelerare ulteriormente il progresso tecnologico, potrebbe quindi essere interessante aumentare il grado di cooperazione a livello planetario rafforzando le motivazioni che spinsero i primi esseri umani a cooperare su scala sempre più ampia. Sebbene vi sia bisogno di molteplici fattori per cui ciò avvenga, uno in particolare balza subito all’occhio come condizione indispensabile: la presenza di un sistema di credenze condiviso che consenta di superare l’ostacolo del non conoscere personalmente tutti i membri della comunità.
Bitcoin potrebbe essere l’inizio di un sistema planetario che trascende i confini fisici delle nazioni e gli interessi locali e che consente lo scambio di valore di beni e servizi in modo egalitario, dove chi produce valore è premiato in modo meritocratico, senza che nessuno possa derubarlo del frutto del proprio lavoro.
Durante lo scambio di messaggi di testo mediante questo protocollo o, detta diversamente, durante una transazione a cui viene attribuito un determinato valore economico, una fee viene ceduta a chi converte energia elettrica in bits proteggendo l’intero sistema garantendone l’indipendenza, imparzialità, trasparenza, e la sicurezza.
Potremmo anche immaginare questi convertitori di energia elettrica in bits l’equivalente dell’esercito che protegge i confini nazionali. Essi pur non conoscendosi tra di loro operano mediante un sistema di credenze condiviso (protocollo), possono risiedere in qualsiasi parte della terra ove vi sia energia non sfruttata. Siccome l’energia è presente ovunque in varie forme (sole, vento, fonti fossili, nucleare, ecc.), tale sistema è egalitario e consente a chiunque voglia proteggere il protocollo di “combattere” essendo remunerato per il proprio servizio.
Se quindi abbiamo scoperto un nuovo fondamento su cui Internet può appoggiarsi trovando un punto di contatto con il mondo fisico, che consente la costruzione di barriere digitali di energia fisica che non possono essere abbattute da una combinazione hacker ma che, come nel mondo fisico, richiedono l’impiego di immani quantità di energia per far breccia in quel muro, ovviamente… il primo utilizzo che possiamo farne è quello di proteggere le nostre informazioni finanziarie, utilizzandolo (provvisoriamente) solo come “Coin”.
Per questo motivo bandire il mining di Bitcoin potrebbe quindi essere un errore strategico a livello di sicurezza nazionale, come fece l’impero Cinese circa 500 anni fa quando bruciò letteralmente la propria flotta di navi militari al fine di “non turbare” lo status quo dell’equilibrio di poteri che si era stabilito, di fatto auto lesionandosi.
L’equivalente potrebbe essere quello della classe dirigente finanziaria attuale, che per paura di cambiamenti dello status quo, “teme” Bitcoin e pensa che, sbarazzandosene, i problemi svaniranno, senza pensare ai danni sul lungo periodo.
Inoltre, va ricordato che possedere bitcoin equivale a ricordare 12 parole che custodiscono la chiave privata in grado di firmare in modo univoco un messaggio di testo a cui poi come applicativo abbiamo decido di attribuire un determinato valore in virtù del fatto che questi bits sono unici e non possono essere creati con un copia incolla.
In particolare il secondo emendamento degli Stati Uniti garantisce ai propri cittadini il diritto di difendere anche con la forza (armi) la loro proprietà. A maggior ragione, qualsiasi ipotetico tentativo da parte del legislatore di limitarne l’uso da parte dei suoi cittadini è da considerarsi anticostituzionale dato che bitcoin consente di difendere la proprietà mediante il solo utilizzo di energia elettrica, eliminando quindi anche la necessità di un confronto fisico diretto per la protezione delle proprie risorse o valori.
«Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, una ben organizzata Milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare Armi, non potrà essere violato»
Emendamento 2
Se tutto quanto descritto fin qui è vero, vedremo inevitabilmente questo protocollo utilizzato per molti altri impieghi oltre al settore finanziario. Consideriamo per un attimo quello militare legato alle guerre.
CHI HA IL CONTROLLO?
E’ bene evidenziare che questi soldati/convertitori di energia elettrica, pur svolgendo un ruolo fondamentale, non hanno il controllo del protocollo. Essi infatti essendo remunerati per il loro servizio esclusivamente tramite una piccola fetta di questi bits sono costretti ad operare secondo le regole, pena l’aver sprecato inutilmente energia elettrica.
Appare quindi evidente che il controllo è controbilanciato dai diretti utilizzatori di questi bits (nodi), che senza alcuno sforzo verificano istantaneamente e validano il lavoro svolto dai convertitori: se questi non è conforme alle regole semplicemente lo rigettano, premiando solo il lavoro di chi opera in modo onesto. Quindi il semplice utilizzare questi bits, e quindi “assegnare valore” al lavoro svolto dai convertitori, consente di far si che il controllo sia prevalentemente nelle mani degli utilizzatori.
Il fatto che questa sottile quanto vincolante azione di controllo sia raramente esercitata è uno dei motivi per cui pur essendo fondamentale si tende a non darle importanza.
Un’analogia potrebbe essere quello di un branco di lupi che ha catturato una preda: è l’intero branco che assegna valore a quella preda, validando il lavoro dei cacciatori. Tuttavia, è probabile che smettano di assegnargli valore visto che nutrirsi non è un’opzione?
Probabilmente no, ma questa analogia è utile ad analizzare il medesimo meccanismo di controllo all’interno della specie umana che a volte assegna valore anche a cose di non vitale importanza e dal valore soggettivo.
Pensiamo ad esempio al valore delle varie valute dove per definizione non vi è garanzia di nessun bene sottostante a vincolarne il potere di acquisto, ma esclusivamente il riconoscimento degli utilizzatori che ad ogni unità di valuta associano (per obbligo legislativo ad accettarle come pagamento) un preciso corrispondere di beni reali (mercato).
Tale valore è quindi strettamente legato a quello assegnato nella media dai singoli utilizzatori, che hanno quindi il potere indiretto di rifiutarla portandola al suo valore intrinseco (ovvero zero) mentre acquisiscono altri beni o asset che reputino avere maggiore valore (in quanto magari più stabili nel tempo).
BITCOIN È UN IMPERATIVO
Oggi c’è ancora chi pensa di avere la facoltà di scegliere se Bitcoin sia o non sia una scoperta utile e pensa di poter valutare se opportuno adottarlo o rifiutarlo. Così come la battuta del comandante Foch relativa agli aeroplani, la storia è piena di episodi che dovrebbero insegnarci che l’adozione di nuove tecnologie in campo militare non è un’opzione negoziabile, ma è un imperativo: o la adotti, o vieni sopraffatto.
Troviamo un altro caso di studio interessante tornando alla caduta di Costantinopoli del 1453 per mano degli ottomani.
L’ingegnere Ungherese Urban, ideatore dei cannoni ad uso militare, offri la sua invenzione all’imperatore bizantino Costantino XI, che viste le difficoltà economiche causate anche dagli assedi ottomani, la sensazione di sicurezza che gli offrivano le mura Teodosiane che avevano da sempre protetto la città rifiutò di adottare la tecnologia dei cannoni. Tale tecnologia, mai vista prima probabilmente non fu compresa: a cosa servono i cannoni se ci sono già solide mura che hanno sempre svolto egregiamente il loro compito?
Visto che l’invenzione era stata rifiutata dai bizantini, Urban portò il suo progetto al sultano che fu più perspicace nel coglierne le potenzialità e non badando a spese fece costruire un parco di artiglieria all’avanguardia. Nel giro di poco tempo fu evidente a tutti il vantaggio tattico nel possedere armi di quel calibro, che erano in grado di sbriciolare da lontano mura che fino al giorno prima erano considerate indistruttibili, inviolabili.
Questo esempio relativo a nuove tecnologie sviluppate dall’umanità non è che uno degli infiniti esempi che possiamo trovare anche nella natura e nella storia dell’evoluzione. Pensiamo alla competizione tra i primi organismi pluricellulari: se uno di questi si dota di bulbi oculari che gli consentono di predare meglio e l’altro non lo fa, non avrà speranze nel confronto di quello meglio equipaggiato.
La “corsa all’oro” è iniziata e chi adotterà per primo questa nuova tecnologia avrà i benefici maggiori. Dal punto di vista della teoria dei giochi, per via degli incentivi e delle probabilità, non è irrazionale immaginare che uno stato sovrano (anche chi possiede la riserva di valuta mondiale) decida di stampare dal nulla della valuta per acquisire Bitcoin e garantirsi una posizione dominante nel nuovo sistema di riferimento, possibilmente senza farlo sapere a nessuno per non perdere il vantaggio competitivo.
O ancora, sempre dal punto di vista degli incentivi, non è irrazionale immaginare che uno stato sovrano con abbondanti risorse energetiche naturali, che magari viene pure tagliato fuori dal proprietario della riserva di valore mondiale (escluso dal circuito SWIFT) e quindi bandito dall’uso del dollaro, acquisti dei convertitori di energia elettrica in bits e proteggendo bitcoin venga ricompensato con preziosi bits.
L’incremento del costo di attacco da parte di un organismo o di un gruppo, consente di ridurre BRCa, aumentandone le probabilità di sopravvivenza con un vantaggio competitivo verso chi non fa altrettanto.
Se quindi Bitcoin o Bitpower è SoftWar, allora non vi è scelta.
MATEUSZ RIVA
Bitcoiner – Autore delle miniserie a puntate Io sono Bitcoin e Softwar: un nuovo Protocollo
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