Wonka: una storia di cattivi attori di mercato e clientelismo

 

 

di Benjamin Seevers

Wonka (2023) è un prequel dell’amata storia Charlie e la fabbrica di cioccolato di Roald Dahl. Il film racconta la storia di un giovane Willy Wonka, un promettente imprenditore e mago che sfida il dominio di un cartello nel mercato della cioccolata.

Come potrete immaginare, il film è pieno di scene che mettono in cattiva luce l’impresa privata. Gli antagonisti sono uomini d’affari stereotipati che farebbero qualsiasi cosa, anche uccidere, per raggiungere la loro ambizione: profitti più elevati. Il cartello viola costantemente la proprietà privata di Wonka, prima avvelenando la sua merce e poi tentando di ucciderlo.

Un’altra scena mostra il protagonista che firma un contratto con termini nascosti che essenzialmente lo rendono schiavo. Data la dubbia legittimità di un tale accordo, è improbabile che un sistema giuridico giusto possa onorare un contratto talmente fraudolento. Come nota a margine, il film ritrae addirittura la chiesa come un’istituzione corrotta in cui i preti accettano mazzette in cambio di propaganda per il cartello.

Il lungometraggio mette chiaramente la libera impresa sotto una luce negativa, ma nonostante i suoi difetti, c’è un lato positivo: l’accusa al capitalismo clientelare.

Anche se gli uomini d’affari malvagi sono i principali cattivi nel film, essi utilizzano lo stato per mantenere il loro dominio sull’industria del cioccolato. Senza l’intervento statale, non ci sarebbe alcun conflitto, a parte forse la necessità da parte di Wonka di ripagare coloro che lo hanno ingiustamente ridotto in schiavitù.

Il protagonista sogna di aprire un negozio nelle Galleries Gourmet, un centro altamente trafficato dove ci sono aziende affermate, pieno di regole onerose, però, che puniscono i nuovi arrivati.

Le vetrine vuote mostrano avvisi come “Vietato sognare a occhi aperti”, il tutto accompagnato da un programma di multe applicate vigorosamente dalla polizia. Una delle prime scene del film mostra un poliziotto che ammonisce Wonka per aver sognato a occhi aperti, tendendogli la mano affinché pagasse la multa. Una norma del genere soffocherebbe sicuramente la potenziale concorrenza di chi sogna di aprire un proprio negozio.

Inoltre le Gallerie Gourmet vietano severamente la vendita di cioccolato senza un negozio. Questo è il più grande ostacolo per Wonka durante gran parte del film: non ha la legittimità giuridica per gestire la propria attività. Il protagonista deve stare costantemente un passo avanti alla polizia; in una società libera, invece, non avrebbe dovuto fare i conti con un divieto del genere (a seconda di chi possiede il terreno su cui viene venduto il cioccolato). La polizia, poi, gli confisca i guadagni e lo allontana.

Il cartello utilizza anche metodi illegali per conservare il proprio privilegio di monopolio: paga sottobanco il capo della polizia e per questo motivo egli perseguita costantemente Wonka.

Tutto ciò illustra l’alleanza tra stato e grandi imprese. Queste ultime sostengono una regolamentazione che danneggia in modo sproporzionato i nuovi entranti in modo da proteggere la loro posizione dominante. Si chiama “cattura del regolatore”, un approccio secondo il quale la regolamentazione serve gli interessi delle aziende dominanti piuttosto che l’interesse pubblico. Gli interventi statali pro-cartello in Wonka non fanno alcuna eccezione.

Tuttavia, nonostante gli interventi statali di cui chiaramente ne beneficia il cartello del cioccolato, il film sceglie di concentrarsi sugli uomini d’affari malvagi e rafforza questo punto descrivendo l’apparato pubblico come non necessariamente malvagio. Infatti un semplice agente di polizia è tra le prime persone a fare la carità a Wonka, dandogli dei soldi per pagarsi un tetto sopra la testa. E questo stesso agente di polizia alla fine arresta il capo della polizia per il suo comportamento corrotto. Senza contare che il capo della polizia inizialmente è riluttante davanti la corruzione, salvo poi essere successivamente convinto dalle tasche profonde del cartello del cioccolato.

Tornando alla cattura del regolatore, è importante notare che la radice del problema non sono le imprese, ma lo stato. Se quest’ultimo non esistesse, gli interessi economici sarebbero costretti a competere senza privilegi speciali. In tal caso l’ascesa di Wonka sarebbe stata una storia molto più breve, di conseguenza il film avrebbe dovuto dare un’immagine più sfumata del cartello, magari dipingendolo come composto da clientelisti, per quanto competenti, che altrimenti sarebbero stati attori morali in assenza di intervento dello stato.

Alla fine il film, sebbene a volte sia affascinante e divertente, ritrae la libera impresa come un fenomeno negativo nonostante Wonka stesso sia un imprenditore soffocato dalla politica statale anti-concorrenziale. Se si guarda più da vicino, Wonka è in realtà un atto d’accusa contro il clientelismo. Il sistema giuridico a cui il protagonista è soggetto impone multe onerose, regolamenti opprimenti e contratti fraudolenti, e questo sistema ha una forza di polizia che accetta tangenti dalle grandi imprese. Sfortunatamente la pellicola sceglie di criticare i mali degli uomini d’affari, dipingendoli come immorali e talvolta incompetenti. Per questi motivi consiglio di vedere Wonka, sì, ma solo per le sue sfumature riguardo l’anti-clientelismo.

Sarebbe stato meglio se il film avesse presentato una storia più sfumata piuttosto che una storia in bianco e nero di un piccolo imprenditore che si scontra con uomini d’affari malvagi e spesso idioti che cantano e ballano godendo della sofferenza degli svantaggiati.

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/

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