Gli italiani sono tutti massimalisti
Basta prendere un aereo per la Turchia, la Finlandia, il Belgio, o qualsiasi altro paese nel mondo. Oltre ai soliti giri turistici, le sbronze con la gente del posto, e le altre varie attività volte a comprendere la cultura del paese, c’è una cosa che non manca praticamente mai: la cucina tipica.
E non si può non cadere in stereotipi e luoghi comuni qui, ma sappiamo tutti che, anche quelli tra noi che si possono considerare più “aperti” e “cittadini del mondo”, arriveranno sempre ad alzare un sopracciglio alla visione delle tradizioni culunarie altrui.
C’è poco da fare: noi italiani abbiamo una forte chiusura mentale quando si tratta di tutte quelle regole senza senso che però definiscono una grande tradizione rinomata in tutto il mondo. Dalla necessità di fare una colazione con il dolce, alla regola del cappuccino mai consumabile dopo pranzo, fino al rigido ordine con cui devono essere servite le varie portate o il fatto che la frutta sulla pizza la si può mettere, però solo quella comunemente accettata, tipo i fichi (mica l’ananas come fanno quelle bestie oltreoceano).
Non che altri paesi non siano spesso altrettanto attaccati alle loro tradizioni. Eppure chi ha vissuto in altre culture sa benissimo che di esempi che arrivano a questi livelli ce ne sono ben pochi.
E visto che siamo in vena di luoghi comuni, aggiungiamone un altro: la cucina italiana è tra le migliori al mondo, se non LA migliore. In tanti si troveranno in disaccordo su questo punto, ma i fatti parlano molto chiaramente: di ristoranti italiani se ne trovano a migliaia da Beijing a Chicago, e ogni anno ondate di turisti affollano le nostre città anche per mangiare del sano e genuino cibo italiano. I dati parlano chiaro.
Questa lunga premessa non ha una funzione auto-celebratoria come spesso facciamo noi italiani per illuderci che ancora contiamo qualcosa nel mondo. Vuole invece semplicemente evidenziare come quell’atteggiamento per cui molti Bitcoiner vengono spesso condannati, è rinvenibile in una cosa che accomuna la maggioranza delle persone nel Belpaese. Quando si tratta di cibo, gli italiani sono quasi tutti massimalisti.
Ovviamente gli italiani mangiano il sushi, le enchiladas, e gli hamburger oltre che la pastasciutta. Ma tutto sommato, l’idea che “there is no second best” si ritrova molto spesso nella mentalità comune – soprattutto le generazioni passate, che in alcuni casi arrivano a mangiare solo il cibo della propria regione.
Questo massimalismo si spinge ai livelli di tossicità simili a quelli che si vedono nel mondo Bitcoin quando assistiamo al rifiuto di scendere a compromessi sulla qualità del cibo e sul rigore delle ricette. Si pensi banalmente alla ricetta della carbonara, su cui ogni romano potrebbe scrivere interi manoscritti. Utilizzare il guanciale invece che la pancetta è poi così diverso dall’avere blocchi piccoli invece che averne di più grandi?
Ora che si è fatto questo paragone, possiamo quindi arrivare al punto centrale, ovvero alla ragion d’essere del massimalismo e della tossicità in entrambi i casi. Perché forse non sono i prati padani, il mare campano, o le colline toscane che hanno reso la cucina italiana così rinomata nel mondo. Forse il segreto della cucina italiana risiede nel fatto che gli italiani non siano disposti a scendere a compromessi. Sono così chiusi mentalmente che non permettono agli investitori americani di entrare nel mercato con la loro pizza Domino’s. E non è un caso che solo in Italia ci sono così centinaia di denominazioni protette che impediscono di produrre Parmigiano siciliano o Nero D’Avola piemontese.
Come menzionato sopra, spesso sono regole che sembrano non avere senso, eppure le rispettiamo con diligenza per il semplice fatto che sappiamo di essere nani sulle spalle dei giganti, e quella tradizione è il risultato di secoli di conoscenza popolare. E le regole non si cambiano da un giorno all’altro senza un consenso di tutti quanti. Serve tempo e servono piccoli test che vengono prima fatti dai palati più competenti per poi cercare di passare il severo giudizio popolare.
La prossima volta che qualcuno dovesse farti sentire in colpa o farti venire qualche dubbio sulla tua chiusura mentale massimalista Bitcoin, pensala in questi termini. In maniera non troppo differente da come i tuoi nonni hanno protetto la cucina italiana per tramandarla di generazione in generazione, tu adesso stai proteggendo un movimento, permettendogli di sopravvivere per i tuoi figli e nipoti.
Non solo il massimalismo non è dannoso per Bitcoin, ma si potrebbe addirittura dire che sia ciò che rende Bitcoin così speciale. Come per la cucina tradizionale, Bitcoin dovrà resistere la prova del tempo nei secoli. E il suo successo dipenderà interamente dalla nostra volontà di scendere a compromessi.
Dunque, mettiamo il guanciale o la pancetta?