di David Stockman

Il tradimento sulla rettitudine fiscale da parte del presidente Johnson potrebbe rappresentare la campana a morto per il Partito repubblicano. Sta rischiando la sua carica di portavoce per $95 miliardi in aiuti esteri che lo Zio Sam non può neanche lontanamente permettersi, e che in realtà non forniscono alcun beneficio alla sicurezza interna dell’America.

Ciò che la Waterloo di Johnson significa, quindi, non è la prospettiva di un’altra battaglia di successione, ma che non ha alcun senso preservare una maggioranza repubblicana e un presidente repubblicano alla Camera, dato che il Partito repubblicano è stato talmente infettato da guerrafondai neoconservatori e politici carrieristi intenti a crogiolarsi in progetti imperiali che il meglio che il caucus repubblicano alla Camera ha potuto fare è stato espellere il precedente deep stater dalla sedia del Presidente.

Il Partito repubblicano è quindi veramente irredimibile. Come disse una volta JFK a proposito della CIA, la sua necessità è essere frantumata in mille pezzi e spazzata nella pattumiera della storia.

Infatti quando si osserva la disastrosa traiettoria fiscale incorporata nelle ultime prospettive fiscali trentennali del CBO, viene davvero da chiedersi cosa stiano realmente pensando le menti in miniatura come quelle del deputato Johnson. Vale a dire, l’ultima relazione del CBO e pubblicata a marzo presuppone che non ci sarà mai più un’altra recessione, né una riacutizzazione dell’inflazione, un’impennata dei tassi d’interesse, una crisi energetica mondiale, una guerra prolungata, o qualsiasi altra crisi immaginabile: solo una tranquilla navigazione economica per i prossimi 30 anni.

Eppure anche secondo i calcoli di questo scenario roseo sotto steroidi il debito pubblico raggiungerà un minimo di $140.000 miliardi entro il 2054. A sua volta ciò farebbe sì che i pagamenti degli interessi sul debito pubblico, con tassi solo 200 punti base più alti di quelli attuali, raggiungano i $10.000 miliardi all’anno.

Non sono necessari paragrafi, pagine e monografie meritevoli di analisi e amplificazioni per capire dove stiamo andando. Il bilancio della nazione è ora sul punto di finire nelle fauci di una macchina apocalittica.

Gli aiuti esteri del portavoce Johnson:

• Indo-Pacifico: $8,1 miliardi

• Israele: $26,4 miliardi

• Ucraina: $60,8 miliardi

• Totale: $95,3 miliardi

Johnson e una buona parte del Partito repubblicano hanno ceduto alla paranoia neoconservatrice, alla stupidità, alle bugie e alle vuote scuse per essere guerrafondai. Per dirla tutta, Putin non ha alcun interesse a molestare i polacchi, per non parlare di assaltare la Porta di Brandeburgo a Berlino. Certamente non è Gandhi, ma è più che intelligente da riconoscere che con un PIL di $2.200 miliardi e un budget di guerra da $80 miliardi non avrebbe senso entrare in guerra contro i $45.000 miliardi di PIL della NATO e i bilanci di guerra combinati superiori a $1.200 miliardi.

Allo stesso modo lo schema rosso di Ponzi cinese da $50.000 miliardi, gravato dal debito, crollerebbe in pochi mesi se il suo flusso di $3.500 miliardi di proventi dalle esportazioni venisse interrotto dopo aver tentato di portare la sua unica portaerei moderna sulla costa della California. E l’Iran non ha armi nucleari, missili a gittata intercontinentale e un PIL pari a 130 ore di produzione annua degli Stati Uniti.

Asse del male? Ma per favore!

Eppure questo è esattamente ciò che il Presidente ha detto di recente dopo aver partecipato a troppi briefing del Deep State ed essersi fatto tirare per la giacchetta. Le creature della Palude vedono sicuramente l’ingenuità e la sfacciata ignoranza del ragazzo come un dono per loro.

Il portavoce Mike Johnson: “Sosterremo la libertà e ci assicureremo che Putin non marci in Europa […] siamo la più grande nazione del pianeta e dobbiamo comportarci di conseguenza.

Questo è un momento critico, un momento critico sulla scena mondiale. Posso prendere una decisione egoistica e fare qualcosa di diverso, ma qui sto facendo quello che credo sia la cosa giusta. Penso che fornire aiuti all’Ucraina in questo momento sia di fondamentale importanza. Davvero. Credo davvero alle informazioni e ai briefing che abbiamo ricevuto.

Credo che Xi, Vladimir Putin e l’Iran siano davvero l’Asse del male. Quindi penso che Vladimir Putin continuerebbe a marciare attraverso l’Europa se gli fosse permesso. I prossimi potrebbero essere i Balcani o una resa dei conti con la Polonia o con uno dei nostri alleati della NATO.

Per dirla senza mezzi termini, preferirei mandare proiettili in Ucraina piuttosto che i nostri ragazzi. Mio figlio inizierà l’Accademia Navale quest’autunno. Questo è un discorso delicato per me come lo è per tante famiglie americane. Non è un gioco”.

Speaker Mike Johnson: “We’re going to stand for freedom and make sure that Putin doesn’t march through Europe… we’re the greatest Nation on the planet, and we have to act like it”

He confirms Trump supports him and the record-breaking Ukraine funding plan he just introduced pic.twitter.com/uTUjs7rRz2

— Michael Tracey (@mtracey) April 17, 2024

Inutile dire che il portavoce non distingue i Paesi “Baltici” dai “Balcani”, dove la Serbia e gli altri alleati della Russia non tremano riguardo a Putin.

In realtà non è difficile capire che la guerra civile e la disputa territoriale tra Kiev e Mosca sul Donbass e sulla sponda del Mar Nero, da Mariupol a Odessa, siano una questione regionale e che è stata ulteriormente alimentata dall’insensata spinta della NATO verso est fino alle porte della Russia.

Vale a dire, la guerra in Ucraina finirebbe domani senza un altro centesimo di aiuti da parte dei contribuenti statunitensi se Washington accettasse che il Paese deve essere porzionato: da un lato tra ciò che le mappe del 1917 mostravano come Novorossiya (Nuova Russia) a est e a sud, e dall’altro parti e pezzi di Polonia, Galizia-Austria e Hetmanati cosacchi al centro e a ovest; accettare di tenere la NATO fuori dai margini dell’Ucraina al centro e a ovest e poi tutto sarà finito.

Tuttavia la follia della russofobia che impedisce agli idioti come Johnson di avere una comprensione anche rudimentale della questione rivela un grosso problema sul perché la politica estera egemonica di Washington sia un tale disastro, la quale genera incessantemente pazzie come l’odierno spreco da $95 miliardi.

Vale a dire, incoraggia gli stati clientelisti e alleati dell’Impero ad assumere posizioni bellicose nei confronti dei rivali e nemici designati da Washington perché manda aiuti nelle loro casse, armi ai loro eserciti e prestigio/importanza personale ai loro politici e diplomatici.

Davvero i politici di destra polacchi continuerebbero ad abbaiare contro la Russia in assenza della sua adesione alla NATO e dello scudo militare e diplomatico fornito dagli Stati Uniti? Dubito che prenderebbero in giro l’orso russo, ma cercherebbero invece un accordo amichevole con un partner commerciale naturale.

Allo stesso modo la Germania. Quest’ultima era così pietrificata dalla Russia che solo nel 2019 ha speso la somma di appena $50 miliardi e l’1,3% del PIL nella difesa, alimentando logicamente la sua fiorente economia industriale e di esportazione con il gas russo a basso costo.

Ciò che è cambiato da allora non è neanche lontanamente la valutazione della Germania sulla minaccia russa, bensì la sua linea di politica in quanto stato clientelista. Il Partito dei Verdi è entrato nella coalizione di governo con i socialdemocratici che suonavano i tamburi di guerra perché vedevano nell’attacco alla Russia e al gas russo un modo per promuovere la loro orribile crociata contro i combustibili fossili – sapendo che lo scudo militare di Washington li proteggeva.

Per quanto riguarda Taiwan, la cosa è ancora più incredibile. Senza gli aiuti “nell’Indo-pacifico” i leader di Taiwan si recherebbero a Pechino per discutere di una sua transizione a “Hong Kong”. La sicurezza interna dell’America non verrebbe intaccata, anzi verrebbero risparmiati 100.000 militari in Estremo Oriente e il costo multimiliardario del pattugliamento del Pacifico.

Poi ovviamente arriviamo ai $26,4 miliardi per Israele. Si tratta di circa il 4,5% del suo PIL e dovrebbero provenire dalle tasse di guerra, non dalla carta di credito dello Zio Sam. La spesa per la difesa di Israele è costantemente crollata a meno del 5% del PIL, anche se il suo elettorato ha ripetutamente eletto governi bellicosi costituiti da guerrafondai di destra e fazioni religiose fanatiche.

Non solo questi governi di Netanyahu hanno costantemente minato una soluzione a due Stati al problema palestinese – inclusa la benedizione al trasferimento di miliardi di contanti ad Hamas al fine di indebolire l’Autorità Palestinese controllata da Fatah – ma hanno demonizzato l’Iran principalmente per scopi di politica interna. In assenza dello scudo della Marina e dell’Aeronautica americana nella regione, nessun governo israeliano avrebbe mai condotto infiniti raid su questo Paese o sabotato a Capitol Hill accordi costruttivi con l’Iran come l’accordo sul nucleare di Obama.

Israele – Spesa militare (% del PIL)

Infatti senza la donazione annuale di $4 miliardi da parte dello Zio Sam e uno scudo militare regionale ancora più prezioso, Netanyahu e le sue coalizioni estremiste sarebbero stati da tempo cacciati dall’elettorato israeliano.

In fin dei conti ciò di cui Washington ora ha bisogno è una disgregazione dell’Unipartito della guerra. Dopo tutto l’azione suicida di Johnson darà dei frutti. Non come intendeva, ma nel modo giusto di cui la democrazia americana ha disperatamente bisogno in questa difficile congiuntura. Infatti la terribile presa dell’Unipartito sulla politica di sicurezza nazionale ha prodotto pura follia in un unico pacchetto. Vale a dire:

• $95 miliardi in aiuti esteri sono uno spreco che non apporta alcun beneficio alla sicurezza interna dell’America;

• Un’estensione della sezione 702 della FISA che amplia arbitrariamente un affronto già eclatante al Quarto Emendamento;

• Il trasferimento illegale a Kiev di miliardi in asset rubati alla Russia;

• Un divieto in nome della sicurezza nazionale ai video di TikTok, visti in stragrande maggioranza da americani sotto i 30 anni le cui abitudini di visione non hanno alcun valore per i comunisti di Pechino.

Categorie di contenuti più popolari su TikTok in tutto il mondo a luglio 2020, per numero di visualizzazioni di hashtag (in miliardi) | Statista

È già abbastanza grave che non ci sia un briciolo di considerazione informata dietro tutto ciò, ma ciò che è davvero allarmante è che ogni singolo democratico alla Camera (210) ha votato a favore di $61 miliardi all’Ucraina. Ciò includeva un voto di 97 voti a favore tra i cosiddetti “progressisti” democratici, i quali hanno anche votato con un voto di 96 voti a favore per gli aiuti a Taiwan – il cui scopo non è sicuramente un vicinato più pacifico sulla costa del Pacifico.

Una volta i democratici erano il partito della pace. Ora non più.

Allo stesso tempo solo quattordici repubblicani hanno votato contro tutte e quattro le componenti di questo attacco su vasta scala alla libertà costituzionale e alla rettitudine fiscale. Come detto prima anche, l’America sta ora procedendo con il pilota automatico verso un debito pubblico da $140.000 miliardi entro la metà del secolo, ma la stragrande maggioranza dei repubblicani alla Camera sceglie di martellare l’economia americana con maggiore debito per finanziare inutili sprechi sotto forma di aiuti esteri.

In questo contesto è stato il prevedibile istrionismo dello stuolo di guerrafondai neoconservatori nel comitato editoriale del Wall Street Journal a giustificare l’interventismo militare cronico con menzogne e falsità. Vale a dire che la narrativa ufficiale nella Città Imperiale e tra i media generalisti della nazione è talmente sbagliata e moralmente ottusa che travisa completamente una linea di politica  davvero sensibile alla sicurezza nazionale.

Di conseguenza la cosiddetta teoria del “dominio”, residuo della Guerra fredda, dev’essere ripudiata una volta per tutte e sostituita con la dottrina Washington-Jefferson “nessuna alleanza vincolante”. Mi riferisco all’idea del tutto obsoleta secondo cui la sicurezza interna dell’America dipenda da un sistema mondiale di alleanze militari, basi e capacità di proiezione della potenza cinetica che consentono a Washington di funzionare come il grande egemone globale, pronto, disposto e in grado di intervenire in qualsiasi situazione militare che può scoppiare tra gli 8 miliardi di persone sul pianeta.

I quattordici del Partito repubblicano elencati di seguito hanno detto “No” a queste formulazioni pericolose, costose e risibili: né la Russia né la Cina rappresentano una minaccia militare per la patria americana, mentre le guerre per procura e le sanzioni economiche contro gli “avversari” demonizzati dal Deep State indeboliscono la libertà e la prosperità nazionale.

Non vi è alcuna ragione reale e plausibile affinché l’economia americana applichi sanzioni e restrizioni commerciali nei confronti di Cina, Iran o Russia; inoltre non esistono minacce alla sicurezza nel mondo oggi che giustifichino neanche lontanamente l’intrusione dello stato di sicurezza nazionale nei diritti e nella privacy dei cittadini americani.

Tuttavia gli pseudo-intellettuali del WSJ hanno tirato fuori Hitler, Tojo e l’epiteto “isolazionista” come se questi riferimenti provassero qualcosa, quando, in realtà, nessuno di essi ha una qualche rilevanza reale per il mondo di oggi. Non ci sono tiranni di stati industriali in marcia da nessuna parte, per non parlare delle reali realtà storiche della questione.

Il fatto è che Stalin e Hitler erano aberrazioni sui generis. Furono incidenti unici della storia derivanti dalla follia di Versailles e dalla pace punitiva dei vincitori resa possibile dall’inutile intervento di Woodrow Wilson in una guerra europea che altrimenti sarebbe finita in una situazione di stallo e nel reciproco esaurimento e bancarotta di tutti i combattenti.

Vale a dire, il DNA delle nazioni del mondo non è infetto da tendenze verso il totalitarismo e l’aggressività. Il mantenimento della pace globale e del commercio pacifico delle nazioni non dipende da un’alleanza di interventisti o da un egemone globale, pronto a far rispettare il suo mandato al minimo scoppio di liti e conflitti locali e regionali.

In fin dei conti il laissez faire è la strada verso la prosperità sia nell’economia che negli affari internazionali. Alleanze militari ed egemoni cadono sempre e comunque prigionieri dei mercanti d’armi che favoriscono.

Non sorprende, quindi, se l’albo d’onore della follia dell’Unipartito sia composto da soli 14 repubblicani alla Camera, velatamente accusati d’essere infami dai globalisti guerrafondai al Wall Street Journal:

Quattordici repubblicani hanno votato contro tutti e quattro i progetti di legge presentati alla Camera, compreso quello che imporrebbe ai cinesi la vendita di TikTok. Ecco l’elenco del disonore in ordine alfabetico: Andy Biggs (Ariz.), Lauren Boebert (Colo.), Andrew Clyde (Ga.), Elijah Crane (Ariz.), Matt Gaetz (Fla.), Bob Good (Va.), Paul Gosar (Ariz.), Marjorie Taylor Greene (Ga.), Andy Harris (Md.), Thomas Massie (Ky.), Troy Nehls (Texas), Ralph Norman (SC), Matt Rosendale (Mont.), Chip Roy (Texas).

Il significato inevitabile dei loro voti è che questi membri non credono che gli Stati Uniti dovrebbero sostenere gli alleati minacciati dagli autoritari in marcia. Come i repubblicani degli anni ’30 che dormivano mentre Hitler e Tojo avanzavano, questi repubblicani pensano che l’America possa resistere a queste battaglie isolandosi. Ma la storia suggerisce che, se prevarranno, i figli e le figlie degli americani finiranno per dover combattere. Meglio aiutare gli alleati che vogliono aiutare sé stessi.

Il caucus isolazionista ha perso a questa tornata, ma questa tendenza del Partito repubblicano è pericolosa. Altri 17 deputati hanno votato a favore delle armi per Israele ma non per Taiwan e l’Ucraina. Vogliono incoraggiare un’invasione cinese? Forse, se la Florida venisse attaccata, si renderebbero conto della realtà dei crescenti pericoli nel mondo.

No, la Florida non sta per essere attaccata da Putin, Xi o dagli Ayatollah. Questi sono solo spauracchi a cui nessun adulto ben informato dovrebbe credere.

Inutile dire che il più accanito neoconservatore e guerrafondaio repubblicano, il senatore Lindsay Graham, non è né ben informato né ha una mente da adulto. Il suo sfogo incoerente e sanguinario in realtà faceva sembrare dei fini pensatori gli editorialisti del WSJ.

“Ecco cosa vi dirò. Se date a Putin l’Ucraina, non si fermerà”, ha detto Graham durante un’intervista a Fox News Sunday. “Non si tratta di contenere la NATO e se gli date l’Ucraina, Taiwan sarà la prossima perché la Cina sta guardando per vedere cosa facciamo”.

“Voglio sapere cosa faremo laggiù prima che ci uccidano qui. E se si fermano gli aiuti, trasformeremo la guerra in un crimine”, ha detto Graham. “Stiamo parlando di persone che ci ucciderebbero tutti se potessero arrivare qui. Quando si intercettano informazioni da uno straniero all’estero che parla dell’America, voglio sapere di cosa sta parlando”.

“L’esercito ucraino, con il nostro aiuto, ha ucciso circa il 50% della potenza di combattimento dei russi”, ha detto Graham. “Questo è l’anno per fare di più. Avranno più armi, ma vogliamo anche che ne abbiano di nuove”.

Né il Partito repubblicano alla Camera è stato da meno rispetto agli slanci bellicosi del senatore Graham. Il deputato Ken Buck ha fatto sapere che se uno dice che la sicurezza interna dell’America non è in alcun modo rafforzata dalla fuorviante guerra per procura di Washington contro la Russia, come la deputata Marjorie Greene, allora si è sicuramente un traditore al soldo dello stesso Putin:

“Bene, la Marjorie ha raggiunto un nuovo fondo”, ha detto Buck della sua ex-collega. “Sta solo dando voce alla propaganda russa e, nel farlo, danneggia la politica estera americana. Si sta comportando in modo del tutto irresponsabile. E quando la storia guarderà indietro a questo periodo, la Russia avrà invaso l’Ucraina; quest’ultima sta combattendo per la sua libertà e noi dovremmo supportare chi combatte per la libertà”.

Naturalmente la follia di $200 miliardi di fondi NATO è già uno spreco; centinaia di migliaia di morti; milioni di persone in fuga dal Paese per evitare il caos della guerra e la crudeltà di essere arruolati come carne da cannone per servire il piacere perverso di guerrieri da poltrona a Washington; e le infrastrutture civili di uno dei Paesi più grandi d’Europa nel caos. Tutto ciò non ha nulla a che fare con “chi combatte per la libertà”.

Il fatto innegabile è che in Ucraina non c’è nulla in gioco per cui valga la pena lottare che assomigli neanche lontanamente alla virtù democratica. È stato un pozzo nero di enorme corruzione sin dalla caduta della Cortina di ferro nel 1991 e di recente ha persino necessitato di una visita da parte del capo della CIA affinché dicesse a Zelensky e ai suoi compagni ladri di “smetterla” sul fronte della corruzione.

Come ha affermato il venerabile scrittore William Astore, il vero scopo della puntata ucraina nel giocco della Guerra Infinita è l’arricchimento dei mercanti di morte che hanno preso le leve del potere a Washington:

Naturalmente questo è l’ennesimo trionfo per il MICIMATT: il complesso militare-industriale-congressuale-intelligence- media-accademico-think tank. Il suo potere e la sua avidità sono quasi irresistibili. Aggiungetelo all’AIPAC, alla minaccia dell’inflazione e all’allarmismo e avremo una forza inarrestabile… almeno finché l’impero americano non crollerà definitivamente sotto il peso della sua stessa follia.

Eppure tutta l’insensata bellicosità degli interventisti a Washington non è semplicemente un’assurdità ridicola da un punto di vista empirico. L’attuale consenso neocon/interventista a Washington ripudia palesemente il saggio consiglio di George Washington e Thomas Jefferson di oltre 220 anni fa. Insieme articolarono una teoria della politica estera che non era affatto “isolazionista”, ma realistica e basata sull’evidenza.

Cioè, i Padri fondatori ritenevano che la politica estera dovesse basarsi sui fatti e sulle circostanze per l’interesse nazionale in un dato momento, e che quando i fatti cambiano e le alleanze diventano obsolete, dovrebbero essere abbandonate.

Dal discorso di commiato di George Washington: “La grande regola di condotta per noi, nei confronti delle nazioni straniere, è estendere le nostre relazioni commerciali, per avere con loro il minor legame politico possibile. L’Europa ha una serie di interessi primari che per noi non ha alcun valore, o ne ha uno molto remoto. Essa deve quindi essere coinvolta in frequenti controversie le cui cause sono essenzialmente estranee alle nostre preoccupazioni. Quindi non è saggio da parte nostra implicarci, con legami artificiali, nelle vicissitudini ordinarie della sua linea di politica, o nelle combinazioni e collisioni ordinarie delle sue amicizie o inimicizie […] la nostra vera linea di politica dev’essere quella di evitare alleanze permanenti con qualsiasi parte del mondo estero […]”.

Come ulteriormente sottolineato da Jefferson nel suo discorso inaugurale del 1801, questa dottrina realista considerava le alleanze militari estere come accordi di convenienza e dovevano essere liberamente abbandonate o invertite come indicato dalle mutevoli esigenze dell’interesse nazionale. Citando il discorso di commiato di Washington come sua ispirazione, Jefferson descrisse tale dottrina come: “Pace, commercio e amicizia onesta con tutte le nazioni, senza alleanze con nessuna di esse”.

Questa famosa frase è proprio la pietra angolare della linea di politica che si adatta alla realtà odierna. La sicurezza interna dell’America non richiede alleanze o i mezzi per saccheggiare militarmente in tutto il mondo, perché non ci sono potenze militari, industriali e tecnologiche che possano minacciare la sua sicurezza.

Di conseguenza istituzioni come la NATO potrebbero aver servito l’interesse nazionale 70 anni fa rispetto alla Russia stalinista e alle sue capacità e intenzioni militari nei confronti dei suoi ex-alleati in tempo di guerra in Occidente. Ma anche qui gli archivi desecretati da entrambi i lati della Guerra fredda gettano notevoli dubbi sul fatto che Stalin e il comunismo mondiale fossero effettivamente in marcia o avessero l’intenzione o la capacità militare di schiavizzare l’Europa occidentale, per non parlare della patria americana.

Infatti l’ala pacifica e accomodante di Henry Wallace potrebbe essere stata più vicina alla verità delle cricche di Henry Stimson, James Forrestal, Dean Acheson e degli abominevoli fratelli Dulles, i fautori delle linee di politica della Guerra fredda durante quell’epoca.

Ma la questione fu risolta una volta per tutte nel 1991, quando l’Unione Sovietica scomparve nella pattumiera della storia, e non a causa della NATO o addirittura della minaccia di Reagan. La vera ragione è che il comunismo non funziona: né per le persone che sfrutta e opprime, né per le élite al potere e i compagni con potere statale che potrebbero avere manie di grandezza sulla sostenibilità del proprio governo, per non parlare di estendendolo ai popoli oltre i loro confini.

Anche se la vera lezione del crollo del comunismo sovietico ha attraversato le pagine della storia dopo il 1991, il radicato apparato militare-industriale non era disposto a rinunciare al proprio potere, ai propri bilanci e ai propri vantaggi, proprio come Eisenhower aveva avvertito nel 1961. Di fatto la NATO si è trasformata in qualcosa di molto più odioso di un’alleanza che aveva compiuto la sua missione ed era destinata al pensionamento anticipato secondo la dottrina Washington-Jefferson.

Il residuo russo dell’Unione Sovietica ha oggi un PIL di soli $2.200 miliardi rispetto ai $28.000 miliardi di PIL degli Stati Uniti e ai $46.000 miliardi di tutti i 32 Paesi della NATO messi insieme. E la Russia ha un budget militare pari ad appena il 6% dei $1.250 miliardi di spese complessive per la difesa della NATO e una sola portaerei.

Inoltre quest’ultima è una reliquia del XX secolo che è stata riparata in un bacino di carenaggio sin dal 2017 e non è dotata né di un’armata di navi di scorta e aerei da guerra né di un equipaggio. L’esercito russo, quindi, non ha modo di sbarcare sulle coste del New Jersey e nemmeno di entrare attraverso la Porta di Brandeburgo a Berlino. Né Putin è così stupido da invadere la Polonia, la quale non offre altro che secoli di animosità verso tutto ciò che è russo.

D’altra parte se la Polonia credesse davvero a tutta la retorica anti-Putin lanciata dal suo governo di destra, nel 2024 spenderebbe per la difesa molto di più di $30 miliardi e il 3,1% del PIL per la difesa; né si offrirebbe di ospitare le armi nucleari della NATO accanto all’Orso russo, come ha fatto il suo presidente di recente.

“Se i nostri alleati decidono di schierare armi nucleari sul nostro territorio come parte della condivisione nucleare, e per rafforzare il fianco orientale della NATO, siamo pronti a farlo”, ha detto il presidente polacco Andrzej Duda in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano Fakt.

In verità l’offerta di Duda è solo un altro caso di linea di politica di uno stato cliente impazzito. Liberata la scena dall’intricata alleanza di Washington con le reliquie della NATO, gli elettori polacchi si metterebbero alla ricerca di un nuovo governo e lo farebbero spedendo i propri leader a Mosca per cercare un accordo reciproco nelle relazioni commerciali.

Il fatto è che 33 anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la NATO non è semplicemente un’inutile reliquia obsoleta, si è trasformata nella più grande organizzazione di marketing e vendita di armamenti nella storia dell’umanità. L’unico vantaggio derivante dal tradire la promessa di Bush padre a Gorbaciov, secondo cui la NATO non si sarebbe espansa di un solo centimetro verso est, è andato agli appaltatori della difesa, in particolare i mercanti di guerra con sede negli Stati Uniti.

Quando l’alleanza NATO si è estesa da 16 nazioni agli attuali 32 Paesi, ognuno dei nuovi membri ha dovuto conformare i propri sistemi d’arma e munizioni agli standard NATO. Non sorprende se Lockheed, Boeing, Northrup Grumman, Raytheon, General Dynamics e United Technologies abbiano prosperato enormemente, anche se di fatto vagavano per le sale del Congresso diffondendo le stesse bugie del pesso sopra del Wall Street Journal e la presunta essenzialità di obsolete alleanze globali.

Inoltre il comunismo cinese, anche nella veste sottilmente velata di “capitalismo rosso”, non è affatto più praticabile o sostenibile della versione sovietica.

In fin dei conti se non ci sono mercati liberi, proprietà e diritti personali di espressione e di riunione tutelati costituzionalmente e onesti tribunali fallimentari per smaltire le scommesse economiche fallite, non si ha un’economia sostenibile o una prosperità in costante aumento. Punto.

Al contrario, la Cina è un vasto castello di carte economico e di malignità stataliste sostenuto da $50.000 miliardi di debito impagabile contratto in appena due decenni.

Di conseguenza dipende totalmente dai guadagni in valuta forte provenienti da $3.500 miliardi di esportazioni annuali, principalmente verso l’Occidente, per evitare che il suo eccesso di infrastrutture e investimenti immobiliari rovesci l’intero castello di carte. In caso di guerra questa ancora di salvezza verrebbe tagliata, facendo crollare altresì l’intera economia cinese.

Quindi non invaderà nessuno, probabilmente nemmeno Taiwan. Il presidente Xi e il suo gruppo di governanti possono amare citare Mao e colorarsi di rosso ideologicamente, ma sanno anche che ciò che si frappone tra loro e una rivolta degli 1,5 miliardi di abitanti oppressi della Cina è un livello costante e ragionevolmente crescente di prosperità interna.

Ciò esclude un’armata cinese di navi dirette verso la costa della California. Infatti anche la Marina che hanno oggi è composta da due portaerei dell’era sovietica e da una nuova capacità navale molto meno formidabile e letale rispetto alle attuali portaerei di classe Gerald Ford di Washington. E le altre 400 navi della Marina sono costituite in gran parte da pattugliatori costieri che probabilmente non riuscirebbero a raggiungere le coste della California tutte intere.

In termini di potenza di fuoco letale, la Marina statunitense dispone di 4,6 milioni di tonnellate di dislocamento, con una media di 15.000 tonnellate per nave. Al contrario la Marina cinese ha solo 2 milioni di tonnellate di dislocamento, con una media di sole 5.000 tonnellate per imbarcazione. La Marina cinese è totalmente visibile, valutabile e tracciabile, e non ha nemmeno lontanamente le dimensioni e la letalità che renderebbero remotamente plausibile un’invasione dell’America.

Infine la principale capacità militare necessaria per la sicurezza nazionale nel mondo attuale è la triade di deterrenza strategica americana che comprende 3.800 testate nucleari. In qualsiasi momento possono essere lanciate:

• lungo i fondali oceanici tra 16 sottomarini della classe Ohio, ciascuno dotato di 80 testate puntabili in modo indipendente;

• dallo spazio aereo da una flotta di 66 bombardieri pesanti B-2 e B-52;

• da silos sotterranei rinforzati e contenenti più di 1.000 testate ICBM.

Questa impressionante forza di ritorsione non può essere rilevata o neutralizzata al 100% da un potenziale ricattatore nucleare.

Si dà il caso che suddetta triade costi circa $65 miliardi all’anno secondo una recente analisi del CBO e la protezione completa delle coste degli Stati Uniti e dello spazio aereo, grazie anche ai grandi fossati oceanici, potrebbe portare la cifra totale della difesa nazionale a $400 miliardi all’anno… al massimo.

Gli altri $500 miliardi di oggi rappresentano le conquiste di bilancio del complesso militare-industriale che si guadagnano da vivere venendo pagati dal Dipartimento della difesa, dal Dipartimento di Stato, dall’AID, dal NED, ecc. e dalla produzione di minacce spropositate e da storie spaventose su spauracchi stranieri.

Di conseguenza esiste una sola cura: una forza potente proveniente dall’esterno della Beltway deve frantumare l’Unipartito in mille pezzi.

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/

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