Una banca su due negli USA è insolvente
Il recente fallimento di First Republic Bank ha riacceso il campanello di allarme per molti investitori in tutto il mondo. E secondo una recente analisi condotta da un gruppo di accademici americani, non sarebbe un allarme infondato in quanto la metà delle banche statunitensi sarebbero già insolventi. Sembrerebbe che, durante la pandemia, le banche avrebbero concesso prestiti ad alto rischio, soprattutto a piccole imprese e famiglie, per sostenere l’economia e cercare di evitare una recessione ancora più profonda. Questo avrebbe solamente peggiorato la situazione creditizia del paese e del sistema bancario.
Infatti, molte delle banche che hanno concesso questi prestiti avrebbero problemi nel ripagarli, a causa dell’aumento del tasso di default dei debitori e della diminuzione delle entrate delle banche stesse dovuta al recente innalzamento dei tassi di interesse della Fed. Di conseguenza, molte di queste banche potrebbero finire per fallire, e ciò potrebbe innescare una gigantesca crisi del credito.
Una crisi del credito si verifica quando le banche hanno problemi a recuperare i prestiti concessi. Questo può causare una catena di fallimenti bancari, con una conseguente riduzione dell’offerta di credito e un aumento delle tariffe per i prestiti rimanenti, i quali diventano sempre più costosi e difficili da ottenere. Ciò potrebbe portare a una nuova recessione, che potrebbe essere ancora più importante di quella causata dalla pandemia.
Una delle cause della crisi attuale è indubbiamente la politica della Federal Reserve di mantenere i tassi di interesse bassi, in modo da stimolare l’economia. Questo ha portato la Fed ad avere un bilancio in perdita e le banche ad assumere maggiori rischi, concedendo prestiti a soggetti a rischio e aumentando la loro esposizione.
Il governo statunitense deve ora intervenire per impedire una crisi del credito. L’opzione più plausibile sarebbe quella di nazionalizzare le banche insolventi, in modo da garantire che i depositi dei clienti siano protetti e che le banche stesse possano continuare a prestare denaro. Ma questa opzione ovviamente comporta il rischio di un aumento dell’inflazione, perché il governo dovrebbe stampare nuova moneta per finanziare questa operazione.
Un’altra opzione sarebbe quella di ridurre il livello di debito delle banche, ad esempio cancellando una parte dei loro prestiti. Questo potrebbe comportare il rischio di una diminuzione della fiducia degli investitori nelle banche statunitensi, ma potrebbe anche liberare le banche dalla pressione di ripagare prestiti che non possono permettersi.
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A differenza dei depositi bancari, i bitcoin detenuti propriamente non sono soggetti a rischio di fallimento bancario. Bitcoin è estremamente difficile da cambiare come sistema poiché non è controllato da un individuo, un’azienda o un governo: e mentre l’offerta di denaro fiat sarà inevitabilmente gonfiata per salvare tutte queste banche dal fallimento, l’offerta di bitcoin rimarrà sempre invariata a 21 millioni di unità. Non dobbiamo convincerti che Bitcoin è la via d’uscita da questo inferno: saranno i prossimi anni di disastri e iperinflazione a mostrare a milioni di persone la via maestra.
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