Dispacci dalla guerra tra la cricca di Davos e gli Stati Uniti
Ci sono due forze all’interno degli Stati Uniti che stanno spingendo in direzioni opposte: da un lato la linea di politica della FED che spinge verso una salubrità economica, dall’altro la linea di politica dell’amministrazione Biden che spinge invece verso il dissolutismo economico. Powell attraverso le sue azioni da due anni a questa parte, ovvero da quando ha garantito un premio di 5 punti base nel mercato pronti contro termine americano e ha iniziato ad attirare capitali finanziari negli USA data la fame di rendimenti decenti che permeava i mercati, ha intrapreso una strada che vuole condurre lo zio Sam a disintossicarsi da anni e anni d’interventismo monetario sconsiderato. E, ricordiamolo, le istituzioni europee non sono ben volute in questo mercato visto che, dal 2019, non è possibile porre come garanzia per i prestiti pronti contro termine asset europei. Questo, insieme all’onshoring della denominazione dei debiti tramite il SOFR, sta permettendo alla FED di applicare (almeno finora) una demolizione controllata di tutti quelle strutture economiche fatiscenti nate sulla scia della bolla del denaro facile degli ultimi 15 anni. I salvataggi, infatti, restano confinati in patria e non ci si accolla più i problemi altrui come invece succedeva con il LIBOR. Per quanto ciò possa essere, nonostante tutto, lo stesso distorcente, la portata è contingentata.
Tutto bene, potremmo dire, se la storia finisse qui. Invece c’è di più e questo di più è rappresentato dall’amministrazione Biden che invece fa parte di un altro “modo di pensare”. I livelli di spesa pubblica e dissolutismo fiscale sfoggiati da Capitol Hill sono pesantemente influenzati da una inclinazione verso quella che chiamo cricca di Davos, la quale, da quando Trump e Powell sono arrivati ai posti di comando, hanno visto affievolirsi la loro presa sugli Stati Uniti. Quest’ultima era ben salda durante tutta la presidenza Obama e il governatorato Bernanke/Yellen, salvo poi venire contrastata dalle grandi banche commerciali statunitensi quando era diventato chiaro che l’obiettivo era quello di scalare ostilmente gli Stati Uniti e il suo bacino di ricchezza reale per permettere all’Europa e all’euro di diventare il nuovo riferimento a livello mondiale. La spaccatura è diventata chiara quando s’è iniziato a parlare con una certa insistenza di CBDC.
Powell è una creatura di Wall Street e, a differenza della Brainard che avrebbe dovuto prendere il suo posto, lavora per player diversi. Nelle condizioni attuali sbrogliare la matassa del debito pubblico è critico per le varie giurisdizioni, dato che rappresentano una trappola che, per inerzia, continua a succhiare ricchezza reale senza più controllo. Inutile dire che lo stato sociale è diventata una creatura a sé stante che, come un blob, continua a inglobare capitale umano e finanziario. Tutti sono preoccupati da questa macchina mortale che continua a mietere vittime e se non verrà fermata finirà per consumare anche coloro che l’hanno alimentata per scopi clientelari. La fine che fanno tutti gli schemi Ponzi.
Il segreto di Pulcinella: esistono passività off-budget. Al di là di ciò, la Germania vanta un credito di €1000 miliardi nel sistema TARGET2. Visto che in Italia “l’outlook è positivo”, essa non avrà problemi a saldare il suo debito e salvare l’UE, no? 🤡https://t.co/Ef6Y7AoGbD
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 20, 2023
La coordinated central banking policy mirava esattamente a questo: guadagnare tempo per incrementare il controllo capillare sulla società in modo da poter effettuare le riforme necessarie, e dolorose, per far transitare le varie economie verso un modello socio-economico simile a quello cinese. L’accettazione senza riserve del comando/controllo è un prerequisito imprescindibile in questo caso, soprattutto perché è tutto in nome del “bene pubblico”. Come si fa a vendere alle masse un prodotto che presuppone l’annullamento di quelli che nel corso del tempo sono stati spacciati come vantaggi e sono diventati una consuetudine della fanfara politica durante le elezioni? Insomma, il proverbiale lungo termine keynesiano era in vista e la soluzione concordata dalle varie giurisdizioni era quella di un giubileo dei debiti con successiva emissione di perpetual bond, come strumenti finanziari caldamente raccomandati, per assicurare che gli stati fossero adeguatamente finanziati. Il prototipo di questa linea di politica è lo sconto fiscale approvato su chi investe in obbligazioni sovrane italiane, ad esempio. Per quanto tutti potessero essere d’accordo su questa linea d’azione una cambiamento epocale del genere non avviene senza sacrifici e, in particolare, senza quello degli Stati Uniti. In questo modo Europa e Cina avrebbero guadagnato in prestigio economico e commerciale.
Come accade in tute le cupole mafiose, le bande criminali stringono patti alla luce del sole e patti sottobanco, portando a tradimenti, che hanno lo scopo di avvantaggiare una certa parte a scapito di altre. L’ascesa di Trump negli Stati Uniti era figlia di tale consapevolezza. Una CBDC negli USA avrebbe significato perdita definitiva di potere nelle mani del sistema bancario commerciale e incanalamento dello stesso verso quei personaggi a livello federale a capo delle principali istituzioni: Casa Bianca e Federal Reserve. Inutile ricordare che la cricca di Davos ha lavorato negli anni per infiltrare opportunamente suoi lacchè nelle varie sale dei bottoni. In questo modo gli USA sarebbero stati bersagli facili e sul loro cadavere sarebbe potuta nascere una nuova società mondiale. La contromossa è stata quella d’iniziare i lavori per implementare il SOFR nel 2017 e poi, nel 2019, per sbattere fuori dai mercati dei prestiti statunitensi le garanzie europee. In sintesi è iniziata una guerra tra valute e sin da allora è stata un’escalation dopo l’altra, come ha evidenziato la chiusura dei rubinetti degli eurodollari. La guerra che sta combattendo Powell, infatti, non è nel mercato che tutti vedono, ma in quello che non vedono: il sistema bancario ombra. La vera contrazione del credito sta avvenendo qui.
Un compito titanico, inutile dirlo, che ha mandato talmente a carte quarantotto i piani presumibilmente ben congegnati da parte della cricca di Davos da lanciare una psy-op dietro l’altra, a cominciare dalla crisi sanitaria del 2020, per tirare per la giacchetta la FED affinché continuasse a svolgere il ruolo di salvatore del mondo… a spese dei contribuenti statunitensi. Poi, però, è arrivato il SOFR e questo ruolo è stato dismesso. Di conseguenza la cricca di Davos ha seminato zizzania in alcune parti del mondo, come Ucraina e Medio Oriente, affinché il Ministero del Tesoro USA avesse scuse continue per approvare deficit di bilancio crescenti e inviare risorse monetarie all’estero (debitamente riciclate nelle proprie mani). La guerra cinetica, quindi, non è altro che un movente per far impantanare gli USA in avventure belliche all’estero affinché continuino a spendere e i dollari continuino a fluire, dato che la FED non è più connivente. Ecco perché ci sono voluti mesi e mesi prima che venisse rinnovato il secondo mandato di Powell ed ecco perché le vere elezioni che contano non saranno quelle dell’anno prossimo, bensì quelle del 2026 quando dovrà essere rinnovato il governatore della FED. Se volete ulteriori prove a supporto delle mie tesi vi basti pensare che in questo momento storico non ci sarà alcuna CBDC negli Stati Uniti, infatti FedNow non è affatto un’architettura per implementarne una; poi ci sono le rimesse della FED nei confronti del Ministero del Tesoro, flusso negativo da quando è iniziato il ciclo di rialzi dei tassi.
MISSIONE (NON ANCORA) COMPIUTA
Gli avvertimenti nei confronti dell’economia statunitense, come quelli lanciati da Dimon di recente, non rappresentano un monito per la nazione in quanto tale o le istituzioni pari di JP Morgan, bensì sono un messaggio oltremare che sta segnalando la parziale riuscita della missione della FED. Come i lettori ricorderanno, ho scritto due pezzi molto importanti sullo stato in cui versa il sistema bancario commerciale europeo: il primo andava a dimostrare come gli stress test siano fuorvianti e manipolati ad hoc; il secondo andava invece ad analizzarne approfonditamente la forma, concludendo con un giudizio incoraggiante di “pessimo stato“. E indovinate un po’? Adesso arriva alla stessa conclusione la stampa generalista, con netto ritardo per gli investitori. Questa a sua volta significa che le altre banche centrali devono ballare al suono della musica della Federal Reserve, poiché la mancata assunzione dell’UE a punto di riferimento mondiale ha consentito al mercato degli eurodollari e al dollaro stesso di restare cruciali per il funzionamento del sistema finanziario mondiale.
E non pensate che i BRICS possano avere un’opportunità in tal senso, soprattutto alla luce del fatto che i partner che ne fanno parte non si fidano dei sistemi monetari dei loro pari. Inoltre, per quanto possano commerciare tra di loro in oro, dopo il fallimento della conferenza di Johannesburg lo scorso agosto riguardo a un’eventuale approvazione di una valuta comune coperta dal metallo giallo, le speranza dei gold bug per un ritorno di un gold standard, o uno pseudo tale anche, possono essere abbandonate. D’altronde l’economia di riferimento in Asia è senza dubbio quella cinese e per come è strutturata è alquanto impossibile che possa permettersi l’ancoraggio della propria valuta a un asset duro come i metalli preziosi. Più congeniale alle loro “esigenze” è lo yuan digitale connesso al sistema di credito sociale, stessa architettura socio-economica sognata dall’UE e dall’euro. A tal proposito non dovrebbe sorprendervi un fatto che il sottoscritto aveva messo in risalto già lo scorso maggio, ovvero che la Brexit sarebbe stata invertita e guarda caso ci si sta muovendo esattamente verso quella direzione. Perché? Perché la cricca di Davos ha bisogno di credibilità all’interno di un sistema in sfacelo.
La missione intrapresa dalla Federal Reserve, infatti, è indirizzata a far saltare in aria qualcosa nello schema Ponzi europeo affinché metta in ginocchio tale giurisdizione e di conseguenza l’influenza strategica della cricca di Davos stessa. Problema: nessuna delle due fazioni principali in lotta non smetterà di guerreggiare finché l’altra non sarà stata sconfitta o come minimo ridimensionata. Di conseguenza, oltre alla Cina e il suo caravanserraglio di nazioni vassalle, l’UE vuole tornare ad avere dalla sua parte anche l’Inghilterra (temporaneamente persa durante la Brexit fortemente voluta dalla regina). Inoltre la stampante della BoE può fare comodo, dato che c’è bisogno di deviare l’attenzione dai guai finanziari montanti sia in Cina che in Giappone che, per quanto vogliano seguire a parole la FED, sono stata costrette a riaccendere la stampante per puntellare i loro mercati dato che un rialzo dei tassi significativo farebbe scappare tutti i buoi dalla stalla.
CLARIFICATION ⚠️$JPY is doomed in the long term, #Japan is deep into the liquidity trap and the wage-inflation spiral is already happening there (even if, not surprisingly, still officially denied)#Japanese people are sick and tired by Kishida that has such a low approval… https://t.co/6YXarV4R7U pic.twitter.com/kp9d69sErd
— JustDario 🏊♂️ (@DarioCpx) November 29, 2023
🚨IN A SCRAMBLE TO SURVIVE, SOFTBANK IS KILLING ALIBABA! 🚨$BABA closed the last session crashing 9% after results beating expectations across the board, leaving many dumbfounded. Of course, the media quickly made up a narrative to write a story that could more… https://t.co/4W1kwdQDgV pic.twitter.com/f1XAi3nmsC
— JustDario 🏊♂️ (@DarioCpx) November 17, 2023
Questi tweet rappresentano all’atto pratico quello che a livello teorico io dico costantemente su queste pagine: l’interconnessione del sistema finanziario odierno è talmente intricata che non si sa più chi possiede cosa e quanto valga davvero quella cosa. Badate bene che l’inversione del carry trade abilitato da uno yen a rendimenti negativi è ciò che ha principalmente permesso finora di tenere a galla i vari mercati mondiali; infine, però, i nodi vengono al pettine e bisogna fare i conti con le deformazioni risultanti. Potete star certi, comunque, che l’obiettivo della FED non è spazzare via tutti i player a essa avversi, ma creare tanto dissesto quanto basta per spazzarne via la maggior parte. E lo scompiglio generato finora ha sicuramente generato frizioni importanti, soprattutto se si osserva il mercato del lavoro europeo e quello del commercio mondiale. Questi sono tutti fenomeni a valle di un malessere economico principale che pone l’Europa come diffusore primario di tale malattia.
È per questo che le parole di Dimon sono cruciali, in particolar modo se si nota che finora la FED non ha effettivamente ristretto granché dal punto di vista monetario. Il tasso di riferimento più guardato negli Stati Uniti al netto dell’inflazione – la differenza tra il rendimento del decennale meno l’indice dei prezzi al consumo – è ancora solo dell’1% circa. La politica monetaria è ancora allentata, quindi, non stretta. Tradizionalmente un mutuatario può aspettarsi un rendimento reale sul suo denaro pari al 2-4%. Inoltre, per quanto la FED abbia ridotto l’offerta di denaro lasciando scadere le sue obbligazioni in portafoglio, finora ciò ha portato il suo bilancio da $8.900 miliardi a circa $7.900 miliardi. Non molto impressionante, soprattutto se si tiene in considerazione che era inferiore ai mille miliardi di dollari solo 15 anni fa. Per quanto abbia avuto effetto sulla riserva frazionaria del sistema bancario ombra, il compito della FED non è ancora esaurito.
A tal proposito deve anche impedire che i mercati interni diventino troppo turbolenti, facendo in modo che i piccoli/medi investitori rimangano investiti e non scappino in preda al panico. Non tanto per una eventuale fuga verso la qualità (che in fin dei conti sarebbe prevalentemente il dollaro), quanto per una questione di destabilizzazione in quanto tale. Qualsiasi banca centrale lavora secondo l’assunto “non agitare le acque” e mancare a questa linea d’azione significa incappare in guai di gestione ritenuti superflui dagli stessi banchieri centrali. L’ottimismo intorno a Nvidia, ad esempio, ruota tutto attorno a questo semplice fatto… anche se è un ottimismo privo di fondamento. Un compito difficile, senza dubbio, ma mai tanto arduo quanto quello della BCE che adesso, diversamente dal passato in cui la Federal Reserve copriva le spalle a tutti, è di fronte a una situazione esplosiva a causa del moltiplicarsi si aziende zombi che saltano. Ultimi esempi in ordine cronologico sono in Germania e in Austria. Dopo BoJ e PBoC, se si aggiungerà anche la BCE alla carovana di banche centrali che tagliano i tassi, allora quello sarà il segnale che le cose sono sfuggite di mano nella già tanto citata “race to the bottom”.
In questo contesto comunque, per quanto spericolate siano le azioni della Yellen e violenta la correzione nei mercati azionari, è necessario tenere a mente che gli Stati Uniti saranno quelli che meno ne risentiranno rispetto alle altre giurisdizioni. Infatti l’emissione a profusione di debito del Tesoro USA è l’unico modo in cui i Paesi esteri possono adesso entrare in possesso di garanzie con una liquidità molto alta, dato che, come ripetuto già diverse volte, il sistema degli eurodollari ormai è stato chiuso dalla stessa Federal Reserve. E con Paesi esteri intendo gli “amichetti” cui risponde la Yellen. Da questa escalation di eventi possiamo dedurre che uno degli asset più importanti di questo decennio sarà l’energia e, in particolar modo, la molla per far balzare il petrolio fino a $150 al barile. Oltre all’OPEC+ che continua a tagliare la produzione giornaliera, c’è il comparto nel suo insieme che non ha smesso mai di crescere nonostante la volatilità del prezzo dell’asset di riferimento. Le tensioni geopolitiche ed economiche, poi, sono la congiunzione cruciale in questo scenario che, per quanto ipotetico, non è affatto da escludere.
LA GARANZIA COLLATERALE NEL GRANDE GIOCO
Sebbene queste siano, apparentemente, forze più grandi del singolo, non esisterebbero senza il consenso implicito dello stesso. Questo a sua volta significa che esso è la garanzia collaterale affinché tale gioco possa andare avanti. È un circolo vizioso che pare non abbia fine. A tal proposito è utile capire da dove abbia iniziato a spiralizzarsi e in che modo possa essere eventualmente scardinato. I reperti archeologici mostrano che un tempo le persone vivevano in modo molto simile agli animali, cacciando e raccogliendo il cibo; quando poi scoprirono che potevano coltivarlo e potevano addomesticare animali, formarono degli insediamenti. L’agricoltura forniva un surplus di cibo e consentiva alle persone di dedicare meno tempo alla ricerca del nutrimento e più tempo per altre attività produttive, andando così a gettare le basi per una diversificazione strutturata del lavoro. Con tale specializzazione arrivò l’opportunità di commerciare: dal baratto fino allo scambio indiretto. Tutte le altre scoperte che hanno migliorato il nostro tenore di vita sono dipese dal semplice processo di scambio di un bene con un altro altamente liquido e quei beni universalmente accettati nel commercio divennero noti come denaro. Solo con l’avvento di quest’ultimo si poté sviluppare in larga misura la divisione del lavoro, consentendo alle persone di specializzarsi nelle linee di produzione più adatte alle loro capacità o al loro temperamento. In sintesi, il denaro ha reso possibile il progresso della civiltà come la conosciamo oggi.
Le persone hanno abbracciato l’idea del denaro perché le rendeva molto più ricche: a differenza del baratto non erano più limitate da una doppia coincidenza di desideri, tra le altre cose. Ma la civiltà si è sviluppata anche in altri modi, perché non tutti si accontentavano di lavorare e commerciare per sostenere sé stessi e le proprie famiglie. Alcuni entrarono a far parte di una banda dominante, promulgando regole e chiedendo tributi ai produttori in cambio di protezione da altre bande; pertanto lo sviluppo della civiltà è coinciso anche con l’emergere del governo autocratico, una struttura sociale a più livelli in cui i delinquenti impartivano ordini e il resto della società obbediva. Quando cominciò ad essere utilizzata la moneta coniata, i governanti videro che il controllo del denaro aumentava considerevolmente il loro potere.
Nel corso dei secoli i governi, in collusione con i banchieri, hanno eliminato il denaro-merce dai mercati mondiali, sostituendolo col denaro fiat separato da qualsiasi connessione con un valore reale. In un certo momento della storia umana coloro che, ad esempio, avrebbero voluto usare l’oro o l’argento negli scambi, avrebbero dovuto prepararsi al pericolo di una lunga pena detentiva. Con un governo autocratico non ci si poteva aspettare niente di meno: monopolizzare la contraffazione del denaro è sempre stato il modo preferito dallo stato per confiscare la ricchezza dei suoi sudditi, poiché non ha la capacità di effettuare un calcolo economico in accordo con segnali genuini di mercato. Di conseguenza deve crearne di artificiali per sopravvivere, ma in quanto tali essi non resistono alla prova del tempo e dell’azione umana. Le tasse, infatti, per quanto si possa propagandare il loro uso per “fini benevoli” o presumibilmente produttivi, sono uno strumento intrinsecamente distorcente.
Ma che dire delle cosiddette società democratiche in cui il governo presumibilmente serve gli interessi delle persone che lo eleggono? Per caso un qualsiasi economista ha scoperto una verità che legittima le attività di governi repressivi? Siamo ora soggetti a un sillogismo scientifico secondo cui la bontà del denaro in quanto strumento migliorativo del genere umano ci porta alla conclusione che più ne abbiamo meglio è? E poiché la cartamoneta può essere prodotta rapidamente e quasi senza limiti, essa è la scelta migliore. Come siamo finiti in un sistema monetario così barbaro quando il denaro è entrato nella storia del mondo come un benefattore per l’umanità?
Con l’ascesa del potere statale nel ventesimo secolo sotto la bandiera del progressismo, gli economisti iniziarono a parteggiare sempre di più per la causa dello stato e sostenere l’ideale dell’inflazione e del deficit come condizioni permanenti. Dal 1930 alla pubblicazione della Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta di John Maynard Keynes nel 1936, gli economisti di libero mercato scivolarono nell’oblio. I pochi libri che offrirono una spiegazione di libero mercato alla Grande Depressione – in particolare The Great Depression di Lionel Robbins (1934) e Banking and the Business Cycle: A Study of the Great Depression in the United States di Chester Phillips, T. F. McManus e R. W. Nelson (1937) – non hanno mai influenzato la politica. Perché? Perché quest’ultima aveva bisogno di giustificazioni a supporto della sua linea d’azione. Perché? Perché essa, come detto prima, non ha mezzi genuini per sopravvivere da sola alla prova del tempo e dell’azione umana. F. A. Hayek pensava che Keynes avrebbe in seguito ripudiato La Teoria Generale come fece con un lavoro precedente, quindi non si prese la briga di criticarla immediatamente (sebbene dal 1937 al 1988 la criticò in vari modi, sempre in sordina però visto che aveva capito che il mondo accademico era stato cooptato dalla politica e se voleva ancora farvi parte non doveva essere “accademicamente” sgarbato). Durante gli anni ’30 e durante la seconda guerra mondiale l’economista della Chase Bank, Benjamin Anderson, criticò le politiche governative in una serie di articoli che furono poi pubblicati su Economics and the Public Welfare nel 1949, anno della sua morte.
Come ha scritto Gary North, il libro di Keynes ha vinto la battaglia ideologica anche se nessuno lo ha mai letto. Viene letta invece la “traduzione” Economics di Paul Samuelson, originariamente pubblicato nel 1948. Samuelson guidò la carica nel promuovere “l’opera geniale” di Keynes:
È un libro scritto male, mal organizzato; qualsiasi profano che, ingannato dalla precedente reputazione dell’autore, avesse acquistato il libro sarebbe stato derubato dei suoi cinque scellini […]. È arrogante, irascibile, polemico e non eccessivamente generoso nei suoi riconoscimenti. È ricca di pii desideri o di confusioni. In esso il sistema keynesiano risalta indistintamente, come se l’autore fosse appena consapevole della sua esistenza o consapevole delle sue proprietà […] Insomma, è un’opera geniale. […] Keynes nega che esista una mano invisibile che incanala l’azione egocentrica di ogni individuo verso l’ottimale sociale. Questa è la somma e la sostanza della sua eresia. Nei suoi scritti si trova continuamente la figura retorica secondo cui ciò che serve sono certe “regole della strada” e azioni statali, che andranno a beneficio di tutti, ma che nessuno è motivato a stabilire o seguire da solo. [enfasi mia]
Il profano non solo è stato derubato dei suoi scellini, ma gli è stata anche negata una chiara esposizione di come funziona un’economia di mercato. Invece gli viene detto che abbiamo bisogno dello stato salvatore per evitare che l’economia si autodistrugga. Se, come diceva North, il marxismo è la religione della rivoluzione, lo statalismo è la religione della recessione.
1/ Oggi un noto gestore di telefonia ha mandato SMS a tutti i suoi clienti in cui si univa al coro unanime contro la buzzword del momento: il patriarcato. Se non c’avete fatto caso un nuovo movimento è sorto, o per meglio dire “ri-sorto”: i flagellanti.
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 25, 2023
Le azioni dello stato, per loro natura, non portano mai benefici a tutti. La proverbiale mano invisibile di Adam Smith ha funzionato nella misura in cui gli interventisti sono rimasti a bordo campo. Poiché Keynes è considerato l’economista più influente del ventesimo secolo, è l’apparato statale iper-interventista, e non il mercato, il responsabile del declino socio-economico del mondo odierno. Se le economie fossero libere dall’intrusione dello stato, la vita sarebbe migliore e qualsiasi idea di un Grande Reset verrebbe immediatamente respinta. Invece la sottomissione nei confronti di un sistema “più grande del singolo” è il segno distintivo della vittoria della battaglia ideologica nelle idee, pallino dei marxisti e strumento per eccellenza con cui propagandare visioni del mondo artificiali. Qual è il problema allora? Ancora una volta, non è qualcosa che resiste alla prova del tempo e dell’azione umana. La guerra tra “giganti” descritta nelle sezioni precedenti di questo pezzo trae vigore, energia e risorse dal saccheggio delle popolazioni sottomesse all’ideologia dello stato.
L’eutanasia della classe media, quindi, si riduce tutto a ciò: avere carburante a disposizione da bruciare nell’attuale race to the bottom e sperare che sia sufficiente in modo da superare gli avversari.
Il Green New Deal è stato un successo invece, perché sta progressivamente escludendo le persone dalla mobilità individuale. È intenzionale, non dovuto all’incapacità dei burocrati o a loro errori verso la via del “bene pubblico”. https://t.co/jCmrfjc76B
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 30, 2023
CONCLUSIONE
Il mercato azionario si rallegra per quella che sembra (apparentemente) essere la fine del ciclo di rialzi della FED e di un forte calo dei numeri (ufficiali) dell’inflazione. Anche il settore tecnologico nell’indice S&P 500 ha sfoggiato un rialzo del 48% quest’anno, più del doppio dello stesso S&P 500. Ciononostante non vedo alcun motivo per cambiare la mia prospettiva: in questo secolo ci sono voluti $27.000 miliardi in stimoli fiscali, finanziati con tassi ultra-bassi, per portarci dove siamo ed è estremamente improbabile che le tendenze degli ultimi 23 anni possano continuare ora che il credito a buon mercato è stato tagliato. Senza contare che le “buone notizie” vengono relegate al settore finanziario, dando quindi l’estensione di come esso sia percepito in modo distorto a livello mainstream come fucina della crescita economica. La finanziarizzazione dell’economia avvenuta negli anni ’80 ha praticamente aperto le porte alle distorsioni finanziarie che vediamo oggi e che hanno raggiunto picchi indicibili, deviando sempre più ricchezza reale da quei settori che l’avrebbero messa a miglior frutto a quelli che l’hanno sprecata. In sintesi, la Legge dei rendimenti decrescenti ha intaccato tutti quei benefici e vantaggi che la Rivoluzione industriale aveva apportato all’umanità, soprattutto perché l’incessante voracità dello stato ha impedito che la torta economica si espandesse e, quando gli è impedito di farlo, allora non si può far altro che divorare quella esistente. La crisi attuale, infatti, è una diversa dalle altre perché il furto del tempo, perpetrato per far sopravvivere un sistema socio-economico artificiale e insostenibile, è arrivato al capolinea. Adesso tale furto sta riguardando le popolazione autoctone, dato che in passato questa fase è stata ritardata grazie al saccheggio di quelle alloctone.
Le presunte buone notizie, quindi, non sono altro che un oceano di finzioni per nascondere un mare di fatti: il settore manifatturiero, la produzione industriale e le vendite al dettaglio sono tutti in calo. Senza contare poi i vari debiti pubblici: proprio di recente quello americano è passato da $33.500 miliardi a $33.700 miliardi, con gli interessi che presto supereranno i $1000 miliardi all’anno.
Il culmine del ciclo del credito (il livello massimo per le obbligazioni sovrane) è arrivato nel luglio del 2020 e da allora gli investitori hanno perso circa un terzo del loro capitale investito. Ora ci troviamo in un Trend primario diverso. Sebbene sia impossibile sapere esattamente cosa porterà, “più bolle” è probabilmente la meno probabile e stavolta il calo dei tassi d’inflazione sarà davvero “transitorio”. Molto probabilmente anche l’aumento dei prezzi delle azioni si rivelerà un’illusione e molto probabilmente le cose stupide che i politici stanno facendo – deficit, ingerenze militari, sanzioni, dazi, ecc. – porteranno il tipo di problemi che di solito causano inflazione, povertà e guerra.
Ma questa è una previsione a lungo termine, nelle settimane e nei mesi a venire tutto può succedere. Davvero viviamo in un mondo in cui le buone notizie non esistono? Oh no cari lettori, le notizie buone sono quelle che l’establishment vuole far passare per cattive e di recente è successo qualcosa che entrerà nei libri di storia. Come dico sempre nelle mie risposte quando mi si chiede come “agisce” un economista Austriaco, ebbene egli è un osservatore: guarda dalla finestra cosa accade in una determinata “casa” e poi trae le sue conclusioni. Non parte dalle sue conclusioni e fa in modo di adattare ciò che vede a esse. Lo scorso giugno scrissi questo pezzo, ricordando ai lettori come l’Occidente fosse instradato verso quella che possiamo definire la fase successiva della nipponizzazione dell’economia: l’argentinizzazione. Fino a quel momento tutto bene, ma poi è successo qualcosa: Milei è diventato presidente dell’Argentina. Qualcosa è, quindi, cambiato e dev’essere contestualizzato. Cosa?
Nel pezzo citato scrivevo di come in Argentina il suffragio universale, introdotto all’inizio del XX secolo, scandì da lì a pochi anni la discesa del Paese (il motivo per cui è fallimentare è spiegato in quest’altro articolo). Richiedere alle persone di votare significava che molti che altrimenti avrebbero potuto fare i propri affari senza danneggiare il benessere pubblico, dovevano prestare attenzione alla politica – almeno per il tempo necessario a capire da che parte del pane c’era il burro sopra. Ciò ha semplificato il lavoro degli imbroglioni politici: ogni voto equivaleva a ogni altro, quindi prendevano di mira quegli elettori che avrebbero venduto i loro voti a un prezzo più basso.
Le persone non sono né sempre buone, né sempre cattive, ma sono sempre soggette a influenza e incentivi/disincentivi; e la promessa del denaro gratis fu decisiva. Così le masse hanno eletto un populista chiacchierone dopo l’altro e così i politici hanno svalutato la valuta per coprire i costi della loro stessa corruzione. Però tre domeniche fa, dopo 7 decenni, il fascino del “qualcosa in cambio di niente” ha dimostrato che anch’esso è soggetto alla Legge dei rendimenti decrescenti. Questo è ciò che l’elezione di Milei ha evidenziato: per quanto possano essere pervasivi socialismo e statalismo, sono soggetti alla Legge dei rendimenti decrescenti.
Non ha promesso nulla e per quanto ne so è la prima volta nella storia che una democrazia vota per ridurre il potere dello stato stesso. Certo, potreste dire che Reagan e Trump sono stati eletti in base alla volontà di tagliare la spesa pubblica, ma entrambi l’hanno aumentata in quei settori che loro ritenevano essenziali. Solo Milei ha promesso di tagliarla per una questione di principio. Di conseguenza, per quanto anche le nazioni occidentali siano instradate lungo l’argentinizzazione delle loro economie, c’è la possibilità di tornare indietro. La Legge dei rendimenti decrescenti si applica a tutto. E forse l’Argentina adesso entrerà in una fase di rendimenti acceleranti se Milei riuscirà infine a mettere in pratica il suo programma: taglio alla spesa pubblica, dollarizzazione, contingentamento della banca centrale.
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