Che cosa significa essere un Bitcoiner? E’ possibile identificarsi come tale senza doversi intingere la fronte di lacrime di shitcoiner dopo aver mangiato una bistecca cruda? Sorprendentemente, la risposta sembrerebbe essere affermativa, in quanto non esiste un’autorità che decide chi è un Bitcoiner e chi non lo è.

Marco Crotta, classe 1983, è uno dei Bitcoiner più importanti in Italia. Dal 2017 spiega argomenti tecnici come P2PKH e SegWit, ma si è anche reso noto per il suo lavoro di contrasto alle truffe e al marketing fraudolento che proprio in quel periodo di ICO aveva trovato terreno fertile. E mentre le aziende di tutto il mondo gareggiavano per includere la parola “blockchain” nei loro prodotti, Marco registrava video su come NON usare la blockchain e lo “Shitcoin Detector” sul suo canale YouTube Blockchain Caffe.

Marco Crotta si è sempre distinto per la sua prospettiva non massimalista, pur essendo un convinto sostenitore del progetto Bitcoin. Abbiamo fatto quattro chiacchere con Marco per capire meglio le sue opinioni a 15 anni dal lancio del progetto di Satoshi.

(Quasi) solo Bitcoin

Marco spiega che “minimo 90%” del suo focus attuale è su Bitcoin, con il rimanente 10% che va ad alcuni progetti EVM. Riguardo questi ultimi, chiarisce che “non mi interessa il token alla base, mi interessa quelle che sono le features che la chain mi può dare in termini di servizi tecnologici”, spiega.

Effettivamente, questo riflette quanto si può vedere sul suo canale YouTube, in cui i video legati a Bitcoin sono la stragrande maggioranza. Tutti quei video legati alle pseudo-blockchain di turno o all’ultima criptovaluta che promette la luna sono invece sempre caratterizzati da un forte scetticismo e spirito critico.

Marco ha sicuramente fatto alzare le sopracciglia di molti massimalisti negli anni. Tuttavia, l’impressione è che lui sia generalmente in buona fede e genuinamente interessato alla sperimentazione e non alla speculazione o all’approfittarsi del prossimo.

Marco confessa che per lui “l’unica moneta è Bitcoin, le altre sono tecnologie interessanti da utilizzare per altre cose.”

Il massimalismo come ideologia

Quando riflettiamo sul concetto di massimalismo, Marco esprime la sua posizione critica verso l’esagerazione. Paragona il massimalismo a un pensiero religioso integralista, in quanto ha riscontrato la tendenza a voler ricondurre sempre tutto quanto a dei precetti.

Secondo lui, “quando prendi un religioso integralista, qualsiasi cosa faccia è ricondotta sempre alla religione, mentre ovviamente essendo io un uomo di scienza e di tecnologia, per me quella cosa lì non esiste proprio come forma mentis. Non è che il mondo deve girare necessariamente intorno a Bitcoin e ai precetti del massimalismo”.

Alcuni esempi di “precetti massimalisti” che ha riscontrato Marco, c’è l’esigenza di dover mangiare carne, il dovere di avere figli, e la passione per le armi da fuoco. “Mi sembrano molto dei discorsi da Redneck e che impongono una sorta di pensiero unico”.

In fondo, a Marco Crotta non interessa tanto delle classificazioni. Ci spiega che “nonostante la community sia comunque spaccata in correnti, siamo tutti quanti attori nel nostro piccolo di un cambiamento che sarà epocale”.

Il massimalismo è una feature, non un bug…

D’altro canto, Marco Crotta è “assolutamente favorevole a come il massimalismo ha influito sull’evoluzione di Bitcoin e sugli avanzamenti”.

Ed è qui che il massimalismo diventa importante secondo lui: “nel momento in cui si parla di Bitcoin, dell’evoluzione del suo protocollo in cui si prende anche in considerazione la più remota virgola e la più remota ipotesi. Perché stiamo parlando di un protocollo estremamente complesso, estremamente sfaccettato e variegato”.

Secondo Marco, è molto importante avere un approccio ultra-conservativo in cui si esclude categoricamente che si possa avere su Bitcoin un approccio move fast, break everything come quello di Ethereum, “che poi alla fine lì fai dei danni”.

L’interpretazione di Marco è dunque di un massimalismo che porta a una corretta cautela. “Ma attenzione! Anche in questo caso non ideologica, ma perché c’è una ragione molto pratica e concreta. Allora sì, in quell’accezione, il massimalismo è assolutamente necessario”.

E il massimalismo monetario invece?

Marco si esprime anche sul tema caldo degli ordinals, svelandoci che la sua posizione è molto decisa sulla questione.

“Se queste altre cose che facciamo ci portano a negare o a ribaltare la natura che inizialmente ha Bitcoin, allora sono da mettere in discussione queste cose – non la natura di Bitcoin.”

Marco si esprime sull’idea stessa degli ordinals, spiegando che li vede come spam, come una cosa assolutamente senza senso, che “non hanno nessun senso di esistere”, sono “una carnevalata”, e che sono “contrari al principio don’t trust verify alla base di Bitcoin”.

Su questo, spiega, “io forse sono più massimalista dei massimalisti”, riferendosi a come molti stiano difendendo la libertà di includere questi dati sulla blockchain di Bitcoin. “Ma arriva un punto dove devi porti delle domande se questa ortodossia non rischia di mettere in discussione le basi del funzionamento del progetto stesso”.

Marco Crotta si posiziona a favore dei filtri sviluppati da Luke Dashjr Jr. “Se potessi esprimere il desiderio di far sparire gli ordinals completamente, lo esprimerei! Abbiamo tantissime cose molto più importanti, molto più serie, e molto più necessarie da fare piuttosto che replicare [gli NFT] quasi come se fosse una specie di invidia verso le altre chain”.

Scalabilità di Bitcoin e aggiornamenti futuri

Sul tema della scalabilità, Marco esprime apprezzamento per Lightning ma indica la complessità nella gestione dei nodi e del bilanciamento dei canali. Sottolinea la necessità di un Layer 2 più accessibile e inclusivo. “Mi piacerebbe vedere un layer 2 più facile, più comodo, più alla portata di tutti. Ma le scelte per la scalabilità di Bitcoin devono essere fatte con estrema cautela e attenzione alla natura del protocollo.”

Marco pensa che Ark sia una soluzione molto promettente ma che ci vorrà tempo per capire. Su Liquid invece, non sembra essere molto convinto: “Dobbiamo dichiarare di accettare un compromesso che va pesantemente contro quelli che sono gli assunti di base della filosofia di Bitcoin. L’importante è essere onesti e trasparenti su tutti quanti i punti di vista e non cercare appunto di pontificare troppo”.

Marco spiega che non crede ci sia un peccato o una colpa nell’usare le Bitcoin Bank o un sistema full custodial. Lascia pero’ intendere che spesso alcuni sono particolarmente inquisitivi con alcune soluzioni e meno stringenti con altre.

Riguardo a possibili futuri soft fork, Marco ribadisce la sua posizione ultra conservativa. Se potesse scegliere come impacchettare l’ultima soft fork pee Bitcoin, lui toglierebbe funzionalità al protocollo invece che aggiungerne, come la rimozione di OP_Return e calcolo delle fee Segwit.

“Tutto quello che porta Bitcoin a essere potenzialmente meno denaro e potenzialmente più qualcosa altro, io le toglierei.”

Bitcoin in Italia

Marco Crotta si è ormai ritagliato un ruolo importante nella comunità italiana, e mantiene buoni rapporti con tutti. Ma quando gli chiediamo chi è la sua figura di riferimento, non esita un istante: “C’è una risposta sola: Giacomo Zucco”. Marco immediatamente riconosce il ruolo di Zucco nel promuovere Bitcoin e la divulgazione nel paese.

“Credo che tutta l’Italia e in buona parte anche il resto del mondo abbia un debito di gratitudine nei confronti di Giacomo per tutto quello che ha fatto per tutti noi, per Bitcoin e per la divulgazione.”

Ci racconta che ha un debito con Giacomo: “mi ha fatto partecipare al 47esimo meetup a Milano e mi ha lasciato aprire sulla parte introduttiva per i newbies. È stato un evento per me estremamente importante, che mi ha dato la possibilità di fare una cosa a cui tenevo tantissimo. E mi ha lasciato spazio come lo lasciava a personaggi di primissimo ordine come Andrew Poelstra e Peter Wuille”.

La fine della politica secondo Marco Crotta

Marco discute il cambiamento di narrative politiche in Bitcoin nel tempo, sottolineando che le categorie tradizionali come destra e sinistra stanno perdendo significato. Invita a concentrarsi su ciò che unisce anziché su ciò che divide.

“Bitcoin è politica ma bitcoin non è la politica che siamo abituati a fare noi. Così come bitcoin ha portato una novità enorme nel sistema monetario ed economico, se bitcoin è politica allora porterà un cambiamento enorme anche lì.”

“Io mi ricordo che i primi anni quando studiavo bitcoin e ascoltavo gli speech di Antonopoulos, il tema che ricorreva era un tema riconducibile alla sinistra, cioè il fatto che c’erano gli unbanked, gli ultimi, che potevano finalmente avere un loro sistema. Era arrivato qualcosa che poteva permettere a questi ultimi di non essere più all’angolo.”

Marco spiega che successivamente, molti hanno cercato di salire sul carro dei vincitori e il discorso degli unbanked è sparito perché a fini politici c’è qualcuno che vuole portare Bitcoin più verso altri pensieri, verso altre filosofie e verso altre ideologie. Ma Bitcoin doesn’t care.”

Un “massimalista moderato”

Sebbene non esistano definizioni di Bitcoiner o massimalista, l’impressione è che Marco potrebbe potenzialmente soddisfare le condizioni per entrambi. Ma è anche evidente che, a Marco Crotta, le etichette non piacciono molto. E quindi mantiene sempre una certa distanza da quella che negli anni è diventata inevitabilmente la monocultura (nel bene, e nel male) di Bitcoin.

Nel suo essere un outsider, Marco ci ricorda che, al netto di quelli cercano di venderti il loro nuovo progetto scintillante, bisognerebbe essere aperti a quelli che la vedono diversamente da noi o che semplicemente si posizionano in controtendenza rispetto agli altri, prioritizzando il loro senso di identità rispetto al senso di appartenenza che in molti cercano.

E per utilizzare le sue parole, “tutti quanti dovremmo fare nel nostro piccolo qualche cosa per gli altri. Per quelli che sono già in bitcoin e per gli altri che non ci sono ancora ma che dovranno arrivare.”