Bitcoin è protetto dalla Costituzione italiana?

Non sembrerebbe particolarmente necessario chiedersi questa domanda allo stato attuale delle cose in quanto, al momento, in Italia non esiste una normativa specifica che regolamenti Bitcoin da poter sottoporre ad un controllo di costituzionalita’.

L’Agenzia delle Entrate e’ stata finora l’unica che ci ha fornito alcune indicazioni interpretative sul regime fiscale applicabile alle cosiddette valute virtuali, ma ad ora cio’ non costituisce nulla di particolarmente importante o significativo.

Dall’interpretazione dell’agenzia si potrebbe anzi desumere che Bitcoin abbia effettivamente corso legale in Italia e che possa essere liberamente scambiato tra privati, purché si rispettino le norme antiriciclaggio e si dichiarino le eventuali plusvalenze realizzate.

Tuttavia, l’interpretazione di un’agenzia – per quanto certamente non irrilevante – non e’ sufficiente per poter fare previsioni sulla futura regolamentazione di Bitcoin nel Belpaese.

Nel merito della questione di costituzionalità

Ma quello di detenere bitcoin può essere considerato un diritto costituzionalmente tutelato? A nostro avviso, leggendo la carta costituzionale del ’48, la risposta è affermativa, e un’eventuale legge che ne impedisca l’utilizzo dovrebbe essere dichiarata incostituzionale alla stregua di tante altre proposte del passato che limitavano il libero utilizzo di tecnologie quali il telefono, la radio, i giornali, e internet.

Bitcoin rientra infatti nella tutela di molti dei rapporti civili espressamente menzionati nel titolo I della Costituzione. In particolare, rilevano gli articoli 13-15 e 21. Vediamoli insieme nel dettaglio

La libertà personale

L’articolo 13 dispone che:

La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Bitcoin, in quanto denaro digitale che consente di effettuare transazioni senza intermediari, rappresenta una forma di libertà personale che non può essere limitata arbitrariamente dallo Stato.

Ne consegue che, salvo qualora vi siano circostanze particolari quali attività criminali di particolare interesse per le autorità, è costituzionalmente illegittima qualsiasi legge che limiti la libertà dei cittadini di detenere, scambiare, o utilizzare bitcoin per i propri affari.

Sia ben chiaro, la detenzione di Bitcoin non e’ un’attivita’ che rientra nell’ambito fisico su cui le autorita’ esercitano il loro controllo, in quanto e’ possibile detenere l’equivalente del PIL di nazioni intere semplicemente memorizzando 24 parole. Tuttavia, la violazione della liberta’ personale potrebbe implicare l’avanzamento di minacce o altre attivita’ con lo scopo di esercitare controllo sui bitcoin di una persona.

L’inviolabilita’ del domicilio


L’articolo 14 dispone che:

Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.

L’importanza dell’articolo 14 può essere compresa a pieno solo da tutti coloro che sanno come, per poter utilizzare la tecnologia di Bitcoin in modo self-sovereign, è solitamente necessario gestire un nodo con cui monitorare la rete e propagare le transazioni.

Gli utenti più avanzati avranno addirittura nodi LN o Tor. E non solo, per garantire la sicurezza dei fondi, sarà necessario avere un backup della seed phrase del proprio wallet e spesso un dispositivo hardware per non dover esporre le proprie chiavi online. Premessa fondamentale per l’utilizzo di tutti questi sistemi è che il luogo fisico in cui ci si trova è sicuro. E quando parliamo di sicurezza, non ci riferiamo ai ladri o ai malintenzionati, ma alle autorità che – a differenza di altri paesi – non possono liberamente perquisirci nelle nostre proprietà private. L’articolo 14 è fondamentale proprio in questo senso.

Diritto alla privacy

L’articolo 15 è un’altro articolo di grandissima importanza, in quanto dispone che:

La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

Bitcoin, essendo basato su una tecnologia crittografica e su una rete distribuita, garantisce un elevato grado di privacy e sicurezza nelle comunicazioni tra gli utenti. Ciononostante, è facile per attori come Chainalysis spiare le attività nel network per poter collegare i puntini e ricondurre le transazioni a determinate persone. Per questo, tecniche più o meno nuove per anonimizzare i propri sats sono emerse negli anni, facendo alzare un sopracciglio ai governi di mezzo mondo.

Ma se consideriamo le transazioni Bitcoin come una mera trasmissione di dati attraverso una rete informatica è facile rendersi conto che non solo sistemi come Coinjoin non dovrebbero essere considerati illegali – ma che addirittura questi sono esplicitamente protetti dalla Costituzione.

Un’interpretazione ancora più estrema dell’articolo 14 potrebbe addirittura portare alla dichiarazione di incostituzionalità di alcune procedure di KYC che talvolta potrebbero rivelarsi essere un po’ troppo invasive. Sulla questione privacy, si potrebbe aprire una gigantesca parentesi che includerebbe tutte quelle fattispecie che non riguardano direttamente Bitcoin ma sono necessarie per utilizzare quest’ultimo in maniera effettivamente anonima.

La liberta’ di espressione

Passando quindi all’articolo 21, la costituzione dispone che:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Sebbene questa norma non sia per sé direttamente applicabile alla fattispecie in questione, vi è un chiaro collegamento a tutta quella che è il sottostante filosofico di Bitcoin, il quale si basa sull’assenza di censura e sulla possibilita’ per chiunque di accedere a internet e quindi partecipare nel processo decisionale di Bitcoin.

A tal fine, rileva in particolare la sentenza della Corte Costituzionale del 15 giugno 1972, n. 105 con cui la corte ha stabilito che “Esiste un interesse generale alla informazione – indirettamente protetto dall’articolo 21 della Costituzione – e questo interesse implica, in un regime di libera democrazia, pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee”.

A voler sviluppare un pensiero un po’ piu’ elaborato, si potrebbe addirittura considerare l’utilizzo di Bitcoin come l’espressione di una visione alternativa del sistema monetario e finanziario che potrebbe rientrare nell’ambito dell’articolo 21 (ma dubitiamo che i giudici della Consulta a Roma potrebbero mai giungere a una tale conclusione).

La proprietà privata

Altra disposizione fondamentale che non puo’ mancare in questa analisi e’ quella dell’articolo 42 comma 2, secondo il quale:

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

Si potrebbero scrivere libri interi come commento a questa disposizione particolare (ed effettivamente, ne sono stati scritti tantissimi), ma basti sapere al lettore che per un giudice e’ molto difficile sottovalutare l’importanza di questo articolo nel sistema attuale.

Sia ben chiaro: l’articolo non prevede un diritto assoluto, in quanto il comma 3 di questo stesso articolo precisa immediatamente che “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Il termine “motivi di interesse generale” e’ intenzionalmente vago ed e’ stato interpretato in diverse maniere dalla giurisprudenza negli anni. Manca tuttavia un riferimento all’espropriazione che non riguardi beni fisici come una casa o un terreno). L’analisi su una possibile espropriazione di Bitcoin per motivi di interesse pubblico sarebbe sicuramente senza precedenti e fattispecie simile – il che potrebbe essere sia una cosa positiva che negativa.

Il risparmio nella costituzione

A voler sviluppare un argomento a favore di Bitcoin nell’ambito di un controllo di costituzionalita’ di una norma, non puo’ sicuramente mancare l’articolo 47, il quale dispone che:

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.

Chiunque non abbia una sufficiente conoscenza di Bitcoin trovera’ il collegamento quasi controintuitivo, data la volatilita’ del prezzo di Bitcoin. Tuttavia, un’analisi approfondita del significato della norma potrebbe rivelare non solo che la detenzione di bitcoin rientrerebbe a pieno nell’ambito di questa norma e va pertanto tutelata dallo stato, ma si potrebbe addirittura desumere l’incostituzionalita’ del denaro fiat in quanto in diretta contrapposizione alla ratio del disposto dell’articolo 47. Quest’ultima parte, ovviamente, non potrebbe mai essere riconosciuta dal giudice di qualsivoglia corte – anche se sarebbe interessante provare a portare avanti una tale argomentazione.

Il fil rouge che lega i padri costituenti a Satoshi

Come i lettori sapranno benissimo, la Costituzione italiana è nata dopo la fine della seconda guerra mondiale a seguito della dittatura fascista. Anche i piu’ convinti libertari non possono negarne un certo valore nel contesto della societa’ contemporanea, in quanto si prefigge lo scopo di garantire i diritti e le libertà dei cittadini, e di contrastare ogni forma di autoritarismo e di totalitarismo.


Bitcoin, in quanto strumento di promozione della libertà dell’individuo, della trasparenza, e della resistenza alla censura, è molto più in linea con le intenzioni dei padri costituenti di quanto non si creda. Bitcoin è una tecnologia che “anche i tuoi nemici dovrebbero poter utilizzare” e rappresenta una delle espressioni piu’ interessanti di pluralismo e rappresentanza equa di interessi, in quanto opposta a qualsiasi forma di controllo e di coercizione da parte delle autorità centrali, siano esse statali, parastatali o private.

Dovrebbe dunque essere possibile affermare che Bitcoin non è solo protetto dalla Costituzione italiana dal punto di vista delle libertà personale e dei diritti di cui agli articoli sopra, ma potrebbe addirittura rappresentare uno strumento per la promozione di quei principi costituzionali e dell’interpretazione originale che era stata data dai padri costituenti alla carta costituzionale del 1948.